GianniP

IL CUORE A LUTTO PER LA SPAGNA

Ci sono Paesi di cui ci si innamora. Un tempo si diceva che non si poteva vivere in Cina o in Francia senza esserne cambiati e senza rimpiangerle, se poi si andava a vivere altrove. Per la Cina non so, per la Francia lo so per esperienza, anche se la nazione di cui parlo è quella che ho conosciuto tanti anni fa.
E tuttavia il dolore per la decadenza della nostra “sorella latina” è nulla in confronto a quello che sento per la Turchia. Negli ultimi anni sono passato dall’entusiasmo per una città come Istànbul – e quasi all’indignazione per le difficoltà che si facevano a quel Paese riguardo all’ingresso nell’Unione Europea – al lutto per un Paese che era laico ed è divenuto bigotto, era tollerante ed è divenuto oppressivo, era moderno e vuole tornare al Medioevo. Soprattutto era libero e non lo è più. Non avrei mai immaginato che la storia mi desse così brutalmente torto, dopo ottant’anni di kemalismo. Ancora una volta è risultato vero il detto del poeta, secondo il quale anche le civiltà sono mortali.
L’ultimo dolore me lo sta dando la Spagna. L’umanità deve essere folle, se corre questi rischi. Gli spagnoli devono conoscere male la loro storia e il loro stesso carattere, se osano sfidarsi. Come possono i catalani pensare che Madrid, avendo dalla sua l’orgoglio, la legge e la forza (in ordine d’importanza) possa cedere a una regione ribelle? Come possono permettere che quella Spagna che, ancora nel Ventesimo Secolo, ha insegnato al mondo quanto possa essere crudele una guerra civile, ne dia ancora l’esempio? E come si può pensare che una grande e gloriosa nazione che, al prezzo di una guerra, ha riconquistato la sua unità, consenta la secessione di Barcellona?
Che memoria corta, hanno gli uomini. Il bagno di sangue degli Anni Trenta fu così doloroso che il duro vincitore, Francisco Franco, si premurò di onorare nello stesso modo i caduti delle due parti in conflitto. Infatti li tumulò insieme, nell’immensa cattedrale sotto la montagna della Valle de los Caídos. Per riconciliarli almeno nella morte.
In quel momento gli spagnoli conoscevano benissimo il valore della pace riconquistata. Un bene da non mettere a rischio per nessuna ragione, e talmente prezioso che Franco – malgrado mille pressioni – rifiutò a Hitler l’intervento della Spagna a fianco dell’Asse e perfino il passaggio delle truppe tedesche attraverso la penisola iberica.
E tutto questo si rimette in gioco per un’ubbia. Per un’indipendenza di cui la Catalogna non ha nessun bisogno e che Madrid non potrà mai permettere. Lo sanno, i catalani, quanto può essere duro uno scontro fra spagnoli? Lo saprebbero certamente, se avessero tutti cento anni. Lo saprebbero, se avessero seriamente studiato storia. E invece credono che le battaglie si vincano con le folle sterminate che applaudono in piazza. Senza pensare che, Dio non voglia, sono il più produttivo bersaglio per le mitragliatrici.
A questo punto uno non sa più né che cosa aspettarsi, né che cosa augurarsi. Pensando a quante guerre, stupide e dolorose, sono scoppiate per motivi futili, è veramente troppo difficile essere ottimisti. La prospettiva della vittoria alimenta gli spiriti guerrieri, l’esperienza spesso fa preferire la sconfitta alla prosecuzione del conflitto. Ma questo gli uomini non lo imparano mai.
Forse nessuno, oggi, vorrebbe essere nei panni di Rajoy. Il suo dovere gli impone di preservare ad ogni costo l’unità della Spagna; la costituzione gli impone di revocare l’autonomia di Barcellona, ma come poi debba fare, tecnicamente, per affermare l’autorità di Madrid, se possibile limitando il numero dei morti a quello di qualche scaramuccia, questo non si sa.
Se fossi credente pregherei Dio di illuminare le menti di tutti i contendenti. Ma poiché non lo sono, temo che resteranno al buio. Soltanto un colpo di fortuna potrà evitare alla Spagna una bruttissima esperienza che Barcellona avrà voluto per sé e inflitto alla Spagna intera.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
19 ottobre 2017

IL CUORE A LUTTO PER LA SPAGNAultima modifica: 2017-10-21T06:22:56+02:00da
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