GianniP

LA MENTE CRIMINALE – 2

Nessuno sfugge al condizionamento. Persino chi reagisce ad esso, lo fa in chiave di condizionamento. Colui che odia la religione perché da ragazzo gliel’hanno imposta, in materia di religione non è libero quanto lo è colui per il quale la religione è qualcosa di cui ha sentito parlare ogni tanto.

Il condizionamento a volte è accettato acriticamente, a volte criticamente, ma non è mai ininfluente. Come mai divengono tanto più spesso musicisti i figli di musicisti o di appassionati di musica classica? La ragione è semplice: sono stati allevati in quell’ambiente. E  come dimenticare che erano professionisti della musica anche i padri di Mozart e Beethoven? Ciò significa che nel corso dei secoli chissà quanti geni musicali si sono perduti: perché non hanno avuto l’occasione di accostarsi alla musica, Essi stessi non hanno mai saputo di quali talenti disponevano.

Nell’opposta direzione, chi è violento spesso è cresciuto in una famiglia violenta, e per lui la violenza fa parte del “linguaggio”: superato un certo livello di calore, nella discussione, si passa alle vie di fatto. È ciò che quell’uomo ha visto fare, e spesso ha anche subito, sin da piccolo. Né diversamente vanno le cose per le persone nelle cui famiglie c’è l’abitudine di gridare. Qui non si passa alle percosse, ma le “discussioni” sono sempre alterchi sonori e per così dire pubblici. Se invece si è cresciuti in una famiglia in cui non si alza la voce e non si è stupidamente aggressivi, la violenza diviene inconcepibile non soltanto riguardo agli altri membri della famiglia, ma anche riguardo al cane o al gatto. La violenza fa orrore, e sembra l’irruzione della preistoria nel presente.

Per motivi endogeni od esogeni, il cervello del criminale non possiede i normali freni e le normali inibizioni. Non a caso “asociale” è spesso usato come sinonimo di “criminale”. Come può, chi è vissuto in un ambiente di ladri, avere scolpito nell’anima il principio che “le cose altrui non si toccano”? Naturalmente ciò non significa che egli non potrebbe contro-reagire – per esempio vedendo in quale scarsa considerazione sociale viene tenuto chi ruba – e divenire scrupolosamente onesto. Ma la parola “ladro”, per lui, non si riferirà mai a qualcosa di estraneo e nebbioso.

Il violentatore, l’assassino, il “mostro” sono persone nella cui mente, per una serie di circostanze, mancano le controspinte ai comportamenti “selvaggi”. Lo stupratore forse non ha conosciuto l’amore ed è uno che, nel proprio imprinting, ha l’idea che le donne siano prede. Oggetti da catturare, usare, e magari sopprimere. Infatti fra le vittime più frequenti della violenza maschile ci sono le prostitute: proprio perché il loro mestiere le “reifica”, agli occhi dei maschi primitivi.

Il fenomeno è generale. Se la presenza di qualcuno è avvertita come un ostacolo alla realizzazione dei propri desideri, si affaccia l’idea di ucciderlo, esattamente come si scosta una sedia che ostruisce il passaggio. In particolare, i figli che uccidono i genitori sono spesso economicamente viziati: giovani che hanno finito col considerare il denaro che gli dànno i genitori non un regalo ma un diritto, tanto che il diniego di ulteriori somme è, per loro, un’ingiustizia e perfino l’inadempimento di un dovere. Non diversamente da come un cane viziato finisce col credersi l’animale alfa del branco e morde il padrone. Per “educarlo” e “metterlo al suo posto”.

La mente del criminale è primitiva e caratterizzata da un’estrema povertà.  Il soggetto segue pulsioni elementari, quasi bestiali. Apprezza soprattutto il piacere fisico, anche quando è estremo e pericoloso per la salute, e lo stesso piacere sessuale non è per lui il punto d’arrivo dell’amore, dell’amicizia, o quanto meno di un gioco liberamente consentito, ma somiglia all’acquisto, quando non alla rapina, del corpo di qualcuno. Sempre perché l’altra persona è considerata alla stregua di un oggetto.

Il denaro è spesso il valore supremo, in quanto chiave di tutti i vantaggi pratici, e di tutto ciò che si può comprare. E infatti la maggior parte dei ragazzi che hanno ucciso i genitori lo ha fatto per denaro.

In generale i criminali sono incapaci di godere delle tante cose che non costano nulla e che valgono molto: il godimento estetico, per esempio, il piacere della cultura e della conversazione. Anche se l’onestà e le “gioie dello spirito” hanno come prezzo lo studio, la disciplina, e il lavoro, valgono ben più di quanto costano.

Il criminale è un uomo sfortunato. Ha qualcosa che non va nel suo cervello, nel suo imprinting e nel suo condizionamento. Rimane vicino ai livelli elementari e in un certo senso bestiali. Così  entra in conflitto con una società giunta ad un  modello di vita  più evoluto e la maggior parte delle volte finisce col pagarla. Non ha certo una vita felice.

L’asociale è un attardato, nell’evoluzione. Forse non dovremmo disprezzarlo perché, scientificamente, non può essere diverso da ciò che è. Ma se teoricamente la società non ha il diritto di condannarlo, praticamente ha il diritto di difendersene. “Non potevi non uccidere, e per questo non ti condanniamo; ma poiché noi non vogliamo essere uccisi, non possiamo non rinchiuderti per sempre in una prigione. Scusaci, è il nostro condizionamento”.

Gianni Pardo, giannip.myblog.it

15 gennaio 2017

 

LA MENTE CRIMINALE – 2ultima modifica: 2017-01-17T09:28:25+01:00da
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