LO SPAURACCHIO DI CARTA VELINA

Forse qualcuno si chiederà come si sia arrivati all’attuale livello d’ignoranza. Si va dall’ortografia alle parole orecchiate, dalla pessima pronuncia dell’italiano all’ignoranza della geografia, dagli strafalcioni di storia ai titoli di film scambiati per citazioni culturali. Per non parlare dell’eloquio banale, infarcito di luoghi comuni e di “piuttosto che” invece di “ma anche”. E parliamo pure per i professionisti della materia, come i giornalisti. C’è da rimanere stupiti ma – come per tutti i fenomeni sociali – bisogna sempre sforzarsi di capire. E infatti, se il livello della nazione è così basso, non è colpa degli italiani attuali ma dei loro nonni. E forse anche delle vicende storiche dell’Italia.
Il Risorgimento, per cominciare, fu tutt’altro che un’epopea. La maggior parte delle battaglie l’Italia nascente le perse e, se si arrivò all’unificazione, fu più per l’abilità diplomatica di Cavour e per l’avventurismo di Garibaldi, che per le nostre imprese guerresche. La Prima Guerra Mondiale, il debutto militare dell’Italia unita, fu in realtà un orrendo bagno di sangue. Gli stessi ragazzini analfabeti, chiamati da ogni parte d’Italia a combattere una guerra che non capivano, la videro condotta con criteri da macellai e odiarono sia le battaglie sia i generali che le comandavano. Si arrivò quasi all’ammutinamento.
È dunque comprensibile che l’Italia ne uscisse arrabbiata, frustrata, violenta e soprattutto pacifista. Tanto che Mussolini, per reagire a tutto questo, cercò di convincere la nazione che era venuto il tempo di ritrovare le glorie militari di Roma. Proclamò dunque che aveva ritrovato l’Impero e mise in divisa anche i bambini di otto anni, “Figli della Lupa”. Ma tutta questa costruzione immaginaria, tutta questa demagogia, si sgonfiarono come un soufflé di pessima qualità, alla prima prova: la tentata invasione della Grecia. Per poi concludersi con la peggiore sconfitta dai tempi di Canne.
Questo pesò moltissimo. Se prima lo spirito guerriero non era stato gran che, dopo si arrivò, nientemeno, a estromettere per legge la guerra dalla storia (art.11 della Costituzione). E con essa ogni forma di autorità, di imposizione, di disciplina. Poi, appena il tempo di leccarsi le ferite e ricostruire il Paese, arrivò, come la pioggia dopo la peggiore delle siccità, l’ondata del famoso Sessantotto. Questo movimento stravolse quasi tutte le regole e in Italia durò molto più a lungo che altrove. Più che negli Stati Uniti, dove era nato, e più che in Francia, dove aveva quasi provocato una rivoluzione. Forse da noi non è mai finito.
Il Sessantotto vinse infatti contro l’autorità (quella dei genitori, per cominciare), le nozioni, la severità, la disciplina e quasi la razionalità. La sua vittima prediletta, in Italia, fu naturalmente la scuola. Mentre prima si studiava analisi logica in quarta e quinta elementare, col Sessantotto e seguenti non soltanto si abolì la grammatica italiana, ma anche il latino, nella Scuola Media Inferiore. Questa divenne la scuola dell’obbligo e l’obbligo fu inteso come obbligo per i professori di promuovere cani e porci. Cioè di depredare i figli dei poveri dell’unica occasione che avrebbero avuto nella vita d’imparare qualcosa. Per fortuna gli italiani, se non hanno imparato l’italiano, hanno almeno imparato il televisionese. Il risultato – qualunque professore anziano ve lo confermerà – è stato che i ragazzi sono arrivati alle Scuole Medie Superiori più ignoranti di come un tempo arrivassero dalle scuole elementari alle Scuole Medie Inferiori.
Il coronamento si è avuto con gli esami di maturità. Prima, il programma d’esame comprendeva (per il liceo classico) lo scritto d’italiano (un solo tema, nessuna scelta), gli scritti di latino (dal latino e in latino) e di greco. Per l’orale si rispondeva in tutte le materie (perfino in ginnastica) col programma di tutti e tre gli anni. Io andavo benino, a scuola, ma mi sono presentato sapendo di essere impreparato. Ho contato sul fatto che, se avessero bocciato me, avrebbero dovuto bocciare almeno metà della classe. Ma si poteva star certi che chi conseguiva la maturità classica, allora, poi non avrebbe più sbagliato un congiuntivo in vita sua.
Ecco spiegata l’ignoranza contemporanea. L’Italia non solo non è composta di guerrieri, ma è composta di persone così buone, ma così buone, ma così buone, da considerare un brutto voto non una valutazione ma una cattiveria. E infatti, agli esami conclusivi attuali è promosso in media oltre il novanta per cento dei candidati. Todos caballeros.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
20 giugno 2018

LO SPAURACCHIO DI CARTA VELINAultima modifica: 2018-06-20T15:23:27+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “LO SPAURACCHIO DI CARTA VELINA

  1. Mi permetta chiosare con una citazione – a memoria – da un quotidiano, mi spiace ma non ricordo quale, nè l’articolo. Chiedo scusa all’autore.

    Citazione : “In questo mondo incredibile, chi ha studiato trant’anni prima di parlare o scirivere è un arrogante, chi consulta internet per 5 minuti è una persona informata.”

    “Perchè prendere una laurea in medicina se c’è il wi-fi ?” (Dr. House, quello della serie tv)

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