RENZI: TREND IN DISCESA

Morire non è divertente. Ma non tutto ciò che è seccante può essere evitato. Il guaio della nostra conclusione finale, in particolare, è che non ha conosciuto eccezioni, per quanto se ne sa. Dunque non bisogna mai dimenticare che si può morire giovani o vecchi, di morte naturale o accidentale, ma la cosa è fatale. Da ciò si deduce che l’unica scelta è soltanto fra morire con dignità e morire facendo una pessima figura. Indimenticabile, al riguardo, il commento di uno degli astanti, mentre Nerone si dimenava freneticamente e senza preoccupazioni d’immagine, per sfuggire al suo destino. Le parole di quell’uomo – forse addirittura uno schiavo – rimasero indimenticabili: “Usque adeone mori miserum est?”, “A questo punto è triste morire?” Triste al punto da perdere la dignità, e tutto ciò soltanto per morire un po’ più tardi?
Il principio è generale. Vale per ogni male inevitabile. Sono infinitamente patetiche quelle attrici che, un tempo famose per la loro bellezza, ora esagerano col trucco, credendo di nascondere la devastazione del tempo. Sono patetici tutti coloro che un tempo hanno avuto successo, ed ora tediano il prossimo celebrandosi ad ogni occasione. Sono patetici i perdenti che si aggrappano ai simboli della gloria, quando della gloria gli sono rimasti soltanto i simboli.
Un buon esempio è stato Gianfranco Fini. Quest’uomo, in un mondo in cui si comincia ad affermarsi dopo i cinquant’anni, è stato quasi un “bambino prodigio”. Inoltre, per molto tempo, si è dimostrato un eccellente dialettico, un vero capo di partito e, una volta che Berlusconi lo ha “sdoganato”, pressoché un uomo di Stato. Il Cavaliere, che lo stimava, gli ha offerto grandi ruoli istituzionali e lo ha praticamente indicato come proprio delfino. Purtroppo, se è vero che senza ambizione non si va da nessuna parte, è anche vero che l’eccesso d’impazienza può rovinare tutto. Un po’ come quei mentecatti che, per ereditare prima, assassinano i propri genitori. Fini in particolare ha dimostrato fin dove può arrivare l’ingratitudine: si è messo a fare una guerra assurda e priva di sbocchi contro Berlusconi, ha fondato un partito per andargli contro, e il risultato finale è stato il più totale disastro. Suo proprio. A questo punto, se avesse letto Svetonio, avrebbe fatto meglio a ritirarsi dalla politica. Ci sono momenti in cui l’unica risorsa rimasta è quella di non sottolineare il proprio fallimento.
Nel caso specifico, però, Fini si trovava a tenere in mano un asso. Essendo Presidente della Camera – carica non soggetta a revoca – è rimasto aggrappato a quella poltrona fino all’ultimo giorno utile. Dando così uno spettacolo miserevole di sé. L’immagine di un morto che cammina. E infatti, scaduto finalmente il mandato, è sparito come quegli attori sotto i quali si apre all’improvviso una botola.
Il suo ruolo di naufrago della poltrona rischia ora di essere ereditato da Matteo Renzi. Questi, come direbbero gli inglesi, è ancora “alive and kicking”, e nondimeno ha imboccato un tale trend negativo che, salvo errori, nel suo futuro sembra ci sia soltanto l’alternativa fra uscire di scena fra i fischi o andarsene in silenzio. Si ha uno stringimento di cuore a sentirgli ripetere che lui è il segretario del partito, che a quella carica è stato eletto da milioni di militanti, che è lui il candidato Primo Ministro del Pd. Come se il resto del panorama non esistesse.
Renzi sembra non accorgersi che negli ultimi anni ha certo nanellato una serie di insuccessi. Dunque non ha più l’alone del vincente. Inoltre si è fatto un numero incalcolabile di nemici, ha provocato una scissione nel suo partito ed ha mostrato un tale piglio di uomo violento e autoreferenziale, che gli italiani, il 4 dicembre, gli hanno presentato il foglio di via. Insomma, sembra nettamente in perdita di velocità e i suoi stessi proclami gli si rivoltano contro.
La manfrina sul candidato alla carica di Primo Ministro è fuor di luogo per lui come per chiunque altro. È evidente che, con il “Rosatellum” (e ancor peggio con i moncherini lasciati in vita dalla Consulta) nessun partito potrà costituire da solo il nuovo governo. Dunque sarà necessario formare una coalizione, dopo le elezioni, e chi la capeggerà dovrà avere il gradimento non soltanto del proprio partito ma, in buona misura, anche quello degli alleati. E non contando sua moglie e suo padre, a quanti è gradito, oggi, Matteo Renzi? Perché prendere pose gladiatorie, quando la spada che si agita è di cartone? E soprattutto, che necessità ce n’è, in una materia in cui tutto sarà deciso da altri?
È dunque tanto difficile capire quando cala la tela?
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
16 ottobre 2017

RENZI: TREND IN DISCESAultima modifica: 2017-10-17T08:01:27+02:00da gianni.pardo
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