TU SEI PEGGIO DI ME

Tutta la verità sulla Boschi

Non riesco mai a dimenticare come Michel de Montaigne difese il teologo Raymond de Sebonde, accusato di avere utilizzato argomenti inconsistenti per confutare l’ateismo. Montaigne realizzò un capolavoro di ironia. Infatti non difese gli argomenti di Sebonde, si limitò a dimostrare che le obiezioni dei suoi oppositori non valevano di più.
La lezione dell’episodio è di portata generale. Il censore che accusa qualcuno di immoralità, e riesce anche a farlo condannare, non prova con ciò che egli stesso sia esente da immoralità. È questa la tesi della “Lettera scarlatta” di Nathaniel Hawthorne. Una tesi che si riassume nell’immortale epitaffio di Ernest Renan: “Ho conosciuto molti furfanti che non erano moralisti, ma non ho conosciuto moralisti che non fossero dei furfanti”. E Renan, non lo si dimentichi, era stato in seminario.
A queste considerazioni si è indotti, riflettendo sul caso di Maria Elena Boschi. Che questa giovane donna sia stata proiettata alla carica di ministra quando tante sue coetanee, pur essendo laureate con ottimi voti, non riescono nemmeno ad avere un posto da impiegate, è un miracolo che lascia perplessi. Potrà essere brillante, potrà avere un eloquio fluido e corretto (oggi non è qualità di tutti), rimane un divario incolmabile fra mezzi e risultati. Ma questo potrebbe essere il discorso di un invidioso.
Che la Boschi sia adorabile o irritante, è secondario rispetto al problema che oggi si pone tutta l’Italia: è “colpevole” o “innocente” di ciò di cui la si accusa? In particolare: ha o no mentito quando si è difesa in Parlamento? Ha sì o no agito in pieno conflitto d’interessi? E infine, si dovrebbe o no dimettere?
Lasciamo perdere il mentire o dire la verità, perché nel mondo della politica sarebbe come parlare di castità in un bordello. Parlando seriamente, cominciamo dal conflitto d’interessi. La richiesta delle dimissioni viene da parecchi giornali ma, si sa, quelli vivono di punti esclamativi. Più importante è invece la posizione dei politici. Quelli che richiedono le sue dimissioni, perché il conflitto d’interessi è “grande come una casa” (come ha detto Di Maio) appartengono in primo luogo al M5s. Ma anche gli altri partiti d’opposizione non si privano certo di sostenere questa necessità. Al contrario, difendono la Boschi e la sua correttezza – ma vedete quant’è strano a volte il caso – il Partito Democratico, cui la Boschi appartiene, e i renziani di stretta osservanza. Gli amici di quello stesso Matteo Renzi che l’ha fatta ministra. È del tutto infondato il sospetto che chi accusa o difende la Boschi abbia un conflitto d’interessi, nel farlo? Soprattutto in vista delle elezioni?
Tornando alla sostanza del problema, se fosse colpevole, la Boschi sarebbe colpevole di avere raccomandato suo padre e la sua banca. Ma ci si può chiedere: eventualmente, ci sarebbe da stracciarsi le vesti?
Da professore non ho mai dato seguito ad una raccomandazione ed ero protetto dalla diceria che avrei bocciato lo studente, se avessero osato raccomandarmelo. Dunque, in base alla mentalità corrente in Italia, avrei il diritto di condannare tutti. E invece la penso all’opposto. Dal momento che la morale dipende dalla mentalità e dal comportamento della massa, non io ero virtuoso e gli altri immorali, ma al contrario gli altri erano normali ed io imbecille. “Così ti giochi gli amici”, mi disse qualcuno, con aria di compatimento.
E allora, in un mondo in cui le raccomandazioni cominciano dalle scuole elementari e finiscono alla Consip, per un valore di miliardi di euro, con quale coraggio gli italiani trattano la Boschi come se lei fosse una criminale e loro angeli senza macchia? Ma smettiamola.
O – almeno – dovremmo smetterla, se nel mondo imperasse la coerenza. Se tutti raccomandano tutti, in materia bisognerebbe essere, se non tolleranti, longanimi. Nella realtà invece tutti sono abbastanza ipocriti per stigmatizzare negli altri un comportamento che è anche loro, per ragioni di reciprocità. Così si passa il tempo ad accusare gli altri non appena ce n’è la possibilità. “Tu sei peggio di me”. La sinistra a suo tempo issò la bandiera della “questione morale”, ed oggi i “grillini” usano l’asta di quella bandiera per colpire la Boschi. Anche perché le bastonate hanno cominciato a riceverle anche loro, non appena hanno cominciato a mettere le mani in pasta.
L’indignazione alla fine è inevitabile e giustificata, ma non riguardo alla Boschi. C’è da indignarsi vedendo che il Paese che ha dato al mondo Machiavelli sia passato dal suo naturale cinismo all’ipocrisia di facciata di un Paese calvinista.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
16 dicembre 2017

TU SEI PEGGIO DI MEultima modifica: 2017-12-16T09:33:25+01:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “TU SEI PEGGIO DI ME

  1. Travaglio, La7 e il Corriere della sera
    Sotto le ali di Urbano Cairo è nato il polo mediatico populista per menare più forte. Prima vittima, la Boschi
    di Maurizio Crippa – 15 Dicembre 2017 alle 20:55

    Mentre noi, del giro dei media, si sta col naso all’insù a contemplare Murdoch che vende metà dell’impero, roba da 60 miliardi di dollari – ma si tiene stretta Fox News, la televisione fatta per menare – quasi ci sfugge la conclusione di un altro bel merger editoriale, in casa nostra. Un deal non così ricco, ma fatto pur sempre per menare meglio. Il Corriere, il Fatto e La7 sono ormai diventati lo stesso circo, il polo mediatico del populismo in quota M5s. Non ha ancora un nome, ma poiché “Solferino” Urbano Cairo l’ha già speso per la nascente casa editrice, potremmo suggerire: il Circo Grillo.
    Giovedì sera Maria Elena Boschi s’è consegnata come una santa Giovanna dei Macelli alla mattanza di La7, con Lilli Gruber spalleggiata dal maestro di tonnara Marco Travaglio. Com’è andata si sa, notiamo solo, per dire lo stile, che l’esponente del governo lo chiamava “dottor Travaglio” e lui invece l’apostrofava “signora Boschi”, con esibita cafoneria sessista, sotto gli occhi feroci di Lilli che sembrava la moglie di quello di Gomorra e (sorridiamo) non s’è degnata di lanciare manco un #metoo.
    Introdursi disarmata nel campo nemico è stata una follia, avrebbe dovuto andarci con la sciabola, e uscirne come Giuditta con la testa di quello sbruffone di Oloferne in una cesta. Invece niente, “c’è accanimento nei miei confronti. Io non mi dimetto”, ha detto, “lei mi odia”. Sai che paura, per tipacci abituati a manovrare l’informazione come un randello. “Otto e mezzo” ha fatto 8,4 di share, e in fondo è questo che all’editore interessava.
    Il merger tra il Fatto quotidiano e La7 non è un inedito, il pescaggio nello stesso bacino d’utenza populista-grillino è la sostanza dell’operazione (per le ospitate a la7, Italia Oggi tempo fa ha calcolato che Cairo paga circa 125 mila euro di stipendio all’anno a Marco Travaglio). Solo che l’operazione – ve lo abbiamo già raccontato – è di più ampio respiro. Bastava aspettare la mattina dopo. La mattina dopo, azzimato nell’articolo di fondo, sul Corriere della Sera c’era Massimo Franco: un giustiziere in guanti bianchi. Che attaccava così, testuale: “A questo punto, conta relativamente poco se o quanto l’allora ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, abbia detto la verità sul caso Etruria”.
    E non è male, l’idea che la testa di una ministra debba rotolare, ma conta relativamente poco il perché. Forse, dal giornale della borghesia italiana ci si dovrebbe attendere un pizzico di savoir-faire e garantismo in più. Ma ormai va così, non si fa più nemmeno finta. Prosegue, Franco: “L’insistenza sulla creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta doveva servire a metter in mora Bankitalia e a certificare le ragioni di Matteo Renzi. E i vertici delle istituzioni finanziarie erano stati chiamati a testimoniare come se dovessero passare sotto le forche caudine del partito di maggioranza”.
    Certo, l’hanno scritto anche altri che il guaio politico per il Pd del caso Boschi-Etruria eccede ormai la sua stessa origine. Ma stupisce un po’ che la sostanza – il tema delle banche – sia glissato, con nonchalance, sul giornale che fu diretto due volte da Ferruccio de Bortoli, il direttore che in vita sua non vide mai un ministro né banchiere in corridoio. FdB è l’autore del pizzino a mezzo libro, “l’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non si fece problemi a rivolgersi direttamente all’ad di Unicredit”, che diede fuoco alle polveri.
    Ma sul Corriere, riuscire a sorvolare – forse è un potersi permettere di non dire – che i disastri delle banche, dei non controlli, li hanno fatti più le grandi banche che non Etruria, e che dunque l’idea di guardarci dentro non era proprio peregrina, è roba grossa, roba da poteri forti. Un approccio reticente da un lato, e populista dall’altro. Ma il perimetro del Circo Grillo è chiuso, e questo è quel che conta. Conta far passare l’idea che il sistema Renzi sia il male assoluto (idea condivisa con Di Maio: Boschi è il nuovo Mario Chiesa), e il tracollo vicino: “Colpisce la mancata difesa dell’attuale sottosegretaria da parte dei ministri. C’è solo un’ufficiosa solidarietà di Palazzo Chigi”, dice Franco. Solo che, zac, arriva Gentiloni in persona: “Boschi correrà per il Pd e spero abbia successo”. Il circo è pronto, la chiusura del cerchio deve aspettare.

  2. Il Ministro Padoan ha affermato che non ha incaricato nessuno di fare riunioni sull’argomento in nome e per conto del governo.
    Quindi la presenza era a titolo personale. Cosa che in molti, moltissimi hanno immaginato fin dall’inizio.
    Ebbene un Ministro della Repubblica dovrebbe astenersi da ogni minimo atteggiamento che possa mettere in dubbio la sua fedeltà ed imparzialità.
    Così mi sembrava che fosse…ma ho perso qualche passaggio importante ?
    Saluto

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