WE AGREE TO DISAGREE

Una delle massime caratteristiche dell’essere umano è il linguaggio. È il linguaggio che ci ha permesso di scambiare esperienze ed ha consentito il nostro straordinario sviluppo mentale. È inoltre un giocattolo che non stanca mai, al punto che a volte lo usiamo senza necessità, per il puro piacere di comunicare le nostre idee. Purtroppo in questo gioco si creano delle difficoltà. La tendenza a parlare molto senza ascoltare gli altri. La tendenza ad interrompere. Il brutto vizio di parlare due o tre insieme. E a volte la rissa finale: nell’epoca contemporanea la cortesia, come la cravatta, sta rapidamente passando di moda.
Il fatto è che qualunque discussione è inquinata da un “taciuto” di fondo. Mentre si parla ognuno pensa: “Io ho ragione e tu hai torto. Forse non sei né sufficientemente informato né sufficientemente intelligente”. Ecco perché la prima regola da tenere presente, per la discussione, è la buona educazione. Soltanto le buone maniere possono mettere sufficientemente in ombra quel “taciuto” e impedire che la conversazione volga al peggio.
Al di là di questa regola fondamentale ce ne sono altre che, una volta chiarite, possono rendere questo sport meno pericoloso. La prima è la chiara distinzione della natura di ciò che si discute. Se si parla di un classico del cinema o della letteratura, e i pareri sono opposti, il massimo che si possa ottenere è che l’altro ascolti il nostro parere, ma sperare che cambi opinione è una chimera. Chi a suo tempo è rimasto incantato, e magari ha pianto, assistendo al film “La vita è meravigliosa”, di Frank Capra, non si piegherà mai al parere del critico illustre che, per ipotesi, tenti di dimostrargli che quella è soltanto una favola per bambini e un film ruffiano. Questo genere di discussione è del tutto inutile. Già i romani avvertivano: “de gustibus non est disputandum”. In questi casi la discussione può essere soltanto informativa – per sapere come la pensa l’uno e come la pensa l’altro – non certo per stabilire se oggettivamente il film valga o no. Se la conversazione tende a prolungarsi, bisogna tentare di fermarla col detto inglese: “we agree to disagree”, siamo d’accordo che non siamo d’accordo.
Altri argomenti che è inutile discutere sono quelli che dipendono da parametri diversi. Se uno ha come parametro fondamentale il merito e un altro l’etica, è inutile che discutano del quantum di sussidio da dare al disoccupato. Non potranno mai mettersi d’accordo perché partono da premesse opposte, e per farlo dovrebbero rivoluzionare le loro convinzioni più profonde, quelle che affondano le radici persino oltre la razionalità. In questo caso, we agree to disagree e buonanotte.
Altro argomento che è inutile discutere è quello su cui uno dei partecipanti ha un interesse personale. L’essere molto ricchi (in particolare per proprio merito) o l’essere molto poveri (in particolare senza propria colpa) sono cose che influenzano troppo il punto di vista politico perché la discussione possa essere costruttiva. Per la stessa ragione è inutile che i professori cerchino di convincere i genitori che i figli hanno meritato un brutto voto. Nemmeno esibendo un compito brulicante di freghi rossi e blu. “I figli so’ piezze ‘e core” e in questi casi tutti hanno la sensazione di agire in condizioni di legittima difesa.
Altra categoria di discussione da non affrontare è quella con qualcuno che è palesemente disinformato, arrogante e cretino. Questo genere di persona, sotterraneamente cosciente dei propri limiti, si chiude nel bunker dei propri pregiudizi e considererebbe ogni cedimento un’ammissione di inferiorità. Dunque non si arrenderà mai. Discutendo con lui la persona intelligente rischia di perdere perché non riuscirà mai a fargli concorrenza in materia di argomenti sciocchi. Se vi sentite una squadra di serie A, non giocate mai con una squadra della serie Promozione. Soprattutto se non c’è un arbitro.
Dopo quanto si è detto, qualcuno si chiederà se abbia ancora senso discutere, ed eventualmente con chi e di cosa. Per gli argomenti, si possono affrontare quelli per i quali valgono dati obiettivi e dimostrabili. Mentre bisogna soltanto segnalare e lasciar subito perdere le posizioni opinabili: we agree to disagree. Poi, se discutiamo con una persona seria e informata, c’è caso che otteniamo dati che ci mancavano o veniamo a conoscere punti di vista nuovi. Insomma, che riceviamo qualche lezione. Ma naturalmente perché questo miracolo si verifichi è necessario non soltanto che il docente sia eccezionale, ma sia eccezionale anche il discente. Qualcuno che ha un tale coraggio della verità, da essere più lieto di saperne di più che di avere ragione.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
19 ottobre 2018

WE AGREE TO DISAGREEultima modifica: 2018-10-19T08:39:30+02:00da gianni.pardo
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6 pensieri su “WE AGREE TO DISAGREE

  1. Diceva Popper: “Io sono il primo a rallergrami se qualcuno mi dimostra che ho torto.” Ha così imparato qualcosa. Ma quanti affrontano una discussione con questo spirito? In genere si vuole mettere k.o. l’interlocutore.

  2. Dice il saggio:
    “Il senso critico è la capacità intellettuale di rilevare contraddizioni o assurdità nelle affermazioni altrui, nei fatti narrati e nelle teorie.”

    Supponiamo per ipotesi, per ipotesi, che uno a caso, uno a caso, affermi: “Io credo nel merito! Reddito di cittadinanza NO! Pensione retributiva SÌ!”

    Che faremmo in quel caso ipotetico?
    Cosa dicono le regole del linguaggio?

  3. “Capisco il suo punto di vista”. Ad essere generosi si potrebbe anche aggiungere: “Personalmente potrei anche essere d’accordo. E questo significherebbe soltanto che siamo già due a pensarla così”.

  4. x Dosa: ecco, porre le questioni in quel modo, così semplicisticamente banale, ammiccando, è proprio tipico degli “analfabeti funzionali”, per i quali non valgono argomenti, ma preconcetti.

  5. Roberto, evitiamo di essere taglienti.
    Io non so se Dosa volesse sfottere me (non ci avevo pensato) ma se ci avessi pensato gli avrei lo stesso risposto come gli ho risposto. Cioè seriamente.
    Forse – come mi ha detto una volta una signora – io ho “un io che non passa dalla porta”, talmente è grande. È un difetto, ovviamente. Ma offre il vantaggio che rende non suscettibili.

  6. Già che ci sono mi permetto di evidenziare che Roberto S. non si è limitato a scrivere “x Dosa: capisco il suo punto di vista”

    Ad ogni modo,

    “non so se Dosa volesse sfottere me (non ci avevo pensato)”

    non volevo sfottere, ha visto giusto.
    Apprezzo abbia risposto seriamente.

    “se discutiamo con una persona seria e informata, c’è caso che otteniamo dati che ci mancavano o veniamo a conoscere punti di vista nuovi”

    Resta da capire che cosa possa spingere una persona seria e informata e che dispone dei dati ad andare nei commenti del blog di un tizio (che neanche conosce) per mettersi a discutere con il suddetto tizio a cui, tra l’altro, mancavano persino i dati.
    (escludendo che sia spinta dal denaro, ovviamente)

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