NEI PANNI DI LUIGI DI MAIO

In Italia, quando si chiede comprensione, si dice: “Mettiti nei miei panni”. Ed effettivamente l’esercizio è salutare, se si desidera essere obiettivi. Ma non sempre chiarisce del tutto il problema. Tra uccidere il mio debitore e fargli causa non ci sono dubbi, gli faccio causa. Ma se so che domani Tizio verrà ad uccidermi, ed io ho l’occasione di ucciderlo oggi, che devo fare? Uccidere preventivamente, lo so, non è legittima difesa. Ma molti mi darebbero ragione.
Penso a questi dilemmi mettendomi nei panni di Luigi Di Maio. Lo so che lo farei con meno grazia di lui, dal momento che l’ultima volta che ho indossato una giacca, la mia barba era ancora nera. Ma andiamo con ordine.
Il caro Luigi ha ereditato dal Movimento 5 Stelle una somma di impegni che nemmeno Ercole potrebbe mantenere. Il partito infatti ha promesso il taglio retroattivo dei vitalizi dei parlamentari che rischia (molto) di essere anticostituzionale. Ha promesso, insieme con la Lega, il taglio – o almeno il consistente ridimensionamento – della Legge Fornero. Ha promesso il reddito di cittadinanza. Ha promesso il salvataggio dell’Ilva di Taranto e la piena occupazione di tutti i suoi dipendenti. Ha promesso la soppressione della TAV piemontese, del gasdotto pugliese ed altre cose ancora. Tutte caratterizzate dall’essere spesso irragionevoli e sempre costosissime. Di Maio, una volta arrivato al governo, e fatti quattro conti, avrebbe dovuto dire: “Ragazzi, abbiamo scherzato. Non c’è una lira e per giunta molti di questi provvedimenti farebbero più male che bene”.
Questo in un mondo in cui la Logica, la Verità, e qualche altra maiuscola – tipo la Tavola Pitagorica – avessero corso legale. Ma siamo in Italia. Da noi, soprattutto in politica, vige il principio per il quale il leader dice: “Sono il loro capo e dunque li seguo”. Di Maio non può contraddire quei programmi sia perché non sarebbe più il capo, sia perché tutti gli chiederebbero, con accompagnamento sonoro irriferibile, perché quei programmi non li ha esaminati anche prima delle elezioni. Allora sì avrebbe dovuto denunciarne l’assurdità. Insomma la sua posizione è del tutto indifendibile.
Comunque, mi sforzerò ancora una volta di vincere il senso del ridicolo e, indosserò un doppiopetto cucito con maestria da un sarto di Pomigliano d’Arco. Insomma cercherò di comprendere la posizione del giovanotto, il quale potrebbe chiedermi: “Ma sarei arrivato dove sono arrivato, sarei dietro questa scrivania, se invece di accarezzare il pelo al popolo, avessi detto soltanto la verità?” E io dovrei dargli atto che la sua difesa è valida.
Il gioco della politica è sporco. E vince chi è disposto a giocare più sporco degli altri. Proseguendo la sua difesa, Di Maio (permettetemi di sognare) potrebbe dirmi che, a suo parere, io sarei più qualificato di lui, per andare al governo. Ma potrebbe anche aggiungere (e qui smetto di sognare) che, con il mio carattere, non sarei diventato neanche assessore al mio paese. E dal momento che avrebbe ragione, dovrei arrendermi.
C’è di peggio. Risalendo la corrente del ruscello logico, si arriva alla domanda: “Che cosa si deve essere disposti a sacrificare, per ottenere un risultato di grande valore?” Il caso paradigmatico è quello del Doktor Faust. Per ottenere la conoscenza, quello scienziato mitologico promise a Mefistofele la propria anima e ovviamente, dal punto di vista della Fede, fu da condannare. Ma che dire di Edward Jenner che provò i vaccini su suo figlio? Inoltre – nel caso di Di Maio – il prezzo da pagare è stato molto meno alto. Per lui la domanda è stata: “Sei disposto a rinunciare alla tua dignità di galantuomo pur di avere successo in politica?”
Io direi risolutamente di no, ma il Di Maio della mia fantasia potrebbe insistere: “Ma ti rendi conto delle conseguenze della tua posizione? Dato che la politica funziona come funziona, seguendo i tuoi principi tu condanni il Paese ad essere governato dai peggiori invece che dai migliori. Se tu amassi la Patria, dovresti lanciarti in politica, magari comportandoti da figlio di puttana più degli altri figli di puttana, in modo che, una volta arrivato al governo, potessi finalmente comportarti da galantuomo e fare il bene del popolo. Perché il popolo, se poi vuole i benefici possibili, prima vuole essere autorizzato a sognare. E vota per i poeti, non per i ragionieri. Puoi negarlo?”
Comincio ad essere stanco, di questo gioco. La prossima volta, se mi riesce, cercherò di dialogare col vero Luigi Di Maio. Temo che quello della mia fantasia sia troppo sottile per me.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
28 luglio 2018

NEI PANNI DI LUIGI DI MAIOultima modifica: 2018-07-28T10:44:02+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “NEI PANNI DI LUIGI DI MAIO

  1. Prof. è estate, un bel sogno. Per arrivare in cima ci vogliono tante nefandezze che poi si ritorcerebbero contro, non permettendoti di comportarti da galantuomo.Saluti Ciro

  2. Bah, io da sempre propugno per “la libbra di carne”. Se, da politico, hai ingannato, hai fatto promesse false, hai avuto tutto il tempo necessario per ravvederti e finalmente “dire la verità”, e ciononostante sei andato dritto per la tua strada portando i cittadini al peggio o addirittura allo sfracello, beh, nel momento in cui finalmente se ne accorgono e te chiedono conto, non basta che tu ti “ritiri”: un apposito boia è autorizzato a tagliare dal tuo corpo una libbra di carne, a suo giudizio.
    In alternativa, sarebbe accettabile anche la dazione in ostaggio di un figlio, della madre o, in mancanza, della moglie – se non prontamente divorziatasi – da riconsegnare (in perfette ed anzi migliori condizioni) solo al mantenimento delle “promesse”, come approvato dalla maggioranza – seppur relativa – degli elettori. In alternativa, la definita “scomparsa” dell’ostaggio.
    Non vedo perché se un sarto, un idraulico, un pittore, un cuoco, un meccanico, “sbaglia il lavoro”, sono autorizzato a non pagarlo e a fargli causa per danni, mentre nel caso del politico – che prima ha fatto promesse incondizionate, poi addirittura sbandiera di aver provveduto a tutti gli strumenti, ed infine si cinge d’alloro per miserrimi risultati – non dovrei avere il medesimo diritto, anzi moltiplicato per milioni di volte vista l’entità del “danno”.

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