GianniP

LE PAROLE NON CAMBIANO LA REALTA’

Capita a tutti, quando si è vissuto qualcosa di drammatico, di svegliarsi la mattina dopo e per un istante sperare che tutto sia stato un brutto sogno. Purtroppo la realtà è implacabile. Possiamo illuderci, pregare, contorcerci, alla fine essa ci aspetta alla fine del vicolo, confermando freddamente lo stato dei fatti.
Qualcuno dirà che ciò, più che ovvio, è banale. Ed è vero: ma soltanto oggettivamente. Soggettivamente gli uomini si illudono di piegare gli avvenimenti al loro volere con le parole, con le speranze, con gli esorcismi. Perfino nello sport non si fa che parlare del fatto che “bisogna essere concentrati”, “essere caricati”, “essere tosti”, come se questo fosse decisivo. Anche quando il goal è il risultato di un felice rimbalzo, i commentatori dicono che il tale campione “ci ha creduto fino alla fine, ed ha segnato”. Come se chi ha perso fosse soltanto un miscredente.
Ma c’è di peggio. Non soltanto moltissimi andrebbero in escandescenze, se qualcuno gli dicesse: “Possa tu morire oggi stesso!” (come se quelle parole potessero avere influenza sulla loro salute) ma i giornalisti non esitano a dire di qualcuno che “ha sconfitto il cancro”, “ha lottato ed ha vinto”, o, ancora peggio, “ha pregato e Dio l’ha ascoltato”, come se tutti gli altri, tutti quelli che muoiono di cancro, non avessero avuto l’atteggiamento psicologico giusto o la vera Fede. In tutte le direzioni è un continuo delirio, che danneggia soprattutto i più ingenui, capaci di prenderlo sul serio. Chi muore non è morto e “ci guarda da lassù”. Tanto che chi fa il discorsetto durante il funerale si rivolge direttamente al cadavere. E nessuno lo tratta da demente.
Ecco perché il ritorno – e quasi la vendetta – della realtà, non è concetto banale. Anche in materia d’economia, impazza un balletto di parole inteso a nascondere la realtà. Cosicché, anche ad aver detto cento volte le stesse cose, bisogna ridirle per la centounesima volta, perché giornali e televisioni le diranno mille volte.
L’Italia è economicamente nei guai. Non si tratta di un singolo errore, di due o di tre. Probabilmente perché il suo “modello economico” è sbagliato da oltre mezzo secolo, ed era fatale che i nodi venissero al pettine. Non è il momento dei palliativi.
Inutile parlare ancora di investimenti statali. Si è buttato il denaro dalla finestra, e si propone di buttarne ancora. Anche quello che non abbiamo.
È il caso del Monte dei Paschi di Siena, sia detto al passaggio. Finché questa banca accumula perdite, non ci sono “ricapitalizzazioni” che tengano. Non bisogna frequentare la Bocconi per sapere che chi spende più di quanto incassa fallisce. Ecco un principio della realtà che tutti amano dimenticare.
Lo Stato, con la sua politica ’interventista, ci ha condotti dove siamo. Non si tratta di migliorare la sua azione, si tratta di metterlo da parte o quasi. Se il chirurgo è un asino, non è dandogli dei nuovi ferri che salverà il malato.
Chi ha un enorme debito, una volta o l’altra sarà chiamato a pagarlo. E se non sarà in grado di farlo, fallirà. Comunque, l’idea che si possano contrarre sempre nuovi debiti, indefinitamente, è da folli. O da economisti governativi. Quando le Borse temeranno che si è vicini al punto di rottura, crollerà l’Italia, crollerà l’eurozona, crollerà l’Ue. Si può non sapere quale pagliuzza spezzerà la schiena del cammello, ma si sa che nessun cammello può sostenere tonnellate di paglia.
Per rinviare questo momento, l’Ue e la Germania scongiurano tutti dal fare ulteriori debiti. Non “moralizzano” l’Italia, e neanche si preoccupano del nostro bene, semplicemente hanno paura, e ci pregano di non far rovesciare la barca. Perché dentro ci siamo tutti.
Fa ridere che si trasformi la sconcia verità (“fare ancora debiti”) nell’asettica espressione “aumentare la flessibilità”. A chi vogliono darla a bere? Certo non alle Borse. E analogamente, chi credono d’ingannare, a Roma, col gioco delle tre carte nella legge di stabilità? Se a Bruxelles cederanno, non sarà perché ingannati, ma perché spaventati dall’alternativa di un’accelerazione sulla via del disastro.
Noi non sappiamo dove sbattere la testa, dopo che da anni tutti i parametri sono negativi. L’Europa non sa trovare una soluzione né per la Grecia, né per l’Italia, né per il Portogallo, né per l’intera eurozona. Si vive tappando buchi, e i più grandi li tappa la Banca Centrale Europea. Ma ancora per quanto? Draghi un giorno dice che saprà fare miracoli per sempre (whatever it takes!) un altro dice che non siamo fuori dalla crisi e non sono stati scongiurati i pericoli. Come se avessimo bisogno di apprenderlo da lui e la lezione della realtà non fosse sufficiente da sola.
L’Europa è disperata. L’Italia è disperata. La situazione è disperata, e tutti crediamo che si tratti soltanto di uno scontro di parole, in cui vincerà il più brillante.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
27 ottobre 2016

LE PAROLE NON CAMBIANO LA REALTA’ultima modifica: 2016-10-27T11:25:04+02:00da
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