MONETE, BITCOIN E IMBROGLIONI

Chi legge i giornali e si interessa alle monete alternative sa che i Bitcoin, in un paio di giorni, hanno perduto il 40% del loro valore. E tuttavia, malgrado la volatilità di questi mezzi di pagamento, il loro numero continua a moltiplicarsi. E allora, prima di pensare a vietarli (come ha fatto la Cina) bisognerebbe capire qual è la ragione del loro successo. Soprattutto per sapere se realmente presentino qualche vantaggio rispetto alle monete ufficiali.
I bitcoin, per chi non lo ricordasse, sono titoli da spendere, via internet, per regolare transazioni o per spedire capitali. Non sono tracciabili, si prestano benissimo ad operazioni illegali e non fanno correre gli stessi rischi delle monete ufficiali, fra cui l’euro. Il gestore si impegna a non emetterne più di una certa quantità, sicché non c’è da temere l’inflazione. Anzi, recentemente si è avuta una fiammata speculativa che ne ha fatto aumentare enormemente il valore. Ma poi la bolla è scoppiata, come si diceva.
I difetti di questa moneta sono evidenti. Innanzi tutto, il suo valore può essere influenzato dal mercato. Qualcuno dirà che ciò è naturale e infatti perfino l’oro ha variazioni di valore: una crisi di fiducia nelle monete nazionali fa aumentare il suo prezzo e un’accresciuta offerta lo fa diminuire. Ma – questo è il punto – queste variazioni non potrebbero mai raggiungere sbalzi del 40%, in due giorni. E nessuna crisi mai ne azzererà il valore. Infatti l’oro non è un pezzo di carta, e neppure un’annotazione nei registri della banca: è un metallo, un bene rifugio, una merce come il caffè o il cotone (beni che sono anch’essi quotati, nella borsa merci). Ciò che lo rende speciale è l’incorruttibilità, la frazionabilità, e il fatto d’essere universalmente amato.
La moneta è un facilitatore degli scambi, perché è accettata da tutti ed ha un valore standard. Queste caratteristiche si riscontrano soprattutto nell’oro, mentre non si riscontrano nella cartamoneta. La cartamoneta non è accettata da tutti, nel senso che nessun commerciante di Napoli o di Praga accetterebbe una banconota del Burundi o dell’Uzbekistan, e non sarebbe accettata nemmeno nello stesso Paese che la emette, se non l’imponesse lo Stato che dice al creditore: “Se non accetti che il debito ti sia rimborsato nella moneta che io stampo, dichiarerò il debitore libero dall’obbligazione nei tuoi confronti. O accetti questa moneta, o non avrai niente”. Si chiama “corso forzoso”.
Quanto al valore della cartamoneta, è ovvio che – come per ogni altro mezzo di pagamento – dipende dalla quantità che se ne immette nel mercato. Se lo Stato ne stampa poca (caso raro) si ha deflazione, e la moneta vale molto. Se lo Stato ne stampa molta (caso frequente) si ha inflazione, e la moneta vale sempre meno. Notare che se la moneta fosse costituita da pezzi d’oro, lo Stato non potrebbe immetterne sul mercato quanta ne vuole, perché prima dovrebbe procurarselo, quel metallo. Viceversa, con la moneta costituita da carta, la Zecca non ha nessuna difficoltà. E ciò vale per qualunque moneta che non sia costituita da merci. Gli oggetti – cioè le merci come l’oro, l’argento, le pecore (da cui pecunia), il sale, le pellicce (in Canada, nell’Ottocento) – non si possono moltiplicare, la cartamoneta sì.
I gestori dei bitcoin – sulla base di calcoli complicatissimi – si sono impegnati a non crearne più di un certo numero. Ma se barano, chi li punisce? Insomma, se non ci fidiamo della Federal Reserve o della Banca Centrale Europea, perché dovremmo fidarci dei gestori delle monete alternative?
Forse bisognerebbe ricordare una verità assolutamente banale: la ricchezza è costituita da beni, non da simboli di beni. Con la cartamoneta posso avere molte cose, ma dopo averla risparmiata potrei anche accorgermi che ne ottengo molto di meno di ciò che mi aspettavo. Semplicemente perché la cartamoneta si è svalutata. E comunque i conti in banca, i bitcoin, e tutte le altre monete alternative, sono promesse di beni, non beni. E come tutte le promesse possono essere parzialmente mantenute o non mantenute affatto. Prima del caso dell’Etruria la gente aveva dimenticato che anche le banche possono fallire. E anche gli Stati possono fallire (si ricordi l’Argentina). Viceversa, con un lingotto di un chilo d’oro sottobraccio si è ben accolti dovunque.
I bitcoin nascono dalla speranza di sfuggire alla nota disonestà dello Stato, ma nulla dice che essi permettano di sfuggire alla disonestà dei privati.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
17 settembre 2017

MONETE, BITCOIN E IMBROGLIONIultima modifica: 2017-09-18T06:59:06+02:00da gianni.pardo
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