LA POLITICA DI SALVINI VISTA DALL’ESTERO

Da GPF – Geopolitical Futures, un articolo che spiega molto meglio di quelli scritti in Italia la politica di Salvini.
20 luglio 2018

L’ITALIA SFIDA L’EUROPA SULLA RUSSIA

Di Nora T.Kalinskij

Roma vuole delle concessioni da Bruxelles ed è abbastanza forte per ottenerle

La politica riguardante l’immigrazione, le tensioni commerciali transatlantiche, le riforme economiche e politiche: non è un segreto che l’Unione Europea è divisa riguardo a parecchie cose. Uno degli ultimi bastioni del consenso all’interno del blocco sono state le sanzioni alla Russia, applicate dopo l’intervento militare della Russia in Ucraina e che da allora sono state rinforzate. Per certo, il consenso è stato minacciato ma, al momento, nessuno sfidante è stato abbastanza forte per rompere il fronte unito. Ora l’Italia è quello sfidante.
Matteo Salvini, il vice Primo Ministro e Ministro dell’Interno italiano, si è fatta una fama da quando ha assunto la carica all’inizio di giugno. La settimana scorsa, Salvini era a Mosca, dove ha dichiarato, durante una conferenza stampa, che il suo governo potrebbe opporre il veto ad un rinnovo delle sanzioni Eu contro la Russia quando sarà il momento di rinnovarle nel gennaio del 2019. Le sanzioni, che sono state prorogate proprio il 5 luglio, dovrebbero essere riapprovate ogni sei mesi, e tutto ciò che è necessario, per eliminarle, è il dissenso anche di uno solo.
Per l’Italia questa è in parte una seria minaccia, in parte uno strumento di negoziato. Le sanzioni sono state costose per tutta l’Europa ma particolarmente per l’Italia. Le esportazioni italiane verso la Russia nel 2015 e nel 2016 (gli anni più recenti per i quali sono disponibili dati ufficiali) sono state all’incirca la metà di ciò che erano nel 2013, l’anno intero prima che fossero applicate le sanzioni. A metà 2017 l’Italia aveva perso più di dieci miliardi di euro di esportazioni verso la Russia, con l’Italia del Nord particolarmente colpita. E non bisogna dimenticare che essa è la base del sostegno del partito di Salvini, precedentemente “Lega Nord”. L’Italia l’anno scorso ha avuto la seconda più bassa crescita dei Paesi del G-7, ed eliminare le sanzioni sarebbe una spinta molto gradita per le imprese italiane.
Ma abolire le sanzioni non è il vero scopo dell’Italia. Per cominciare, se l’avesse voluto, Roma avrebbe potuto vietare le sanzioni appena due settimane fa. Poi, Salvini ha descritto il veto come “ultima soluzione”, un invito ai partner dell’Italia ad offrire un compromesso. E ciò ha fatto dando tempo sei mesi prima che la decisione debba essere di nuovo rinnovata. Ciò che l’Italia realmente vuole è in primo luogo un allentamento delle sanzioni – sperabilmente in modo che i farmaci, le automobili e gli investimenti nelle risorse e nello sviluppo agricolo siano liberati – e, in secondo luogo, una maggiore condivisione del fardello costituito dagli immigrati. Le regole comunitarie pongono l’onere di esaminare le richieste e di assistere i richiedenti asilo a carico degli Stati in cui essi arrivano, e l’Italia è stata per anni fra i due principali punti d’ingresso europei. Bruxelles ha proposto e provato ad imporre agli Stati membri un sistema di quote per sollevare l’Italia dal suo peso e per distribuire in modo più equo i richiedenti asilo, ma alcuni Paesi Centro ed Est-Europei hanno fatto resistenza. Alcuni di questi stessi Paesi hanno molto da temere da una Russia più forte, ed hanno paura che essa possa interpretare un ammorbidimento unilaterale da parte dell’Europa come un segno di debolezza. La minaccia di azzerare le sanzioni alla Russia potrebbe essere il genere di avvertimento di cui hanno bisogno per rientrare nei ranghi.
Prima dell’Italia, i governi greco ed ungherese si sono pronunciati contro le sanzioni. Bruxelles, guidata dalla Germania, li ha rimessi in riga con le cattive. Considerando l’insieme dei valori delle esportazioni, nessun Paese europeo ha sofferto più della Germania delle sanzioni imposte alla Russia. Delle voci provenienti dall’interno della comunità imprenditoriale tedesca e perfino da angoli dello stesso governo hanno richiesto un allentamento delle sanzioni. E tuttavia Berlino sa quanto importanti sia, per i membri dell’Ue vicini alla Russia, come la Polonia, i Paesi Baltici e la Romania, che il blocco presenti un fronte unito. (Alcuni di questi Paesi, particolarmente la Polonia e la Repubblica Ceca, sono anche componenti importanti della catena produttiva tedesca, che Berlino amerebbe non disturbare). La Germania vive di esportazioni, ed ha bisogno dei partner commerciali europei più di quanto non abbia bisogno di commerciare con la Russia. Per questo il fatto di mantenere politicamente, e per conseguenza economicamente, unita l’Ue, vale per essa il prezzo delle opportunità perdute con la Russia.
Ciò che rende il veto dell’Italia diverso dai precedenti è il fatto che l’Italia ha la forza per difendersi dalle tattiche di pressione dell’Ue. L’Italia ha la terza economia dell’eurozona e la quarta nell’Unione Europea. Diversamente dalla Grecia e dall’Ungheria, che sono fra i principali beneficiari dei finanziamenti provenienti da Bruxelles, l’Italia è il quarto contribuente nel bilancio dell’Ue. Bruxelles ha giocato con l’idea di collegare i finanziamenti a cose come lo Stato di diritto per darsi la possibilità di punire gli stati membri disobbedienti, ma contro un contribuente netto come l’Italia, questa minaccia non ha alcun peso. L’Ue potrebbe trovare una scusa per far partire dei procedimenti legali contro l’Italia, come ha fatto nei riguardi della Polonia, ma come mostra il caso della Polonia, quello è un mezzo di coercizione ben poco efficace. E non c’è modo di punire l’Italia con delle sanzioni senza far saltare l’unione doganale europea – una misura autolesionista, per usare un eufemismo.
Il governo italiano preferirebbe di molto un qualche allentamento delle sanzioni combinato con una riforma della politica migratoria europea piuttosto che una completa rimozione delle sanzioni e nessun patto sull’immigrazione. Ha provato il mese scorso, durante il summit dell’Ue, ad usare l’ostruzionismo per ottenere concessioni sull’argomento delle migrazioni, aumentando la pressione sulla Cancelliera tedesca Angela Merkel, che aveva bisogno di ottenere alcune concessioni essa stessa, al summit, per salvare il suo governo. Mettere le sanzioni contro la Russia sul grande tagliere del macellaio costringe a partecipare ai negoziati quegli Stati dell’Ue che più hanno resistito ad accettare i richiedenti asilo. Perfino se lo sforzo fallisce, sarà costato poco all’Italia, dal momento che l’assistenza da parte degli altri stati, riguardo all’immigrazione, è già minima.
Dovendo far fronte ad un serio pericolo per quanto riguarda le sanzioni alla Russia, la Germania cercherà di dominare la situazione per rendere minimo il danno politico per l’Ue. Spingerà per un compromesso che dovrebbe ridurre le sanzioni per preservare il fronte unito dell’Ue, una decisione che sarebbe vista in modo favorevole dalle imprese tedesche e da alcuni partiti politici. Con la minaccia del veto italiano che pende sulle loro teste, i Paesi Baltici, la Polonia e la Romania saranno forzate ad accettare il compromesso per mantenere almeno una parte delle sanzioni. Ci sarà una linea di faglia all’interno dell’Ue riguardo alla sua politica nei confronti della Russia, per qualche tempo, ma è stata necessaria la minaccia di uno dei più grandi Stati membri perché quell’argomento minacciasse un terremoto.
Nora T.Kalinskij
(Traduzione di Gianni Pardo)
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July 20, 2018
By Nora T. Kalinskij
Italy Challenges the EU’s Russia Policy
Rome wants concessions from Brussels, and it’s strong enough to get them.

Migration policy, trans-Atlantic trade tensions, economic and political reform – it’s no secret that the European Union is divided on many issues. One of the bloc’s last bastions of consensus has been its sanctions on Russia, enacted in the wake of Russia’s military intervention in Ukraine and tightened since then. To be sure, the consensus has been threatened, but to date, no challenger had been strong enough to break the united front. Italy is that challenger.
Matteo Salvini, Italy’s deputy prime minister and interior minister, has made quite a name for himself since assuming his position at the start of June. Last weekend, Salvini was in Moscow, where he declared during a press conference that his government could veto a renewal of EU sanctions against Russia when they are up for review in January 2019. The sanctions, which were just extended on July 5, must be reapproved every six months, and all it takes is one dissenter to cancel them.
For Italy, this is part serious threat, part negotiating ploy. The sanctions have been costly for all of Europe but especially for Italy. Italian exports to Russia in both 2015 and 2016 (the most recent year for which official data is available) were almost half what they were in 2013, the last full year before the sanctions were enacted. By mid-2017, Italy had lost more than 10 billion euros’ ($11.7 billion) worth of exports to Russia. (Northern Italy was hit particularly hard. It’s also the base of support for Salvini’s League party, formerly the Northern League.) Italy had the second-lowest growth among G-7 countries last year, and lifting sanctions would be a welcome boost for Italian businesses.
But abolishing the sanctions isn’t Italy’s real goal. For one thing, if it wanted, Rome could have vetoed the sanctions barely two weeks ago. For another, Salvini described a veto as a “last resort,” an invitation for Italy’s partners to offer a compromise. And he did so with almost six months to spare before the issue must be decided again. What Italy really wants is, first, a loosening of the sanctions – ideally so that Italian pharmaceuticals, automobiles and investment in agricultural R&D can be cleared – and, second, greater burden sharing on migration. EU rules place the onus on processing and resettling asylum seekers on the member state in which they arrive, and Italy has been among the EU’s top two entry points for migrants for years. Brussels has proposed and tried to compel member states to set up a quota system to relieve Italy of this strain and more equitably distribute asylum applicants, but some Central and Eastern European countries in particular have resisted. Some of these same countries have the most to fear from a stronger Russia, which they worry could interpret unilateral de-escalation on Europe’s part as weakness. A threat to strike down Russia sanctions might be the warning they need to get on board.
Before Italy, the governments in Greece and Hungary spoke out against the sanctions. Brussels, led by Germany, whipped both back in line. By overall export value, no EU country has suffered more from Russia sanctions than Germany. Voices among the German business community and even from corners of the government have called for an easing of the sanctions. Yet Berlin knows how important it is to EU members close to Russia, like Poland, the Baltics and Romania, that the bloc presents a united front. (Some of these countries, especially Poland and the Czech Republic, are also important components in the German production chain that Berlin would rather not upset.) Germany lives on exports, and it needs its EU trade partners more than it needs trade with Russia. It is willing to pay the price of lost business opportunities with Russia if it means keeping the EU politically united – and thus economically united.
What makes Italy’s veto threat different from previous ones is that Italy has the clout to defend itself against the EU’s pressure tactics. Italy is the third-largest economy in the eurozone and fourth-largest in the EU. Unlike Greece and Hungary, which are among the top recipients of funding from Brussels, Italy is the fourth-largest contributor to the EU budget. Brussels has toyed with the idea of tying funding to things like rule of law to give it the ability to punish disobedient member states, but against a net contributor like Italy, that is an empty threat. The EU could find an excuse to start legal proceedings against Italy, like it has done against Poland, but as the Polish case shows, this is hardly an effective means of coercion. And there’s no way for an individual EU member such as Germany to unilaterally punish Italy with sanctions without blowing up the EU’s customs union – a self-destructive measure, to say the least.
Italy’s government would much prefer some easing of sanctions combined with a reform of Europe’s migration policy over a complete removal of sanctions and no migration deal. It tried last month during the EU summit to use obstructionism to win concessions on the migration issue, raising the heat on German Chancellor Angela Merkel, who needed to secure some concessions of her own at the summit to save her government. Putting the sanctions against Russia on the chopping block drags into the negotiation those EU states that have been most resistant to accepting asylum seekers. Even if the effort fails, it will have cost Italy little, seeing as assistance from other states on migration is already minimal.
Faced with a credible danger to the Russia sanctions, Germany will try to seize control of the situation to minimize political damage to the EU. It will push for a compromise that would reduce sanctions to preserve the EU’s united front – a decision that will be popular with German companies and some political parties. With Italy’s veto hanging over their heads, the Baltics, Poland and Romania will be forced to accept the compromise to maintain at least part of the sanctions. There’s been a fault line within the EU over its Russia policy for a while, but it took a challenge from a major member state for it to threaten an earthquake.

LA POLITICA DI SALVINI VISTA DALL’ESTEROultima modifica: 2018-07-21T17:33:24+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LA POLITICA DI SALVINI VISTA DALL’ESTERO

  1. Analisi interessante e che appare acuta e fondata.
    E che conferma la domanda: ma come diavolo di pensa di costruire una “Unione Europea” sulla base di interessi così divergenti che poggiano su substrati storico-economici assai diversi?
    Vero è che anche in uno Stato organizzato su articolazioni territoriali “forti” (Germania in primis, ma anche Italia) esistono interessi divergenti e perfino in conflitto, ma poi c’è UNO Stato, UN governo e un Parlamento di partiti “unitari” in cui i conflitti si compongono e gli interessi si compensano, senza mai sfidare gli “orgogli”, le “tradizioni”, gli “spiriti nazionali” e tutte ‘ste favole. Cosa che manca e continuerà a mancare (la sovranità! la sovranità!) nell’UE. Quindi i conflitti, in un modo o nell’altro (con i ricatti, con la persuasione, con le “mancette”) possono pure sopirsi oggi e qui, ma rifioriranno domani e là. Una “ciambella” mal riuscita, per eccesso di “ingredienti” e cattivo impasto…

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