IMMIGRAZIONE E RAZIONALIZZAZIONE

La connotazione è il “sapore”, positivo o negativo di una parola. Ciò cui essa fa pensare. “Festa” ha una connotazione positiva, “emicrania” una connotazione negativa. Poi naturalmente c’è anche il dato personale. “Cancro” per tutti è quasi un sinonimo di terrore, ma per l’oncologo è il suo lavoro, e per il superstizioso è un segno zodiacale. Un altro esempio è la parola “razionalizzazione”. Normalmente essa ha una connotazione positiva, perché quel provvedimento rende più facile ed economica un’attività, più ordinato un archivio, insomma fa faticare di meno. E tuttavia c’è un caso in cui la razionalizzazione ha una connotazione negativa.
Immaginiamo di aver promesso un favore ad un amico e di non averglielo fatto. Se gli dicessimo che è uno scocciatore, che abbiamo avuto altro da fare e che comunque ci è perfino uscito di mente, lo offenderemmo senza necessità e perderemmo un amico. Se invece – coscienti di mentire – gli chiederemo scusa e gli diremo che “non abbiamo avuto tempo”, avremo usato una “white lie”. Una bugia innocente. Ma poniamo il caso che mentre diciamo: “Scusami, non ho avuto il tempo di farlo” fossimo convinti di dire la verità, magari perché ci vergogniamo molto: quella, per la psicoanalisi, sarebbe una “razionalizzazione”. Spiega infatti il Devoto-Oli che essa è: “In psicoanalisi, il tentativo di dare spiegazione di un comportamento o di un’intenzione, adducendo un motivo diverso da quello effettivo che rimane inconscio”.
Questo modo di imbrogliare sé stessi funziona anche a livello collettivo e un esempio ce lo fornisce l’immigrazione. Mentre in natura è normale che ognuno pensi per sé, nella società civile – dove la sopravvivenza di solito non è a rischio – il dovere della solidarietà diviene pressante. Naturalmente finché va tutto bene. Infatti, in situazione di emergenza, gli uomini tornano a comportarsi come selvaggi. La cosa è talmente fisiologica che il codice penale dichiara non punibile chi ha commesso un reato per salvarsi da un grave pericolo: se, per non morire io stesso, uccido un innocente, la legge non mi punisce.
Il nostro mondo, malgrado tutti i suoi difetti, è un paradiso rispetto ad altri. E allora la solidarietà sociale ci spinge a pensare che dovremmo “fare qualcosa” per gli sfortunati. Dividere il nostro pane con loro, fornirgli la nostra assistenza sanitaria, proteggerli contro le vessazioni del potere. Ma poi sorge il problema del numero. Se qualcuno porta a casa un cucciolo abbandonato, dicendo che gli ha fatto pena, ha la comprensione di tutti. Ma la stessa persona sensibile sarebbe disposta ad accogliere in casa cinquanta cuccioli? Sarebbe disposta a nutrirli, accudirli, farli crescere e permettere che si accoppino, producendo una miriade di discendenti? Un cucciolo è una cara bestiola, duecento cani sono una catastrofe.
Dunque, quando si dice che “dobbiamo aprire le braccia ai migranti, a tutti quelli che si presentano”, si fa un discorso assurdo. E infatti, finché essi sono stati pochi, in Italia è prevalsa la retorica buonista. Quando l’affluenza è divenuta invasione, l’atteggiamento è cambiato e alcuni, piuttosto che di porte aperte, hanno cominciato a parlare di fucili spianati.
Ammettere la nostra impotenza dinanzi ai mali del mondo è doloroso. Ammettere che abbiamo sbagliato, quando dicevamo che “dobbiamo fare qualcosa” è umiliante. E allora ecco la razionalizzazione. Invece di dire chiaramente che non possiamo accogliere tutti, che ci dispiace per questi poveri fratelli ma i loro problemi li devono risolvere da sé, diciamo: “Aiutiamoli a casa loro”. Traduzione: “Non li vogliamo. Ma per non rinnegare apertamente il dovere di aiutarli, promettiamo che lo faremo a domicilio”.
Colui che pensa realmente che la cosa sia possibile, procede ad una patologica razionalizzazione. Bisogna infatti strizzare gli occhi per non vedere quanti milioni sono le persone in grave difficoltà. Bisogna essere dementi per non ricordare che non siamo riusciti né a migliorare le condizioni del nostro Sud né a debellare la disoccupazione.
Se invece chi dice quelle parole mente spudoratamente, come tutti i politici, non si tratta di razionalizzazione. Quei signori sono sani di mente ma, mentendo sonoramente, dimostrano la loro callosa insensibilità per la verità e il loro disprezzo per l’intelligenza dei cittadini. Non hanno saputo o potuto risolvere i problemi dell’Italia e vorrebbero risolvere quelli del mondo? Perché dunque formulano una promessa che non potranno mai mantenere?
La piatta verità è che non possiamo aiutare tutti, né a casa nostra né a casa loro. E negando la realtà non la cambieremo.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
15 ottobre 2017

IMMIGRAZIONE E RAZIONALIZZAZIONEultima modifica: 2017-10-15T09:58:46+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “IMMIGRAZIONE E RAZIONALIZZAZIONE

  1. – Per i selvaggi la solidarietà è scambievole assicurazione.
    – Nelle socialdemocrazie la solidarietà è sfruttamento della minoranza più
    produttiva da parte della maggioranza meno produttiva.
    – Fare del bene(donarsi agli altri) non è un dovere.
    – Non fare il male è un obbligo morale. La cosa viene riguardata come banale,
    ma se l’umanità osservasse il precetto la Terra sarebbe il Paradiso.
    – I politici mentono per dare un appiglio alla ipocrisia codarda della gente.
    Paolo

  2. Osservo che in merito a “non fare il male” = trattasi di dovere etico e giuridico, non già di “obbligo morale”. Confondere la morale con il Diritto può portare a disastri.

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