IL VINO DI SALVINI

Tutti i giornali hanno riportato una risoluta dichiarazione di Matteo Salvini secondo la quale lui “mai ritornerà col centrodestra”. E l’hanno commentata adeguatamente. Perdendo il loro tempo. Infatti, per evitarsi una fatica inutile, sarebbe bastato ricordarsi che non ha senso chiedere all’oste se il suo vino è buono.
Quel detto non si limita ad una sorridente constatazione, ma ha una sua precisa logica. L’oste non è un enologo, non ha interesse a mostrarsi competente e a dare un corretto giudizio sul suo vino: ha soltanto interesse a venderlo. E chi mai direbbe che la propria merce è cattiva? Nello stesso modo, per Salvini, la domanda giusta non è: “Pensa veramente ciò che dice? E perché lo dice?” ma: “Ci guadagnerebbe o ci perderebbe, se affermasse qualcosa di diverso?” Insomma, se si vuole arrivare ad un briciolo di verità, bisogna badare più alla qualità della merce, con giudizio autonomo, che alle parole di chi ne parla.
Attualmente Salvini è al governo, e questo è sorretto da una comoda maggioranza, nella quale tuttavia la Lega ha una quota minoritaria. Dunque non potrebbe sperare in nulla di meglio. Soprattutto dal momento che – anche a causa delle recenti elezioni regionali e di ciò che dicono i sondaggi – attualmente la Lega ha nel governo un peso molto maggiore di quello che giustificherebbe il suo numero di deputati e senatori. Dunque il vino attuale è buono. Ottimo. Tanto da non pensare di cambiarlo.
Qualcuno a questo punto potrebbe dunque pensare che Salvini sia sincero, in ciò che dice, ma sarebbe una conclusione superficiale. La sincerità, la spontaneità e l’ingenuità sono difetti che un bravo politico non si può permettere, e Salvini è un bravo politico. Nel momento in cui pronuncia quelle parole, non si pone per nulla il problema della loro verità. Gli basta sapere che è utile dirle, attualmente, per rassicurare i suoi partner di governo. Poi, dopo le elezioni europee o anche prima, se succede qualche incidente, o in ogni caso in qualunque momento ciò gli dovesse convenire, cambierà musica. Né teme di offendere Berlusconi, con quelle parole. Perché se domani al Cavaliere converrà allearsi di nuovo con lui, non esiterà a farlo. E se invece non gli converrà, lo manderà al diavolo condendo l’invito col ricordo che lui “mai” sarebbe tornato col centrodestra. Neanche Berlusconi è un chierichetto.
Salvini in futuro si alleerà con Berlusconi, oppure con il Pd, oppure con ciò che resterà dei Cinque Stelle, oppure col Diavolo e perfino, superata qualche perplessità, con l’Acqua Santa. In questo senso è un genio. D’Alema è stato un notevole politico, ma col difetto di essere di sinistra. Berlusconi è stato un bravo politico, ma col difetto di essere un liberale. E questo più o meno vale per tutti. Invece Salvini è ateo. Non ha un’ideologia politica, non ha una teoria economica, non è per il Nord e non è per il Sud, non ha amici e non ha nemici, ha soltanto ambizioni personali. E ciò lo rende prezioso. Dal momento che ha come Stella Polare il proprio interesse, e questo interesse sarà meglio servito da un grande successo che da un grande insuccesso, si chiederà sempre che cosa gli farà riscuotere più applausi. Ciò ne fa un inguaribile pragmatico e dunque l’unico sufficientemente privo di pregiudizi o scrupoli per fare la cosa giusta al momento giusto. Anche se fino ad un momento prima avesse detto il contrario.
Matteo Salvini – sia detto a sua lode – è il politico più amorale che si veda in giro. Tanto amorale da riuscire ad allearsi con un partito, come quello fondato da Grillo, che ha principi pressoché religiosi, del tutto avulsi dalla realtà e perfino autolesionistici. Principi contrari, in particolare, a quelli che Salvini ha professato fino a questo momento, ma cui è disposto a rinunciare anche per meno di un piatto di lenticchie. Questo politico non è un essere umano normale, è una sorta di grimaldello. Uno strumento indifferente alla propria legalità e preoccupato soltanto della propria efficacia.
Naturalmente ha una coscienza, come ogni essere umano sano di mente, ma essa non interferisce col suo comportamento. Prendiamo la sua demagogia. Se io fossi nei suoi panni, da quello stupido che sono, ogni tanto mi bloccherei: “No, questo non lo dico. Questa panzana è troppo grossa. E se mi ridessero dietro mi vergognerei come un ladro”. Invece Salvini da un lato ha più fiuto di me, e conosce meglio di me le dimensioni delle stupidaggini che la gente è disposta ad ingoiare, dall’altro, nel caso per una volta facesse cilecca, e i giornali lo condannassero per quello che ha detto, lui tirerebbe diritto. “Mi andrà meglio la prossima volta. E poi la gente comunque dimentica. Qual è il problema di oggi?”.
Ecco, se fossi così pazzo da darmi alla politica, e mi vedessi battuto da un Di Battista, o da un Alfonso Bonafede, forse cadrei in depressione. Se viceversa mi battesse Salvini, correrei a stringergli la mano dicendo: “È sempre giusto che vinca il migliore, e il migliore sei incontestabilmente tu”.
Ma io non voterò per lui.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
1° marzo 2019

IL VINO DI SALVINIultima modifica: 2019-03-01T07:39:46+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “IL VINO DI SALVINI

  1. Pardo, “Questo politico non è un essere umano normale, è una sorta di grimaldello” è la migliore definizione diagnostica letta finora sul soggetto. Complimenti davvero.

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