EUROPA E ISLAM

Per gli europei, gli immigranti musulmani sono innanzi tutto musulmani. Nel senso che poco importa che siano marocchini, nigeriani o del Bangla Desh, ciò che conta è il fatto che hanno quella religione. E questa è ovviamente una stupidaggine. L’essere musulmani non corrisponde ad appartenere ad un popolo o ad un’etnia. La religione non può essere l’equivalente della nazionalità e un italiano si stupirebbe di vedersi associato, come gruppo, ad un messicano o ad un filippino, solo perché tutti e tre sono cattolici. Fra l’altro, gli stessi musulmani percepiscono fra loro importanti differenze. Noi pensiamo che, quanto meno, “parlano arabo”: ma neanche questo è vero. Non nel senso che parlino lingue radicalmente diverse, ma nel senso che dal Marocco fino all’Iraq e oltre gli abitanti parlano soltanto dialetti, spesso tanto diversi che non si capirebbero. Indimenticabile al riguardo l’esperienza di un mio amico inglese. In un ricevimento di arabi, mentre i vari gruppi parlavano fra loro, un signore isolato chiese, alto e forte: “Does anybody speak English, here?” Pur essendo “arabo” anche lui, non conosceva nessuno dei dialetti dei presenti e non riusciva a comunicare con nessuno.
Fra i musulmani non c’è uniformità nemmeno per il colore della pelle. I sauditi o gli egiziani si sentirebbero offesi all’idea di essere assimilati ai maomettani di pelle nera. Neanche la religione è un sicuro cemento: mentre noi ci accorgiamo appena della distinzione fra cattolici e protestanti, per gli islamici fa un’enorme differenza essere sunniti o sciiti. Nel senso che i primi sarebbero felici di ammazzare i secondi, e viceversa.
A questo punto, la nostra universale convinzione che “i musulmani” siano qualcosa di unitario da trattare unitariamente è stupefacente e merita una spiegazione. Che non è neanche difficile. Sono loro che ci hanno spinti a considerarli diversi da tutti gli altri, tanto da costituire un unico gruppo. E ciò è avvenuto quando dei terroristi musulmani hanno ucciso degli europei perché non musulmani. La contrapposizione l’hanno creata loro. Come si dice, è vero che non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani. E allora, per il grande pubblico, poco importa che siano di nazionalità differente. Poco importa che di gran lunga la maggioranza delle loro vittime siano altri musulmani (si pensi all’Iraq) e non cristiani. La gente non va per il sottile. Ricordo una domanda provocatoria e significativa: “Non siete razzisti, lo so. Ma sareste tranquilli se vedeste salire sul vostro stesso aereo un gruppo di arabi barbuti?”
Il fatto che gli europei considerino gli arabi come un’unica etnia è il riflesso speculare del fatto che dei terroristi abbiano ucciso dei cristiani in quanto cristiani. Che ciò sia giusto o sbagliato poco importa: certo è comprensibile. Soprattutto dal momento che sul suolo europeo abbiamo già un’importante presenza di musulmani che tende per giunta ad aumentare, con il forte incremento dell’immigrazione. Così siamo costretti a chiederci in che modo accogliere questa massa di persone. La percentuale di terroristi, fra loro, è tanto sparuta da essere insignificante, e rimane un problema di polizia. Ma la normale convivenza con i nuovi arrivati costituisce un problema sociale di grandi proporzioni, e bisogna sapere come affrontarlo.
Secondo il mensile “Limes” di gennaio, ci sono due grandi teorie: l’assimilazione e il multiculturalismo. L’assimilazione è quella che praticarono i romani, quando resero culturalmente “romani” tutti gli abitanti dei Paesi conquistati. Ed è lo stesso genere di politica seguito dalla Francia. Questa nazione, probabilmente in nome degli ideali illuministici per i quali, in un mondo laico, tutti gli uomini sono uguali in quanto esseri razionali, ha pensato di ospitare i musulmani trasformandoli in francesi come gli altri. Gli ha offerto l’uguaglianza ed ha sperato che ne approfittassero per non essere diversi dagli altri. Ma il progetto è fallito. I figli e i nipoti degli immigrati spagnoli, tedeschi o italiani, o perfino polacchi, sono divenuti francesi e considerano i loro cognomi semplici bizzarrie. I figli, i nipoti e i pronipoti degli immigrati musulmani sono invece rimasti a parte. Ancora oggi sono considerati diversi e si considerano diversi. Fino alle rivolte nelle banlieue. I musulmani si sono rivelati inassimilabili.
Vediamo dunque l’altro sistema, il multiculturalismo. Con esso nessuno chiede agli immigrati di divenire indistinguibili. I nuovi venuti nel loro quartiere possono rimanere fra loro, seguire i loro costumi e le loro usanze, purché rispettino le leggi della comunità nazionale. Questa è stata la speranza della Gran Bretagna, ma il progetto non ha avuto più successo del tentativo di assimilazione.
L’accettazione della diversità nella separazione finisce col creare e perpetuare notevoli attriti. Si arriva alle mani perché tifosi di squadre concorrenti, fra inglesi, da innumerevoli generazioni, figurarsi se non ci saranno attriti fra persone di colore, religioni e usi diversi. I quartieri musulmani sono addirittura arrivati a pretendere il diritto di applicare la sharia, nelle loro comunità, mentre alcune di quelle norme sono inaccettabili per la legislazione inglese. Se questo è il multiculturalismo, possiamo risparmiare gli applausi.
La politica riguarda la praxis, la concretezza. E se la presenza di un notevole gruppo di fede islamica costituisce un problema, poco importa che fondamento abbia quella tendenza al rigetto. In questi casi, o si trova una soluzione (e fino ad ora non si è trovata) o si impedisce che il problema si ponga. Basta vietare l’arrivo degli islamici, quanto meno là dove questo arrivo in massa non si sia già verificato. Ed è esattamente ciò che sta facendo la Polonia, dove pure non ci sono islamici.
Può sembrare un modo molto brutale di porre la questione, ma se un problema è insolubile, si può soltanto evitare che si ponga.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
14 febbraio 2018

EUROPA E ISLAMultima modifica: 2018-02-14T10:16:10+01:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “EUROPA E ISLAM

  1. Citations du Général De Gaulle le 5 mars 1959
    > > > > > > > > rapportées par Alain Peyrefitte. Maintenant, on irait en prison pour bien moins que cela 🙂 « C’est très bien qu’il y ait des Français jaunes, des Français noirs, des Français bruns. Ils montrent que la France est ouverte à toutes les races et qu’elle a une vocation universelle. Mais à condition qu’ils restent une petite minorité. Sinon, la France ne serait plus la France. Nous sommes quand même avant tout un peuple européen de race blanche, de culture grecque et latine et de religion chrétienne. Qu’on ne se raconte pas d’histoire ! Les musulmans, vous êtes allés les voir ? Vous les avez regardés avec leurs turbans et leurs djellabas ? Vous voyez bien que ce ne sont pas des Français. Ceux qui prônent l’intégration ont une cervelle de colibri, même s’ils sont très savants. Essayez d’intégrer de l’huile et du vinaigre. Agitez la bouteille. Au bout d’un moment, ils se sépareront de nouveau. Les Arabes sont des Arabes, les Français sont des Français. Vous croyez que le corps français peut absorber dix millions de musulmans, qui demain seront vingt millions et après-demain quarante ? Si nous faisions l’intégration, si tous les Arabes et les Berbères d’Algérie étaient considérés comme Français, comment les empêcherez-vous de venir s’installer en métropole, alors que le niveau de vie y est tellement plus élevé ? Mon village ne s’appellerait plus Colombey-les-Deux-Églises, mais Colombey-les-Deux-Mosquées. »
    > > > > > > > >
    > > > > > > > > CHARLES DE GAULLE

  2. J’ai toujours su qui était le Général, même quand en Italia on s’amusait à le faire passer pour un dictateur. Tout mauvais lecteur que je suis, j’ai lu en entier ses mémoires. Un grand homme, vraiment.

  3. ll post solleva una questione importante, ma (come già espresso in un altro commento) resto convinto che il problema principale sia costituito dal dato QUANTITATIVO: in un territorio di tutta evidenza già sovrappopolato, cementificato, inquinato, ecc. ecc. l’afflusso, ormai costante e addirittura in crescita esponenziale, di immigrati pone cmq. grossi problemi di SOSTENIBILITÀ ambientale e socio-economica, (almeno in larga parte) indipendentemente dall’etnia e dalla fede religiosa (tra l’altro spesso più formale che sostanziale), degli immigrati stessi. Per completare l’opera, ormai pressoché da tutte le parti ci si lamenta e ci si stracciano le vesti per il calo della natalità autoctona e si invocano/promettono le misure più drastiche per (ri)alzare quest’ultima, con il “brillante” risultato di tendere a un’ulteriore incremento della pressione antropica e delle criticità economico-sociali all’interno del medesimo territorio…

  4. L’analyse que vous faites me satisfait … mais c’est la conclusion qui me dérange! mais c’est une conclusion “politique” (qui concerne la vie de la cité), donc, peut-être qu’une solution (sans doute utopique, mais il n’est pas interdit de “rêver”) serait de se donner les moyens de changer les mentalités (des uns et des autres)…. “vaste programme” pour reprendre les mots du Général De Gaulle répondant au “morts aux cons”!

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