ANCORA A PROPOSITO DEI DEBITI

Rispetto al problema di chi pagherà di debiti del mondo, un amico mi ha posto interessanti interrogativi. Che lezione trarre, moralmente, da una situazione in cui chi si è comportato male, prima della catastrofe, se l’è almeno goduta, e chi si è comportato bene, prima, non per questo starà meno male degli altri? Qui la risposta è semplice. Non soltanto non sempre la vita è giusta, ma nessuno ci ha mai promesso che lo sarebbe stata. Inoltre, se al prodigo a volte va bene e al prudente va male, ancor più spesso avviene l’inverso.
E che giudizio dare degli Stati che si sono comportati come il figliol prodigo, spendendo soldi che sanno di non poter mai restituire? mi chiedeva. Semplicemente – rispondevo – osservando che gli Stati sono un’astrazione. E in concreto quelli che si sono comportati da delinquenti, indebitando l’erario fino alla catastrofica situazione attuale, sono esseri umani che lo hanno fatto per interessi politici ed elettorali. La democrazia guarda al breve, non al lungo termine. E nel breve termine gli Stati opportunisti, imbroglioni e scialacquatori sono sommersi dagli applausi, mentre gli Stati che risanano i conti sono spesso visti come nemici del popolo. Basti vedere in che termini oggi si parla della Legge Fornero.
Ma soprattutto, scriveva il mio amico, come possiamo dir male di questo genere di spesa, se tutti gli “esperti” (le virgolette sono sue) dicono che non c’è crescita senza indebitamento? E questo vale anche e soprattutto per gli imprenditori. A quanto dicono, senza credito (e corrispondente debito) non ci sarebbe progresso economico. Io contesto tutte queste affermazioni.
A mio parere, che non ci possa essere crescita senza indebitamento è un pregiudizio di coloro che, stravolgendo Keynes e le sue teorie, applaudono gli Stati che distribuiscono regali per vincere le elezioni. Basti vedere che ci sono Paesi, come la Svizzera, praticamente senza debito pubblico, e che tuttavia non hanno le pezze sul sedere.
Né il principio vale per l’economia privata. Non è vero che “Gli imprenditori devono indebitarsi, se vogliono la crescita”. Ma per confutare queste affermazioni dobbiamo metterci comodi.
Se un’impresa è florida ed ha raggiunto le dimensioni ottimali, non si vede perché dovrebbe crescere ulteriormente. Conosciamo tutti la favola della rana che voleva divenire grande come il bue. Quella dell’indefinita espansione sembra il sogno di un workaholic maniaco del successo. Prima che la distruggessero, la Fiat è stata per anni la più grande industria italiana, più o meno sempre con le stesse dimensioni, e se la cavava benissimo.
Ma vediamo se è tecnicamente vero che in tanto ci si può espandere, in quanto si facciano dei debiti. Immaginiamo che una grande industria abbia un fatturato x e pensi di poterlo radoppiare con nuovi macchinari. Per poterli comprare contrae un debito con una banca, ottiene il denaro, compra le macchine, e comincia a rimborsare il debito in tre anni. Questo è lo schema che dicono normale.
Purtroppo non sempre va tutto bene. Il mercato per esempio potrebbe cambiare e l’aumentata produzione potrebbe rivelarsi più uno svantaggio che un vantaggio. Fino alle più drammatiche conseguenze economiche.
Ipotizziamo invece un altro schema. Un imprenditore non contrae nessun debito, comincia a mettere da parte ogni anno una parte del profitto, e tre anni dopo, quando avrà raccolto l’intera somma necessaria, comprerà i macchinari. Quale sarebbe la differenza?
In primo luogo, comprerebbe i macchinari quando ha il denaro per comprarli e dunque, o farà un affare, se potrà incrementare il fatturato, o non farà un affare, ma non fallirà, se il mercato diverrà sfavorevole. Lui al massimo avrà qualche macchinario in più del necessario mentre quello che ha contratto debiti potrebbe fallire.
Inoltre, chi contrae un debito paga degli interessi su quel debito mentre chi accumula denaro in vista della spesa, fino al momento del pagamento incasserà degli interessi sul proprio denaro investito in Borsa.
In conclusione, chi fa debiti per la crescita vuole semplicemente anticipare il momento della crescita, e stima questa crescita talmente conveniente, da potersi caricare la spesa per gli interessi . Ma se sbaglia la previsione? Viceversa, chi aspetta di avere i soldi per l’investimento, ritarda il momento della crescita, ma attua l’operazione a ragion veduta e senza rischi.
Dunque l’indebitamento non è un’imprescindibile necessità: è soltanto una scelta imprenditoriale, in base alla quale accollarsi o no un rischio. In generale, l’uomo prudente preferisce avere i soldi prima di spenderli.
A questo punto qualcuno dice che per l’imprenditore è praticamente impossibile accantonare le somme per i nuovi acquisti. Bella obiezione. E se non può accantonarle prima, come mai potrebbe pagarle dopo, per rimborsare il debito? Chiaramente, si tratta di pregiudizi.
Ecco perché anche i famosi “investimenti pubblici”, per rilanciare l’economia, sono spesso una costosa chimera. La spesa è certa, il rilancio no. E poiché lo Stato è un pessimo imprenditore, l’unica speranza del galantuomo è che esso non prentenda di riuscire là dove non sono riusciti i privati. Perché diversamente provocherà, come in Italia, spese improduttive e un debito pubblico mostruoso.
La politica di non spendere il denaro che non si ha è quella della Svizzera, la quale non soltanto ha un debito pubblico risibile ma, l’anno scorso, ha avuto un superavit del bilancio pubblico di molto superiore al previsto. Ci si aspettava un surplus di 0,3 miliardi di franchi e si è avuto un surplus di 2,9 miliardi. Mentre per il 2019 è previsto un surplus di 1,3 miliardi. È permesso a un Bertoldo come chi scrive preferire il piatto buon senso dei filistei svizzeri alla brillantezza economica italiana?
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
4 marzo 2019

ANCORA A PROPOSITO DEI DEBITIultima modifica: 2019-03-04T07:58:55+01:00da gianni.pardo
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