DI MAIO NON È DE GAULLE

Charles De Gaulle era uno spilungone alto due metri e solenne come una candelora. Probabilmente, al ristorante, se avesse dovuto chiedere uno steak-frites, si può mmaginare che avrebbe detto: “Giovinotto, le concedo l’onore di portare come primo, al Padre della Patria, il piatto nazionale di quella stessa nazione il cui onore egli ha salvato dall’ignominia”. Ovviamente il Grand Charles non si sarebbe mai reso ridicolo così, ma non era difficile far ridere il pubblico, con queste caricature.
Viceversa, sarebbe difficile far ridere il pubblico prendendo in giro l’omino di Charlie Chaplin. Il tentativo corrisponderebbe a concorrere con un genio dello humour e perdere, inesorabilmente. Charlot faceva già ridere di suo e, per prendersi gioco del prossimo, bisogna che il prossimo ci faccia il favore di non far ridere tutti prima ancora che li invitiamo a farlo.
Così ho spiegato la mia difficoltà con Luigi Di Maio. Come si può far ridere di lui? Come si può battere la sua propria concorrenza?
Sentite che cosa riporta il “Corriere della Sera”(1), oggi diciotto giugno duemiladiciotto, come scriverebbe un notaio: “Nessuno ha chiesto le dimissioni del ministro Tria ma pretendo che il ministro dell’Economia di un governo del cambiamento trovi i soldi per gli italiani che momentaneamente sono in grande difficoltà. Non possono più aspettare, lo stato non li può più lasciare soli e un ministro serio i soldi li deve trovare”. Testuale.
Rassegnato, mentre si spegne l’eco delle risate di chi questa frase non l’aveva ancora letta, prenderò la cosa “à rebours”. Cioè le farò il contropelo e cercherò di vivisezionarla come se fosse una cosa seria.
Dunque “Nessuno ha chiesto le dimissioni del ministro Tria”. Questa è una dichiarazione importante. Credibile come se Di Maio avesse detto: “Non ho chiesto a nessuno di spararmi”. Infatti anche le pietre sanno che i mercati e gli altri Paesi europei rimangono dubbiosi (non che ci credano, ma almeno rimangono dubbiosi) riguardo alla nostra affidabilità proprio perché c’è il ministro Tria. Chiedere le dimissioni del ministro Tria e, ancor peggio, ottenerle, sarebbe come spararsi sui piedi. Per non parlare d’altro. Dinanzi ad una dichiarazione tracotante come questa, si avrebbe voglia di irridere l’autore: “E oseresti tu, pulce temeraria, chiedere le sue dimissioni?” “Oseresti tu uccidere Caio Mario?”
E tuttavia l’impagabile non si ferma a questo. E infatti prosegue: “pretendo che…” Di Maio pretende che. Se no, a scelta, pesta i piedi e piange oppure prende a frustate il noto economista.
Il verbo pretendere – già di per sé – è da arroganti. Se non da maleducati. Al limite si può comprendere che lo usi chi ha tutti i poteri, incluso quello di punire. Ma se la gazzella dice al leone: “Pretendo che tu mi lasci brucare in pace la mia erba”, bisogna immaginare che per la paura il leone abbia un’improvvisa scarica di diarrea?
E tuttavia forse l’indignazione di Giggino ha qualche fondamento. Infatti non pretende molto. Pretende soltanto che il ministro trovi i soldi. E qui si vede ancora una volta che una delle caratteristiche dell’invecchiamento è il danneggiamento della memoria a breve termine. Ma benedetto uomo, dove li ha messi, i soldi? Perché non se lo ricorda? E perché non s’è annotato dove li metteva, per non fare questa cattiva figura, con Di Maio?
Il giovane ministro del lavoro è in buona fede. Non avendo mai seriamente lavorato, non sa che i soldi non “si trovano”, si guadagnano. Oppure si rubano. Ma lui, da quel bravo ragazzo che è (“Onestà! Onesta!”) non ha neppure questa risorsa. Comunque il problema è superato dal fatto che i soldi ci sono. Basta trovarli. Io per cominciare guarderei sotto il materasso. Se Tria non riesce a farli saltare fuori, è perché non è un ministro serio. Serio come Di Maio, Toninelli e la dottoressa in medicina Gentili, quella che reputa i vaccini un optional.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

18 settembre 2018
(1)https://www.corriere.it/politica/18_settembre_18/di-maio-tria-deve-trovare-risorse-mai-chiesto-sue-dimissioni-c224d308-bb51-11e8-bdaa-50b21d428469_print.html

DI MAIO NON È DE GAULLEultima modifica: 2018-09-18T21:22:29+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “DI MAIO NON È DE GAULLE

  1. In campagna elettorale Giggino Magliaro prometteva al primo consiglio dei ministri del governo pentastellato il varo di un decreto legge che avrebbe:
    – dimezzato lo stipendio ai parlamentari, abolito i vitalizi e tagliato 30 miliardi di sprechi e privilegi per ridistribuirli alle famiglie che fanno figli, a chi perde il lavoro e ai pensionati. Questo il video :
    https://www.youtube.com/watch?time_continue=32&v=FJzG_uWGJRI
    Di dimezzare lo stipendio ai parlamentari nessuno parla più, i vitaliazi non sono stati aboliti ma solo ricalcolati e i 30 miliardi di sprechi e privilegi che il magliaro a 5S diceva di aver trovato dove sono andati a finire ? Perché non glielo dice lui a Tria dove sono i 30 miliardi di sprechi e privilegi ?.
    Purtroppo abbiamo una massa di giornalisti pusillanimi e incompetenti che al magliaro di Pomigliano si guardano bene di fare certe domande.

  2. Stamane al “Ruggito del Coniglio”, su radio 2, hanno fornito tre possibili soluzioni:
    1 – Requisire tutte le scatole di Monopoli degli italiani per prelevare il denaro.
    2 – Vendere la Valle D’Aosta al Kuwait (“ma ci devono far ridere”, hanno aggiunto)
    3 – Recitare in maniera cadenzata e reiterata le seguenti parole: “Sim Sala Bim”

    Tant’è, non credo si possa aggiungere altro.
    Che Luigino se ne faccia una ragione.

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