PAESI A MARCIA AVANTI, PAESI A MARCIA INDIETRO

Sono troppo vecchio per sperare di sapere che ne sarà dell’Italia nel 2040. Anzi, non ho neppure la speranza di arrivare al 2030. E questo significa che le mie curiosità si devono necessariamente rivolgere al passato piuttosto che al futuro. Né manca la materia da studiare: il passato è come un oceano e noi disponiamo di una barchetta per esplorarlo. Ciò malgrado, se non ho speranza di cavarmii alcune curiosità future, può essere utile che le indichi a chi quella speranza può permettersela.
La prima constatazione che mi ispira il mondo attuale è che in esso si distinguono Paesi che guardano al futuro, che sperano di migliorare e comunque di arrivare ad un certo risultato; poi Paesi stazionari e infine Paesi avviati al decadimento. All’inversione di marcia e alla subalternità. Compilare delle liste è azzardato e se ne può lasciare il compito ad ognuno. In questa sede basterà indicare la differenza fra due Paesi vicini come la Cina e il Giappone. La Cina è in pieno sviluppo, ed ha il problema di come risolvere i problemi di questo sviluppo. Il Giappone invece, come nazione, è fermo ai risultati del grande boom economico seguito alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Da allora Tokyo si chiede come fare a non scivolare a marcia indietro, mentre Beijing si chiede come fare a non inciampare andando a marcia avanti.
L’Europa somiglia più al Giappone che alla Cina. Anzi, è più in crisi del Giappone, perché è arrivata da molto tempo agli standard moderni, che ha addirittura creato. E dunque è molto, molto più vecchia di tutti gli altri Paesi. Inoltre le sue grandi conquiste intellettuali e morali, a poco a poco, si sono trasformate in tare genetiche. Un po’ come quei bambini che, a forza di essere curati, lavati, accuditi e protetti, diventano fragili e imbelli. Ecco perché vero l’Europa più propensa ad andare a marcia indietro che a marcia avanti.
Ovviamente, questa impietosa diagnosi si applica in particolare al Paese che abbiamo sotto gli occhi. L’Italia somiglia a quelle persone che, un tempo molto ammirate, non essendo più sicure di sé, cercano un modello cui conformarsi. Sperano che quell’atteggiamento le farà apparire come se avessero la personalità che non hanno più. Sono come quei poveri (anche di spirito) che, avendo saputo che fra i ricchi e famosi la moda è quella di pettinarsi in un certo modo, si precipitano ad imitarli. Insomma l’Italia somiglia a coloro che, dovendo andare in vacanza, non si chiedono che posto hanno la curiosità di conoscere, ma che posto è di moda visitare. L’Italia non è “opinion follower”, non “opinion leader”.
Ovviamente tutto ciò è il risultato di una frustrazione. Siamo stati grandi ancora nel Rinascimento, dal punto di vista dell’irraggiamento sociale e culturale, ed è come se non ci consolassimo di essere divenuti un Paese periferico. Un giorno abbiamo insegnato ai re di Francia a mangiare con la forchetta e ora ci precipitiamo ad adottare le mode più sciocche, come Halloween, le nenie più insopportabili come “Tanti auguri a te, tanti auguri a te”, e perfino trucchi commerciali come il Black Friday. Per non parlare della moda dell’inglese, che ai nostri occhi ha l’unico, grande merito di essere la lingua parlata dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale.
Naturalmente qualcuno mi dirà che l’inglese non è soltanto questo: è la “seconda lingua” più parlata nel mondo, tanto che è indispensabile se si vuole viaggiare, studiare all’estero, e via dicendo. Ben povere obiezioni. Infatti tutto ciò avrebbe dovuto spingere gli italiani ad imparare l’inglese ma non è quello che hanno fatto. Si limitano a scimmiottarlo. Conoscono alcune parole e se le sparano con disinvoltura, sentendosi moderni, ma non sanno niente altro. Quelle parole non le capirebbero se appena fossero inserite in un contesto insolito. Inoltre pronunciano quelle quattro parole in maniera così infame da renderle a volte incomprensibili a chi veramente parla inglese. A meno che non abbiano abbastanza fantasia da capire che chi ha parlato di una pecora(sheep) voleva in realtà parlare di una nave (ship).
L’Italia si è lanciata a seguire entusiasticamente anche le mode più deleterie del Ventesimo Secolo: l’assistenzialismo, l’ipersindacalismo, il Sessantottismo, il pacifismo irenico, il rifiuto della forza anche quando serve per l’autodifesa, il perdonismo in tutte le sue forme, a cominciare dalla promozione degli asini. Anche all’Università. Ho visto laureare in lingue, specializzazione inglese, un giovane incapace di comprendere un testo in inglese e di allineare una frase in quella lingua, per quanto elementare. Époché era convinto di pronunciare bene l’inglese, con lui ho fatto un crudele esperimento. Con un registratore in funzione, gli ho fatto prima leggere un testo e poi gli ho chiesto di riconoscere e tradurre le parole che aveva appena ascoltate. Non ci riuscì. Semplicemente perché pronunciava le parole a fantasia, come gli pareva che “suonasse bene”. Laureato in grammelot. Ecco perché l’Italia mi sembra condannata ad un regresso inarrestabile, con alla fine lo status di colonia.
Ma l’intera Europa non è che stia molto meglio. Ancora oggi gli europei sono convinti che la loro difesa militare sia un dovere degli Stati Uniti. E se il Presidente degli Stati Uniti gli dice che devono toglierselo dalla testa, mettono rimedio alla cosa rimproverandolo. E comunque – pensano – nessuno ci attaccherà mai. Le guerre sono decisamente fuori moda.
Noi vecchi non abbiamo nessuna ragione per rimpiangere di non poterci togliere le curiosità riruardanti il futuro. Probabilmente sarà un grande vantaggio.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

21/12/19

PAESI A MARCIA AVANTI, PAESI A MARCIA INDIETROultima modifica: 2019-12-22T08:34:30+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “PAESI A MARCIA AVANTI, PAESI A MARCIA INDIETRO

  1. Una volta, da giovane, mi trovavo in un pub di Londra con alcuni amici italiani e inglesi. A un certo punto andai alla toilet, e la’, guardandomi allo specchio, mi accorsi che la barba mi era cresciuta un bel po’. Allorquando tornai al nostro tavolo, forte dell’ inglese imparato a scuola (italiana), dichiarai “My beard has become too long”. Solo che invece di pronunciare “biid” (barba), dissi “be:d” (cioe’ uccello). Risate generali. In pratica avevo detto “Il mio uccello e’diventato troppo lungo”.
    Colgo l’occasione per augurare buon Natale.

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