IL GOVERNO – MA NON L’ATTUALE – È IL PROBLEMA

La fragilità dell’attuale maggioranza è evidente e la prognosi più frequente è che l’esecutivo durerà fino alle elezioni europee di maggio. Tanto che ci si chiede soprattutto quale partito gli “staccherà la spina”. E tuttavia è possibile che la questione sia più futile di quanto non sembri. Il problema non è tanto quello di sapere quando questo governo cadrà, quanto quello di capire quale governo accetterebbe di subentrargli. Infatti la situazione appare disperata. Da ogni nuovo esecutivo il popolo si aspetta dei miracoli – di solito annunciati nel discorso col quale si chiede la fiducia – e invece, nel nostro caso, il miracolo sarebbe quello di non affondare.
Dopo anni ed anni di rinvii, di polvere sotto il tappeto, di escamotage e di “clausole di salvaguardia”, non abbiamo più vie di scampo: l’economia del Paese boccheggia e per la “finanziaria” del 2020 sono necessari molti miliardi che non abbiamo. Non soltanto è inutile che il popolo speri in chissà quali regali, ma la grande impresa sarà quella di attuare i provvedimenti richiesti per mantenere fede agli impegni ed evitare che le Borse ci facciano dichiarare fallimento.
Ma quanti italiani capiscono queste necessità? Se farà il necessario, il governo in carica a dicembre sarà odiato e mandato al più presto a casa. Se invece non riuscirà ad evitare il fallimento dell’Italia, sarà ovviamente stramaledetto. Quale persona ragionevole accetterebbe un simile incarico, col rischio di essere considerato il becchino della patria? Quando Tajani e lo stesso Berlusconi pregano Salvini di “staccare la spina” al più presto a questo governo bisogna sperare, per la loro salute mentale, che stiano mentendo. Noi non siamo inglesi. Se un Churchill nostrano ci promettesse “lacrime e sangue” noi l’inseguiremmo coi forconi. “Chi l’ha detto che questo Hitler sia veramente il satanasso che descrive lui? Meglio la resa”.
Nella primavera del 2018 Matteo Renzi ha avuto ragione. Era evidente che il Paese aveva bisogno dell’opposto di un governo dei Cinque Stelle. E poiché per un tale governo non c’erano i numeri, non era intelligente associarsi ad un’impresa che si sapeva votata al fallimento. Magari, assistendo allo spettacolo, non si sarebbero sgranocchiati popcorn, come al circo, ma il buon senso voleva che si lasciasse a questi nuovi barbari l’intera responsabilità del risultato.
Oggi i giornali e la politica si occupano d’altro, ma è come raccontare barzellette durante la veglia del cadavere. Il disastro è sotto gli occhi di tutti i competenti. Ne danno prova i dati economici, lo stato dei rapporti internazionali, e i risultati delle “amministrative” che certificano la montante delusione degli stessi “grillini”. L’unica cosa di cui gli italiani sono contenti è la fine della manfrina buonista secondo cui non c’era modo di opporsi all’immigrazione incontrollata. Ma una rondine non fa primavera. Soprattutto non dà lavoro ai disoccupati, e non rilancia l’economia. A fine 2018 la procedura d’infrazione fu evitata per un pelo, ed ora che le condizioni economiche obiettive sono notevolmente peggiorate come si confezionerà una legge di stabilità? La volta scorsa l’Europa è intervenuta a frenare gli slanci inflazionistici dell’Italia ma la prossima volta non si tratterà di frenare nuove concessioni, si tratterà di stringere la cinghia fino all’asfissia soltanto per pagare il conto degli impegni assunti. E per evitare (se ci riusciremo) soluzioni rovinose come un pesante aumento dell’Iva. Chi accetterebbe di tenere la barra, con un simile programma?
Né si può ipotizzare una “soluzione Monti”. Quel governo, che pure permise all’Italia di superare un difficile momento, è oggi universalmente esecrato. Dunque, a parte il fatto che probabilmente non troverebbe i voti necessari, qualunque politico al quale si proponesse di formare un governo di salute pubblica avrebbe il diritto di rispondere: “Per farmi sputare addosso da tutti? Che i “veri amici del popolo” diano la prova delle loro capacità”.
Ecco perché i problemi attuali sembrano futili. Quelli importanti ricadranno sul governo in carica in novembre e dicembre. Gli allegri governanti di oggi hanno aggravato, piuttosto che tentato di risolvere, i problemi dell’Italia. Hanno seguito l’esempio di Luigi XV: “Après moi le déluge”. E allora perché non dovrebbe piovere su di loro, piuttosto che su altri?
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
27 marzo 2019

IL GOVERNO – MA NON L’ATTUALE – È IL PROBLEMAultima modifica: 2019-03-27T10:44:12+01:00da gianni.pardo
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