GianniP

IL BUGIARDO

Sapendomi pessimista, rispetto all’azione politica dell’esecutivo, mi è stato segnalato un articolo che dimostrerebbe i successi conseguiti dal governo Renzi. Qualcuno mi chiederà: “E l’articolo ti ha convinto?” Dovrei vergognarmi a dirlo, ma la risposta è: “Non l’ho letto”. E il perché è di ordine generale.
Nessuno può dire onestamente: “Io non mento mai”. Sarà capitato a tutti di rispondere: “Bene, grazie” a chi ci chiede come stiamo. In realtà magari abbiamo avuto fastidiosi problemi di salute ma ci è stato chiaro che quella domanda era più o meno una forma di saluto. Se avessimo descritto i nostri sintomi e le cure che stavamo seguendo saremmo stati dei seccatori. “Bene, grazie” è una di quelle risposte che gli anglosassoni chiamano “white lies”, bugie bianche. Inoffensivi stratagemmi adottati per quieto vivere, per non ferire il prossimo, per risolvere situazioni imbarazzanti. “Sono dolente, ho un impegno” suona molto meglio di: “Ciò che mi proponi sarebbe di una noia mortale”.
Il vero bugiardo è qualcuno che mente scientemente, su materie importanti, normalmente per trarne profitto. In questo caso cade la mannaia e il colpevole è squalificato. A volte con conseguenze drammatiche. Chi è accusato di un reato e, pur essendo innocente, da prima per difendersi dice una menzogna, rischia di essere condannato anche quando poi dicesse la verità. Per la polizia e per il magistrato inquirente, in linea di principio l’accusato mente. Ma esiste la remota possibilità che dica la verità. Se poi invece si dimostra che in un’occasione ha effettivamente mentito, da quel momento non si crederà più una parola di quel che dice, a meno che la cosa non sia altrimenti dimostrata.
A tutto ciò si aggiunge per me un irresistibile disprezzo per il mentitore. Se qualcuno mi propone un’elaborata dimostrazione della sua tesi, ed io di lui non so nulla, l’ascolterò, cercando di essere imparziale. Se invece so per certo che è un bugiardo, cercherò di svicolare: quell’uomo non vale il mio tempo. Se fosse accusato di omicidio e io fossi il magistrato inquirente, spenderei tutto il tempo necessario, anche ore, per appurare la sua innocenza: ma in nome del mio dovere, non per sapere se ha mentito o no, questa volta.
In questo campo capisco perfettamente la mentalità giapponese. Chi “perde la faccia” è come se perdesse il diritto di vivere. Per i giapponesi d’un tempo ciò era talmente vero che quella disgrazia era spesso seguita dal suicidio rituale.
In Italia abbiamo un esempio da manuale. La squalifica di Matteo Renzi fu emessa ancora prima di aspettare le prove concrete del misfatto. Fu quando, da poco Presidente del Consiglio, annunciò quattro riforme epocali in quattro mesi, una al mese. Essendo assolutamente ovvio che non avrebbe mantenuto la promessa, la condanna fu definitiva, primo grado, secondo grado e Cassazione. Infatti, o mentiva coscientemente, e dunque era un insalvabile bugiardo, oppure credeva veramente possibile quell’impresa, e dimostrava di non essere all’altezza del suo posto.
Il fatto che poi, quattro mesi dopo, quel giovane non si sia minimamente chiesto se avesse “perso la faccia”, dimostrò che non era giapponese. Per lui le parole non significavano niente. Non aveva rispetto né per la verità, né per il prossimo né per sé stesso.
Naturalmente non ignoro che tutti i politici mentono. Ma lo fanno con stile. Dicono ad esempio: “Faremo tutto il possibile per abbassare di due punti la pressione fiscale”. Poi la promessa non è realizzata ma la gente non ha il diritto di protestare. Il politico accorto infatti non ha promesso la riduzione della pressione fiscale, ha promesso di “fare tutto il possibile”. E cade in piedi. L’errore dello sbruffone è di dire, all’indicativo: “I debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti dei privati saranno integralmente saldati esattamente entro la tale data dell’estate”. L’effetto dell’annuncio è dirompente, ma lo è anche la mancata realizzazione dell’impegno.
Qualcuno potrebbe dire che Renzi è sincero come un ragazzo sincero mentre il politico accorto è un gesuita e un ipocrita. Purtroppo non è così. Un impegno è un impegno e le parole hanno il loro peso. Poi non bisogna dimenticare l’aureo principio di La Rochefoucauld, secondo il quale “l’ipocrisia è l’omaggio che il vizio rende alla virtù”. Nel momento stesso in cui si comporta male, l’ipocrita dimostra di sapere quale sarebbe stato il bene. Renzi invece, con le sue promesse avventate, dimostra di non avere nessuna coscienza dei doveri che impone la veridicità. Non sente neanche il bisogno di offrirle il riconoscimento della sua validità: almeno l’apparenza della virtù.
A meno che non si tratti di un tale patologico distacco dalla realtà da credere che – secondo il proverbio – “quando c’è la volontà, un modo si trova”. Se fosse vero, nessuno morirebbe di cancro.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
24 settembre 2017

IL BUGIARDOultima modifica: 2017-09-24T10:36:19+02:00da
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