IGNORANZA BENEFICA

Ricordate la storia del brutto anatroccolo? Il senso di quella fiaba è che a volte, all’inizio, si considera inferiore qualcuno che un giorno si rivelerà superiore; si prende per negativa una cosa positiva. Nella mia vita c’è stato un anatroccolo del tutto imprevisto: la sensazione della mia ignoranza.
Tutto è cominciato con una forma di stupore. Da ragazzo mi capitava spesso di essere immerso in un’evidenza corale – qualcosa che tutti conoscevano bene, vedevano nello stesso modo e giudicavano nello stesso modo – mentre io dovevo confessare che non ne sapevo niente, e proprio per questo non osavo pronunciarmi. Naturalmente ne ricavavo una sorta di senso di inferiorità. Quasi invidiavo le certezze altrui. Ma questo non bastava per farmi assumere lo stesso atteggiamento degli altri. Perché su tutto prevaleva la mia coscienza di non saperne abbastanza e la mia diffidenza nei confronti dei giudizi del prossimo.
Questo atteggiamento è rimasto costante anche quando sono cresciuto. Per esempio, non ho mai capito perché si debbano disprezzare le prostitute. Che cosa gli si rimprovera? Di far merce del loro corpo? Ma non è quello che fanno tutti i lavoratori manuali, tutti coloro che sudano, per guadagnarsi da vivere? E comunque, a me che importa, di come si guadagnano da vivere? E infatti, quando mi è capitato di averci a che fare, ho sempre dato loro del lei, anche quando erano “nell’esercizio delle loro funzioni”. Facendo ridere i miei amici, ma non per questo cambiando comportamento.
Fra l’altro, ho sempre trovato ridicola la distanza fra la retorica del lavoro (quello che “nobilita l’uomo”) e la prostituzione. Nell’unico anno in cui ho insegnato nella Scuola Media inferiore, mi sono sentito così umiliato da ciò che ero costretto a fare per vivere, che la parola “prostituzione” non mi faceva più paura. Era la sensazione che avevo. Mi prostituivo per tre-quattro ore al giorno e infine, al suono dell’ultima campana, era come se il mio spirito, simile a quello di una prostituta, facesse una doccia per eliminare le tracce di quel basso servizio.
E così è andata per gli omosessuali. Non ho avuto molto a che fare, con loro. Una paio di volte, di fronte a qualche goffo approccio, ho reagito gentilmente, col sorriso, facendo capire che non ero interessato. E una volta è stato con un prete. Sarò duro e calloso, ma invece di riportarne i famosi “traumi” di cui si riempiono la bocca (e forse la tasca) i giornali, ho soltanto sentito pietà per quel pover’uomo frustrato.
Non ho mai capito, né da ragazzo né in seguito, la stramaledizione degli omosessuali. Della sessualità altrui non mi importa assolutamente nulla. Al contrario sono eternamente rimasto grato, fino a non dimenticarlo mai, a un omosessuale che, a me ragazzino, fabbricò con le sue mani una maschera da sub: un pezzo di vetro sagomato ovale, e una camera d’aria ritagliata in modo da potersi stringere da un lato al vetro e dall’altro prolungarsi in due strisce annodate dietro la nuca. Non mi chiese mai nulla, non mi toccò con un dito, mi regalò un meraviglioso strumento per le mie immersioni, soltanto per farmi piacere. Non fosse che per lui, non dirò mai male degli omosessuali in quanto tali.
La mia ignoranza mi ha reso estraneo a tutto ciò che la gente crede ovvio senza chiedersi se sia ovvio. Il mio anatroccolo mentale si è trasformato in un cigno. Ho adottato, pressoché naturalmente, il “dubbio metodico” cartesiano.
Così, invece di irridere chi aveva gusti diversi dai miei, mi sono posto il problema della feroce ostilità all’omosessualità, tanto corrente quand’ero ragazzo. Un’ostilità di primo acchito incomprensibile, come quella nei confronti della masturbazione, dell’onanismo (la pratica del coitus interruptus) e perfino della volontà di non avere figli. È evidente che l’estrema ostilità dell’umanità nei confronti di questi comportamenti nasce da un’unica causa: la paura dell’estinzione della specie umana. Quando la fame era all’ordine del giorno, quando la vita era breve, quando la mortalità infantile era altissima, l’istinto della specie ha spinto tutti ad avere quanti più figli era possibile. Dunque chi era omosessuale, chi disperdeva il suo seme, chi non metteva al mondo dei figli, mancava al suo dovere nei confronti della specie. Un peccato mortale che, ancora oggi in Iran, qualche demente pensa sia degno di meritare l’impiccagione.
Ebbene, se smontiamo la severa considerazione dell’omosessualità nei suoi elementi costitutivi, come non vedere che essa oggi è assolutamente assurda? Se un pericolo corre oggi il pianeta Terra è quello dell’iperantropizzazione, non quello dell’estinzione della specie umana. Senza arrivare all’impiccagione di chiunque abbia avuto più di quattro figli – che sarebbe il giusto contrappeso alle impiccagioni iraniane per sodomia – una cosa è certa: fanno meno danno alla collettività gli omosessuali di coloro che fanno figli per poi non essere in grado di nutrirli e tirarli su. I bambini affamati del terzo mondo mi indignano meno dei loro genitori.
Molti anni fa ho letto – non so nemmeno se fosse vero, ma poco importerebbe – che in Giappone era vietato comprare un’automobile
, a meno che non si potesse dimostrare di disporre di una rimessa o di un posto auto. Nello stesso modo tutti – per amore dei bambini – si dovrebbero rendere conto che non basta metterli al mondo, bisogna poi essere in grado di allevarli. E se non si è in grado di farlo, è delittuoso imporre loro una vita di stenti.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
16 marzo 2019

IGNORANZA BENEFICAultima modifica: 2019-03-17T12:12:53+01:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “IGNORANZA BENEFICA

  1. Gentile professore, quando si parla di ostracismo per gli omosessuali sicuramente la spinta principale è quella che cita Lei, ovvero quella relativa alla (mancata) procreazione.
    Ma, se posso aggiungere una considerazione, non escluderei neppure l’intervento dei c.d. “neuroni specchio”, la cui funzone tutti ben conosciamo.
    E’ possibile infatti che quando un eterosessuale vede due omosessuali del suo stesso sesso impegnati in qualche effusione, per esempio che si baciano, ed attiva quindi i suoi neuroni specchio, istintivamente si immedesima in una azione che per lui è molto sgradevole.
    Da qui un senso di empatia negativa e quindi di ripulsa verso quella persona e quel comportamento.
    Spero di non aver detto delle sciocchezze, visto che non sono assolutamente un esperto.

  2. Neanch’io sono un esperto e lei potrebbe avere perfettamente ragione. Ma io ho la stessa sensazione di cui parla lei all’idea di essere incatenato ad una poltrona ad ascoltare tutto il festival di Sanremo. Ma non per questo lo vieterei. È sufficiente che non m’invitino. Insomma, i propri neuroni a specchio vanno tenuti a freno.

  3. “E se non si è in grado di farlo, è delittuoso imporre loro una vita di stenti.”

    Fra le tante contraddizioni della Chiesa o della morale cattolica vi è pure questa:
    la Chiesa predica la “paternità e maternità responsabili”, ma condanna poi qualsiasi forma di contraccezione, a parte l’astensione dai rapporti sessuali (ma anche questa astensione è sub judice se finalizzata alla non procreazione della coppia – procreare resta un obbligo, anzi nel mio dizionario filosofico di un gesuita c’è scritto davvero che il matrimonio è obbligatorio per tutti, ne possono essere esentati i chierici perché la generazione è ampiamente assicurata dai laici). Ho però l’impressione che il nuovo papa voglia prendere le distanze dalla secolare, anzi millenaria sessuofobia e fissazione sulla sessualità della Chiesa e preferisca concentrarsi sulla carità e magari anche l’ecologia. In un discorsetto tenuto a vescovi e prelati ha detto che c’è di peggio dei delitti contro la castità (ma non era scoppiata ancora la virulenta campagna mondiale contro la pedofilia dei sacerdoti …). E per peggio intendeva appunto la mancanza di carità, la chiusura vero il prossimo, il diverso. Del resto sono sempre più frequenti le aperture verso gli omosessuali, impensabili appena una ventina d’anni fa, e che fanno gridare allo scandalo i tradizionalisti che parlano di “omoeresia” (il papa e la Chiesa sarebbero eretici).

  4. Prof.essere dotati di una crassa ignoranza è un bene,evita problemi,specialmente quella propedeutica a gabbare gli altri.Mia nonna mi ha insegnato che:chi capisce patisce,ed è vero.La ricordo con affetto,si chiamava Nunziatina,non mi ha svezzato ma è stata lei a consigliarmi sul “pianeta donna” quando quel giovanotto usciva dal portone a due metri dal suo “basso”.Probabilmente ero il figlio che le mancava. Lalla,Stellina,Giorgia,Luisa la ribelle,Sasà erano amici miei,mi dispiacevo per loro,non è bello essere una donna nel corpo di un uomo(erano femminielli),oggi si chiamano trans,loro si dispiacevano per me che ero solo etero.Essere padre comporta delle responsabilità,”addormentarsi sopra” non basta per essere papà.Saluti Prof.

  5. Vede, Ciro, lei ha avuto amici “femminielli” e li ha visti come esseri umani. Non è a lei che possono descriverli come mostri o persone, chissà perché, da condannare. Ma è proprio questa, la caratteristica degli esseri umani. A volte, quanto meno sanno, tanto più credono di sapere. Io l’ho constatato con le lingue. Ogni volta che sento qualcuno dire male dei francesi, degli inglesi, ecc., io gli chiedo: “Parli francese?” “Parli inglese?”, “Parli tedesco?”, e l’osservazione costante è che odiano e considerano diversi quelli che non conoscono. Che altra base ha, l’antisemitismo, se non il pregiudizio che siano diversi? Io non stimo e non disistimo nessuno a priori.
    Da sempre, amando la cultura, ho sentito una certa distanza dalle persone ignoranti. Poi mi sono trovato in una camerata d’ospedale, bloccato a letto (si prospettava un’amputazione, che grazie al cielo poi non è stata necessaria) ma sono stato per settimane a contatto con dei poveracci. Ebbene, mi sono vergognato. In quelle persone ignoranti c’era una umanità, una generosità, una pietà, una tolleranza che mi hanno veramente sorpreso. E mi sono sentito onorato di essere uno di loro.

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