GianniP

LA CARRIERA

LA CARRIERA

Chiunque abbia frequentato le aule della giustizia penale sa che in quel mondo si incontrato quattro categorie di persone.

Ad un’estremità gli imputati, gentaglia di cui tutti si devono professionalmente occupare e tuttavia tenuti a distanza, quasi avessero natura non del tutto umana. Né i testimoni sono molto migliori.

All’altra estremità i giudici sono invece sovrumani. Hanno la serenità annoiata di chi ha dalla sua la cultura, l’intelligenza e soprattutto la forza, tanto che sentono di avere il diritto, forse il dovere, di trattare tutti con imperativa alterigia. Un semplice accenno alla comune natura di cittadini sarebbe offensivo.

La terza categoria è costituita dagli avvocati. Costoro da un lato hanno tendenza a trattare gli imputati come i giudici, dall’altro a trattare gli stessi giudici con un ossequio esagerato che nasconde, male, la diffidenza e il disprezzo che sentono per loro.

La quarta categoria è costituita dagli invisibili. Invisibili sono i carabinieri, il pubblico, il cancelliere e tutti coloro che hanno il dovere di far dimenticare la loro presenza.

Un tempo ho cercato, senza successo, di divenire penalista e per anni ho frequentato quelle aule, senza tuttavia riuscire a sentirmi parte di quel mondo. Vivevo l’esperienza fastidiosa di chi assiste ad una rappresentazione teatrale di basso livello. Mentre il grande attore riesce a farci credere che lui sia Amleto, Principe di Danimarca, il guitto è un ragioniere che dice parole che appartengono a qualcun altro. Assurdità.

Tutto suonava falso. Dei giudici si conosceva la miseria umana e non raramente culturale. Degli avvocati la retorica, il narcisismo ingenuo, la rapacità. Gli imputati erano effettivamente disprezzabili, come è normale sia chiunque violi le leggi: e tuttavia personalmente mi chiedevo se, avendo avuto gli stessi genitori dei giudici, sarebbero stati seduti su quelle panche. Così com’erano, però, si rimaneva indignati dinanzi alla loro capacità di mentire sfacciatamente. La pistola? L’ho trovata per terra. Per paura erano umili dinanzi ai giudici mentre erano sicuramente arroganti, e magari violenti, con i più deboli di loro.

Solo i Carabinieri sembravano veri ed umani: ma mi addolorava la loro fiducia, tanto evidente quanto assurda, nei magistrati e nella giustizia.

È triste, essere inseriti in un mondo di cui non si condivide nulla. Io non appartenevo né al gruppo dominante né ai suoi nemici. La giustizia mi appariva una necessità vagamente disgustosa. Senza la repressione, la società sarebbe una giungla in cui gli onesti avrebbero la peggio, come senza nettezza urbana e senza fogne sarebbe invivibile. Ma chi andrebbe a passeggio nelle fogne?

Il distacco che sentivo in quei giorni era foriero di una constatazione più generale: troppe persone prendono sul serio la divisa che indossano. Soprattutto se sulla manica hanno i gradi di caporale.

Divenuto professore, il primo anno incontrai una divisa con dentro un preside: un ometto grasso, alto un metro e mezzo, che avrebbe preteso di comandare tutti a bacchetta. Anche quando dava ordini da asilo infantile. Una volta, per intimidirmi e farmi capire che avrei dovuto obbedirgli, mi disse che, secondo la carriera ministeriale, nell’esercito sarebbe stato, non so più, generale di brigata o generale di divisione. “E lei, mi chiese, che grado avrebbe avuto?” Sbatté contro la mia risposta sorridente: “Io sono stato riformato”.

Non sono mai riuscito a percepire gli scalini delle gerarchie. Forse per questo non sono poi riuscito a salirli: non ho mai saputo dove mettere i piedi. Oppure è avvenuto che, all’idea di fare carriera, mi sia ricordato del generale di brigata e l’orrore mi abbia vinto.

Pare che Einstein, entrando negli Stati Uniti, sia stato richiesto di scrivere sulla scheda la sua razza. E abbia scritto: “umana”. Nello stesso modo, c’è chi, dovendo precisare il proprio posto nella società, ha tendenza a scrivere semplicemente: “uomo”. Qualifica oltre la quale non si può andare.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

Se esprimerete il vostro parere, positivo o negativo che sia, su questo testo, mi farete piacere.

21 aprile 2009

LA CARRIERAultima modifica: 2009-04-21T12:39:21+02:00da
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