UNA PIAGA MODERNA: L’OBESITA’

Un ex diplomatico americano (James Hansen) mi fornisce alcuni dati interessanti: la percentuale di americane obese è del 41,5%, e un altro 27,5% è sovrappeso. Il totale ci porta al 69%. Insomma quasi tutte. E il bello è che le femministe americane o danno la colpa di questo dramma agli uomini oppure dicono che “obeso è bello”. Ma su questo si può leggere il divertente articolo di Hansen, in calce. A me interessa fornire un’ipotesi sul fenomeno.
Come è noto, l’uomo esiste da milioni di anni. E ovviamente in questo lungo tempo si è notevolmente evoluto. Ma altrettanto ovviamente questa evoluzione è insignificante in un tempo molto breve: diciamo centomila anni. E figurarsi ventimila. Da ciò possiamo dedurre che l’uomo attuale è identico, come fenotipo, a quello di ventimila anni fa. Naturalmente la vita che conduceva l’uomo di quel tempo è molto diversa dalla vita di oggi. Ma mentre sono cambiati moltissimo l’ambiente e le comodità, non è cambiata la natura fisiologica dell’uomo. Dunque abbiamo la stessa fame che aveva il nostro progenitore. La differenza è che abbiamo una totalmente diversa disponibilità di cibo. Oggi possiamo mangiare finché non siamo sazi mentre allora la fame era la compagna di ogni giorno. Infatti non si facevano certo pasti regolari. La caccia un giorno poteva andare benissimo e un giorno poteva andare malissimo. La conseguenza era che da un lato si mangiava poco e male, dall’altro, quando c’era la possibilità di ingozzarsi, era bene farlo. Perché non si sapeva quando sarebbe stato il prossimo pasto.
Purtroppo, come conseguenze di tutto ciò, noi abbiamo una fame sproporzionata rispetto al nostro dispendio energetico: infatti non passiamo certo la giornata a percorrere i campi o le foreste in cerca di prede e di frutti; inoltre crediamo erroneamente di avere sempre il diritto di mangiare finché siamo sazi, mentre in natura ciò avveniva saltuariamente. Se non vogliamo ingrassare, a partire da una certa età non dovremmo mai sentirci sazi, alzandoci da tavola. Altrimenti saremo inevitabilmente obesi. Non bisogna “fare una dieta” per dimagrire, bisogna accettare l’idea di alzarsi da tavola “costantemente” insoddisfatti.
Ma non è facile. Rimanere magri in una società in cui tutto congiura a farci ingrassare è da eroi. E queste imprese della volontà non sono più di moda. Un tempo la sobrietà e l’autodominio erano raccomandati, ora queste virtù sono dimenticate, quando non giudicate obsolete. La società dei consumi del resto si regge più sui consumi che sullo stoicismo. Chi mai spenderebbe un euro per fargli pubblicità? Il bambino è ingozzato da mane a sera e tutta la famiglia è al suo servizio concedergli tutto ciò che può desiderare. Non si insegna più a nessuno a resistere alla fame, al freddo, alla fatica. Quando queste cose sono occasionalmente inevitabili, l’individuo si trova spiazzato e si sente vittima di un’ingiustizia. Perché le difficoltà non hanno mai fatto veramente parte della sua vita. Il giovane spartiate veniva educato per divenire un guerriero, il giovane contemporaneo per divenire un cliente di pizzeria.
In questa totale estraneità al concetto stesso di stoicismo, si nasconde una tremenda insidia. L’uomo moderno non è preparato all’idea che dovrà affrontare un nemico: sé stesso. Non essendo abituato a resistere alle tentazioni negative, diviene schiavo delle sue pulsioni. Senza chiarezza di idee, senza dominio di sé e senza maturità, diviene infelice e si rifugia in un piacere facilmente disponibile: quello del cibo. Con le conseguenze negative che non sono in primo luogo estetiche: il vero danno è alla salute e all’aspettativa di vita.
Il caso delle donne aggiunge ulteriori particolarità. La stessa società che offre loro cibo a volontà (magari pieno di grasso e di zuccheri), presenta immagini di donne desiderabili e magrissime. Con le curve, certo, ma soltanto nei punti giusti. Ma avere quella linea comporta continue privazioni, soprattutto appena arrivate ai trent’anni. Quando magari si ha una famiglia da mandare avanti, dei figli che danno problemi, la difficoltà di conciliare casa e lavoro e, non raramente, una certa stanchezza coniugale. Tutto un quadro già abbastanza negativo per sé. Diviene difficile accettare che il breve momento in cui ci si siede a tavola debba divenire anch’esso un motivo di sofferenza e di frustrazione. Così, mentre la bilancia continua a dare progressive cattive notizie, arriva il momento in cui tante donne si rassegnano a non essere né magrissime né desiderate.
Poi veleggiano stancamente per strada, divenendo quasi delle caricature, ma sarebbe crudele ridere di loro. Le obese sono le fallite del sesso e della felicità.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

22 marzo 2019

Gli stranieri che visitano gli USA sono spesso colpiti dalla prevalenza dell’obesità che trovano—e anche dalla seconda impressione, che il fenomeno sia più presente tra le donne. Già nel 2016, secondo il National Institute of Health, la proporzione della popolazione femminile americana che rientrava nella definizione di obesità superava il 41,5%, mentre un altro 27,5% era solo “in sovrappeso”. Insieme, il 69% delle donne americane potevano essere descritte come “fisicamente abbondanti”… Il futuro non promette meglio. Sempre nel 2016 il tasso di obesità tra i maschietti del gruppo d’età tra i 6 e gli 11 anni era del 7%, mentre quello delle coetanee femmine superava il 18%. C’è da temere l’arrivo di una nuova e ancora più ampia generazione di americane “plus-size”. L’associazione tra il peso in eccesso e il femminismo radicale negli Stati Uniti non viene negata neppure dalle attiviste più accese—che però spesso danno la colpa agli “oppressori” maschi: un’ipotesi corrente è che le donne mangino di più nel tentativo di proteggersi dal “male gaze”, lo “sguardo lascivo” maschile. Cioè, ingrasserebbero appositamente per pararsi dai desideri degli uomini. Oltre a spostare il discorso femminista negli Usa sul tema della “bellezza interiore”, la crescente massa corporea del movimento ha anche innescato il tentativo di trovare aspetti positivi—”grasso è bello”—nel sovrappeso e di considerarlo una forma di rivolta contro i canoni di bellezza “artificialmente imposti” dagli uomini. L’autrice Laura Brown, nel suo “Fat Oppression and Psycotherapy” dichiara che l’obesità offrirebbe perfino dei vantaggi per la salute, almeno nel senso che restando grasse si evitano i pericoli—bulimia, anoressia, depressione e ansia—insiti nel tentativo di aderire a standard di bellezza convenzionali. Sono tematiche che hanno portato all’emergere del fat feminism, un’importante tendenza della cosiddetta “quarta onda” del femminismo anglosassone. L’idea è che, avendo ottenuto le necessarie protezioni legali, il movimento dovrebbe ora concentrarsi sulle percezioni sociali. Ha ottenuto una prima vittoria quando la Mattel, molto criticata per il concetto di bellezza femminile espressa dalla bambola Barbie, ha lanciato all’inizio del 2016 la “Curvy Barbie” dalle forme più massicce. Presente solo nel mercato Usa, dopo vendite dapprima positive non ha salvato le fortune delle famosa bambola, in declino dal 2009. L’associazione tra femminismo e peso in eccesso è concessa a tal punto che le attiviste anglosassoni tendono ad assumersene i meriti, seppure in maniera rovesciata, come nel caso della Presidente della “Food Board” della Città di Londra, Rosie Boycott, che si è recentemente fatta una sorta di autocritica per il suo attivismo nel liberare le donne dalle cucine di casa per mandarle nel mondo del lavoro e, di conseguenza, nel mondo malsano del fast food. Rispondendo a una domanda sul ruolo del femminismo nell’attuale epidemia di obesità, Ms. Boycott ha risposto di sentirsi “parzialmente responsabile” per la “lost generation” di quelle che consumano cibi industriali. “Ho detto loro: ‘Non state in casa a preparare i pasti… Così farete strada’. Invece abbiamo perso tutto… Hanno smesso tutte di cucinare”. Indipendentemente dai meriti o demeriti, ciò che allarma è che, secondo i dati, l’obesità femminile nel mondo anglosassone prevalga—di molto—sul semplice sovrappeso. Che imparino i maschi oppressori…
James Hansen

UNA PIAGA MODERNA: L’OBESITA’ultima modifica: 2019-03-23T11:50:35+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “UNA PIAGA MODERNA: L’OBESITA’

  1. Prof. e per come è strutturata la loro società,semplicemente mangiano nà fetenzia.Mirella cugina americana di mia moglie,origini calabre,bella donna,lavorava in una compagnia aerea,padroneggiava 7 lingue,suo marito(uno dei tanti)militare,pilota di caccia e quindi attento alla linea e forma fisica.Prof. quando ci facevano visita,a pranzo si mangiavano pure i piedi del tavolo.Saluti Prof.

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