DI MAIO CONTROVENTO


Non si smetterebbe mai di parlare dell’attuale momento politico. Ovviamente si teme di annoiare il prossimo, ma la tentazione di capire e commentare ciò che avviene sotto i nostri occhi è irresistibile. Mentre in passato il passaggio da un governo all’altro rappresentava soltanto un leggero mutamento di rotta, in linea con le diverse ideologie, oggi sembra che non si tratti di idee politiche, ma di una sorta di gioco di società: “Che avverrebbe se chi va al governo non avesse idee politiche ed economiche? O se quelle che dicesse di avere non andassero oltre gli svogliati discorsi che si possono fare e sentire dal barbiere?”
Non è esperimento da poco. Fra l’altro è emozionante come sapere che, su questa stretta e sinuosa strada di montagna, il conducente dell’autobus è completamente ubriaco e noi non possiamo nemmeno scendere.
Dunque sì, chi vuole ancora una volta parlare di uno sbarbatello come Di Maio, deve chiedere perdono, ma ha qualche buona ragione, dalla sua. In particolare la coscienza che, forse, possiamo farlo per l’ultima volta con la serenità di chi può ancora sperare che il peggio non si verifichi. Poi, se invece questo peggio fossimo costretti a fronteggiarlo, avremo altro cui pensare. Non perderemmo certo il nostro tempo a commentare le gesta di certi personaggetti, come direbbe Vincenzo De Luca.
Non ho una grande stima di Luigi Di Maio e non mi sono mai privato di dirlo. Cosicché le sue attuali difficoltà non mi stupiscono. Al con­trario sarei sorpreso se avesse successo, con le sue fantasiose pro­messe elettorali. E tuttavia, invece di avere la ben nota soddisfazione intellet­tuale (“Lo dicevo io!”) mi si stringe il cuore. Perché quel giovanotto non è soltanto sé stesso: è il rappresentante esemplare di una stagione della vita, la gioventù; di un atteggiamento, la speranza; di un mito, il successo della volontà. E la sua progressiva, inesorabile sconfitta, è la vittoria dei numeri, della prosa, della realtà.
Intendiamoci, chi sfida la realtà ed è sconfitto, non ha il diritto di lamentarsi. Ma i desideri, i sogni, la fantasia non considerano tanto ciò che si me­rita, quanto ciò che si desidera. Quanto varrebbero, per i bam­bini, le favole dei Grimm, se il magico, l’imprevisto, perfino il miracolo, non si incontrassero ad ogni passo? Dunque il personaggio Di Maio può essere visto in due modi: con la severità che merita un bambino che ha avuto la pretesa di giocare da pari a pari con i grandi, e la tenerezza nei confronti di chi ancora non è stato ammaestrato dall’esperienza. Qualcuno che questa esperienza non l’ha sofferta, non l’ha digerita e insomma crede che il semplice dire “voglio” abbia il potere di cambiare le cose.
Il Vangelo – mi disse una volta un intellettuale francese – è “una bella favola”. Ma se ne può estrapolare un serio principio: se non si conserva un cuore “nuovo” come quello dei bambini, non si può accedere né al Regno dei Cieli né al Cielo dell’Arte. Ecco perché, di fronte alle mattane verbali di Di Maio e alla sua mancanza di rispetto nei confronti della realtà, si è assaliti da quelli che i tedeschi chiamano “gemischte Gefühle”, sentimenti mescolati.
Certamente aveva ragione Rabelais quando guardava con compatimento ai ragazzi che ancora “pisciano controvento”. Ma come mantenere la stessa benevolenza nei confronti di uno che, all’età in cui i suoi coetanei cominciano gli anni di “fuori corso”, all’università, voleva ad ogni costo divenire Presidente del Consiglio dei Ministri? E questo soltanto perché un comico l’aveva designato per quel posto? Ma questo giovane è impermeabile ai dubbi. Infatti non si accorge che, malgrado le sue quotidiane sparate, lo spread non aumenta, come ha notato un acuto giornalista (Pietro Senaldi, su Libero di oggi), e ciò dimostra che i mercati non lo prendono sul serio. Cosa che meriterebbe pure qualche riflessione. Non si può affermare, solennemente e seriamente, come ha fatto oggi, che si intende fare “Una manovra per il popolo, non per i potenti”, quando si tratta di caricare ulteriori debiti sul groppone degli italiani attuali e dei loro figli e nipoti. Mentre i potenti, che magari già hanno i capitali all’estero, vedranno ancora serenamente splendere il sole dei tropici.
Bisogna stimare chi a ottant’anni mantiene un cuore sensibile alla grande musica, alla poesia e perfino al sogno, ma si avrebbe voglia di tornare alla ferula di romana memoria per rimettere al suo posto un giovincello che pecca gravemente contro l’umiltà. Infatti c’è un famoso proverbio inglese che sintetizza così questo fenomeno: “Gli sciocchi si precipitano là dove gli angeli non osano camminare”. E se è vero che “asini e bambini, Dio li aiuta”, non bisogna pretendere troppo, se si è asini o bambini. Fra le cose meno probabili, per esempio, c’è la possibilità di realizzare grandi e costosi progetti senza denaro.
Gianni Pardo

DI MAIO CONTROVENTOultima modifica: 2018-09-27T18:08:41+02:00da gianni.pardo
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