M5S, UNA SERIE DI ERRORI – 1

Le cause degli attuali – e futuri – problemi del M5s vanno ricercate nella sua stessa essenza e nella lunga lista dei suoi errori. Questo, in un certo senso, giustifica la dirigenza di quel partito: infatti nessun pilota, per quanto bravo, vincerà una gara se ha una macchina pessima. E figuriamoci quando il pilota è lungi dall’essere bravo.
Mancanza di cultura e progetto
Il M5s non è nato nella mente di un politico. Il competente, anche quando non è un genio, conosce “le regole dell’arte”, cioè beneficia della propria e dell’altrui esperienza. Sa per esempio che certe soluzioni, anche se a prima vista sembrano ottime, non vanno adottate, perché si è già visto che poi si rivelano sbagliate. Per esempio quando, nel 1993, si è svirilizzata l’immunità parlamentare, si è creduto di fare un passo verso la moralizzazione del Parlamento, e così si è data l’ultima parola alla magistratura, in politica. Ma l’incompetente non si fida della cultura. Non conosce la storia di quell’istituto, non ne comprende la funzione e aspetta di fare sulla sua pelle l’amara esperienza di quell’errore. L’ignorante, non essendo avvertito, è costretto a rifare tutta la strada da principio, perdendo tempo e provocando danni. E dire che bastava studiasse un po’.
Tutta l’impostazione politica del Movimento Cinque Stelle sembra improntata a dei discorsi fatti in trattoria, fra i fumi delle sigarette e dell’alcool. Infatti praticamente tutti i loro articoli di fede sono sbagliati.
Uno vale uno
Cominciamo dalla prima regola, “uno vale uno”, cioè qualunque uomo vale quanto qualunque altro uomo. Questa è vera democrazia, secondo il Movimento. Un bel principio, non c’è che dire. Soprattutto per chi teme di valere meno degli altri. Ma se in aereo il pilota si sente male, lo sostituiremo con uno qualunque dei passeggeri, magari il più onesto, o ringrazieremo Dio che ci sia un secondo pilota? E se questo esempio appare paradossale, chi dice che guidare un Paese sia più facile che guidare un aereo?
Uno vale uno nega la natura, la realtà, il buon senso. Se già i lupi hanno un capobranco, se perfino nelle condizioni della più forzata uguaglianza, come nelle carceri, fra i detenuti nascono dei capi, si vuole andare contro la natura? Lasciati liberi, gli uomini un capo se lo scelgono. E se quel capo è saggio, fanno un affare. Del resto il capo naturale comanda senza opprimere. Basti pensare a Pericle e ad Ottaviano, che faceva finta di essere soltanto il consigliere del Senato ed era il padrone dell’Impero. Ancora oggi Putin guida la Russia senza essere né lo zar né un dittatore. Ecco perché il M5s, non che contrastare l’avvento di un vero capo, avrebbe dovuto disperatamente cercarsene uno bravo. E invece ha lasciato spazio a personaggi inconcludenti e pericolosi come Alessandro Di Battista, o a giovanotti inadeguati come Luigi Di Maio. Per non parlare del rischio che in concreto il Movimento sia diretto, dall’esterno, da un privato che non ha nessuna legittimazione per farlo.
L’opportunità di un capo non è dimostrata soltanto dalla natura, ma è provata anche dalla razionalità. Se dieci persone devono agire tutte insieme, la loro azione sarà più efficace se lo fanno alla spicciolata e senza coordinarsi, o se il più abile di loro espone un piano intelligente cui tutti devono collaborare?
E se questo vale nei campi più triviali, si vuole che non valga in quella difficilissima arte che è la politica? Proprio qui quasi mai uno vale uno. Neville Chamberlain, quello che ha fatto rischiare alla Gran Bretagna di divenire una provincia del Terzo Reich, valeva dunque quanto Winston Churchill, quello che ha vinto una guerra che il suo Paese ha affrontato essendo militarmente impreparato, a parte la flotta? Senza De Gaulle, o con Pétain, la Francia avrebbe concluso la guerra ottenendo un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu? E, per andare più indietro nel tempo, senza Ottaviano Roma avrebbe conosciuto il felice periodo della Pax Augustea? Non bisogna essere contrari al capo, bisogna essere contrari al capo inadeguato, e ringraziare il Cielo quando si ha un capo che merita di essere tale.
La sfiducia nell’establishment
Un’altra regola, la sfiducia nell’establishment. Questa sfiducia è apparsa come evidentemente giustificata. La situazione di crisi in Italia dura da decenni e quell’establishment non è affatto riuscito a risolverla. Ma, se la diagnosi è giusta, la terapia è sbagliata. Non è perché il medico non ha saputo guarire la piaga che la guariremo coprendola di escrementi, invece che badare all’asepsi. O dobbiamo rinnegare anche l’apporto prezioso, e pagato con grande sacrificio personale, di Semmelweiss? Di fronte ad un male che non si riesce a guarire, o si trova un medico migliore, o si riconosce che la medicina è impotente: comunque, non è prendendo a calci un paralitico che lo si indurrà a camminare speditamente.
E non era questo il senso di una brutale legge di stabilità che dilatava ulteriormente il nostro debito pubblico, annunciando la cosa come una conquista nei confronti dei nemici europei? E se questo non è il colmo dell’ignoranza economica, che cos’è?
La sfiducia nella competenza
Ma la sfiducia del M5s nei confronti della competenza è stata un articolo di fede. Al punto che si è estesa a campi impensati, come la scienza più consolidata. La campagna anti-vaccini, ad esempio, è nata dalla sfiducia nella medicina, e c’è da trasecolare, se si pensa che in passato contro di essi si manifestò la più grande diffidenza, fino a doversi arrendere dinanzi all’evidenza dei risultati. Ma già, questa gente ha sfiducia nella cultura e nella storia. Per gli ignoranti anche il sistema eliocentrico è una novità che è lecito mettere in discussione.
La sfiducia nei politici
Ovviamente questa sfiducia non poteva non estendersi ai politici, soprattutto in un’epoca in cui si reputa stupidamente che lo Stato debba essere responsabile di tutto e debba risolvere tutti i problemi. La conseguenza di questo atteggiamento è stata in primo luogo il criterio di reclutamento. Non si è richiesta la preparazione culturale di base e la cooptazione di coloro che già avevano acquisito una competenza, ma la gioventù, l’essere simpatici sul Web, l’onestà, la buona volontà. Tutte qualità che non bastano nemmeno a fare un suonatore di clarino o un elettricista. E infatti molti personaggi dei Cinque Stelle sono stati ironicamente definiti dalla stampa “scappati di casa”. Ragazzotte e ragazzotti disoccupati senza arte né parte, che non si vede in che modo potrebbero esercitare responsabilmente e fattivamente attività di governo. Fino al ridicolo di certe gaffe di Toninelli o della signora Castelli che hanno fatto la felicità dei comici.
Non più di due mandati
Ma l’avversione verso la competenza ha portato ad un’altra delle regole demenziali dei “grillini”: il divieto di più di due mandati. Quasi si dicesse: “Non soltanto reclutiamo degli incompetenti, ma ci guardiamo dal rischio che diventino competenti mandandoli a casa dopo che avranno imparato qualcosa”. E infatti già ora parlano di cambiare questa regola, anche perché attualmente il primo della lista che ne sarebbe la vittima, se cadesse il governo, sarebbe Di Maio.
Purtroppo, il rischio che corre il Movimento è quello che, correggendo prima questo errore, e poi quell’altro, e riconoscendo che certe cose sono troppo costose per poterle fare, ci si accorga che, cambiando questo e cambiando quello, alla fine l’unico vero, utile cambiamento, sarebbe la sparizione del Movimento stesso. Ma torniamo alla nostra enumerazione.
La paura delle novità
Altro errore fondamentale del Movimento, ancora questo ben radicato nella natura umana, è la paura della novità. Non a caso il loro “sacro blog”, come lo chiama Massimo Bordin, si è autodenominato Rousseau. Infatti con Rousseau condivide un’illusione che rimonta alla più alta antichità, e cioè che l’uomo primitivo fosse felice e che tornando alle sue condizioni di vita staremmo tutti meglio. Dimenticando che quel poveraccio lavorava dall’alba al tramonto per riuscire a sopravvivere e moriva in media intorno ai trenta/quarant’anni. Se quello era il loro genere di felicità, preferisco il mio, da ottantenne col frigorifero pieno e l’aria condizionata.
Ma nulla si può contro l’illusione del ritorno alle origini. La pulsione è così forse che, quando la massa si sente infelice, e vuole ribellarsi, non lo fa in direzione del nuovo e del diverso, ma nella direzione dell’antico. La parola rivoluzione ha questo significato. La rivoluzione è proprio quella della Terra intorno al Sole, e l’anelato cambiamento è il ritorno al punto di partenza. Ritorno che si è visto anche in parecchie eresie cristiane – per esempio quella catara – in cui la Stella Polare, nella ribellione alla Chiesa, era il ritorno alla semplicità del Vangelo.
Dunque i “grillini” si chiedono a che servono i viadotti, i ponti, i gasdotti, le gallerie, e persino le industrie. Per la loro la parola più sacra è “no”, e ne hanno una vera libidine. Opporsi a qualunque cambiamento non può che corrispondere alla via della morale e della purezza. Per loro, la ricchezza si crea da sé e allo Stato rimane soltanto il compito di distribuirla. I ricchi paghino le tasse e i poveri vivano a spese dei ricchi. Come questo progetto possa funzionare non è questione che li riguardi: gli basta pensare che esso sia “morale” per applaudirlo e sostenerlo. Né riescono a concepire che, se il Paese si inabissa nella recessione, ciò avvenga anche per colpa loro. “Per colpa nostra? Forse che ci abbiamo guadagnato qualcosa, personalmente, forse che abbiamo rubato un solo euro? Noi vogliamo soltanto che il Paese sia più buono e più giusto”. E del resto, quand’anche l’Italia divenisse ancor più povera, chi dice che per questo sarebbe più infelice, e non ritornerebbe invece alla serenità di una vita frugale e forse agreste? Quei profeti non hanno forse parlato di “decrescita felice”? Infatti attualmente abbiamo una grande crescita (non è vero?) e siamo infelici.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
1-Continua

M5S, UNA SERIE DI ERRORI – 1ultima modifica: 2019-02-27T15:34:06+01:00da gianni.pardo
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