CONTE RUGGISCE, MA FORSE PER FINTA

“Servono chiarimenti o rimetterò il mandato”. Queste sono le parole che il Corriere della Sera mette in bocca a Giuseppe Conte, nella conferenza stampa di oggi pomeriggio. Premetto che non ho ascoltato il discorso perché, senza offesa, il personaggio mi risulta indigeribile. Aggiungo pure chenon mi fido delle virgolette dei giornali. Ma stavolta, a leggere il resoconto di Paolo Decrestina (che riporto sotto) devo riconoscere che quel titolo risponde alla sostanza di ciò che Conte ha detto, anzi la edulcora. E tuttavia rimango del mio parere: meglio avrebbe fatto a star zitto. Se ho notoriamente una pistola scarica e me ne sto buono in un angolo, nessuno mi noterà. Ma se provo a minacciare gli altri, mi espongo inutilmente al ridicolo.
Giuseppe Conte deve rassegnarsi al fatto che la sua carica è fittizia. Dal momento che è arrivato a quel posto “per grazia ricevuta”, e non per forza propria, è lui che deve obbedienza ai suoi danti causa, e non il contrario. Non sono loro che devono rendere conto a lui, è lui che deve rendere conto a loro. E, proprio a causa di questi presupposti, alle sue parole si possono dare soltanto tre interpretazioni.
In primo luogo, potrebbe aver ricevuto il mandato di fare un grande favore a coloro che l’hanno nominato. Lui fa finta di esigere impegni e chiarimenti; i due Vice glieli danno; lui fa finta di esserne insoddisfatto, si dimette e cade il governo. Il senso della cosa sarebbe che tutti e due i Vice (o magari il solo Salvini) gli hanno detto che vogliono interrompere la legislatura e sarebbero lieti di farlo cadere senza tentare di addossare all’altro partner la responsabilità della cosa. Per non avvelenare l’aria più di quanto sia già avvelenata, e forse per non danneggiarsi tutti e due. Conte invece questo risultato può ottenerlo senza correre nessun rischio ed anzi facendo per una volta la figura di uomo forte.
In secondo luogo, Conte potrebbe essersi montato la testa e dirsi che, se pure è vero che non ha nessun autonomo potere, ha almeno quello di dimettersi. E questa è una potente arma di ricatto. Ma per quanto potente essa possa essere, non lo è abbastanza per modificare seriamente il comportamento di uno o di tutti e due i massimi azionisti del governo. Se essi non vogliono farlo cadere potrebbero fornire al Presidente del Consiglio una serie di volenterose bugie e a lui non rimarrebbe che far finta di crederci. Se viceversa avessero in mente la prima ipotesi, potrebbero approfittare dell’occasione per mandarlo al diavolo, obbligarlo a dimettersi, e togliersi il problema del casus belli per andare a nuove elezioni.
Rimane infine l’ipotesi – vagamente psicopatologica – che Conte non si sia affatto consultato con loro e abbia deciso di fargli questo maxi-dispetto. Cioè di mandarli a casa, lui che non era (e non è) nessuno. Ma questa ipotesi è la meno verosimile. In primo luogo, sarebbe un atto di slealtà – o addirittura di tradimento – considerando l’onore che gli è stato fatto, pressoché gratuitamente. La stizza per essere stato considerato una sorta di burattino (come detto ad alta voce nell’assemblea di Bruxelles) non è una scusante, perché quando ha accettato l’incarico sapeva benissimo in quale condizione si metteva. D’altro canto, chi gli dice che il suo maxi-dispetto, per quanto imprevisto, non sia accolto dagli interessati come un’ottima occasione per risolvere una situazione imbrogliata?
La verità è che ci sono situazioni in cui non bisognerebbe mai cacciarsi perché non c’è modo di uscirne bene. Se la legislatura continuerà, si penserà che il suo è stato il ruggito del topo. Se si fermerà, si dirà che lui ha fatto finta di chiedere chiarimenti, mentre in realtà ha obbedito all’ordine di far cadere il governo. Se infine ci si convincesse che il suo è stato un fallo di reazione del tutto ingiustificato, l’Italia lo giudicherebbe malissimo, come uno che ha fatto fallire l’impresa per cui lavora soltanto perché al mattino gli hanno fatto trovare il posacenere sporco.
Lo dicevo io che la cosa migliore che Conte avrebbe potuto fare, oggi, come in tutti gli altri giorni, era tenere la bocca chiusa.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
Comunque, in calce, ciò che riferisce il Corriere della Sera.
https://www.corriere.it/politica/19_giugno_03/governo-conte-non-vivacchio-o-si-avanti-o-rimetto-mandato-salvini-maio-dicano-se-continuare-0813f6b4-8618-11e9-a409-fe3481384c64.shtml#
Governo, Conte: «Non vivacchio, o si va avanti o rimetto il mandato. Salvini e Di Maio dicano se continuare»
Il premier parla nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi: «Chiedo alle forze politiche una risposta chiara, inequivoca e rapida. Il Paese non può attendere». La replica del vice premier leghista: «Vogliamo andare avanti»
Paolo Decrestina 
Ultimatum. Senza dubbio un ultimatum. Senza perifrasi, senza termini masticati tra il politico e il giuridico: «Non vivacchio, o si va avanti o rimetto il mandato». E questo aut aut è diretto alle forze politiche che sostengono il suo governo, o ancora meglio ai suoi leader: «Chiedo una risposta chiara, inequivoca e rapida. Il Paese non può attendere».
La conferenza
Il premier Giuseppe Conte parla da Palazzo Chigi, nel corso dell’attesa conferenza stampa organizzata nel tardo pomeriggio, a mercati chiusi. Conte rivendica l’azione del suo governo, un governo che sarà «del cambiamento fino all’ultima ora» della sua sopravvivenza, anche se non «posso sapere quanto durerà, visto che non dipende solo da me». Ricorda il giorno del suo giuramento davanti al Capo dello Stato, rivendica i provvedimenti intrapresi, da attuare e sorvegliare, ma ammette anche di aver «sottovalutato» gli effetti sull’esecutivo di questa perenne e lacerante campagna elettorale. «Personalmente resto disponibile a lavorare nella massima determinazione di un percorso di cambiamento. Ma non posso compiere questa scelta da solo. Le due forze politiche devono essere consapevoli del loro compito. Se ciò non dovesse esserci non mi presterò a vivacchiare per prolungare la mia presenza a palazzo Chigi. Molto semplicemente rimetterò il mio mandato».Salvini: «La lega c’è’»
E mentre il premier è ancora davanti ai giornalisti, il suo vice Matteo Salvini già commenta su Facebook le sue parole. «Noi non abbiamo mai smesso di lavorare, evitando di rispondere a polemiche e anche insulti, e gli Italiani ce lo hanno riconosciuto con 9 milioni di voti domenica». Non solo: «Noi siamo pronti, vogliamo andare avanti e non abbiamo tempo da perdere, la Lega c’è».
La leale collaborazione
Secondo Conte i provvedimenti che il governo deve mettere in campo «richiedono visione, coraggio, tempo, impongono di uscire dalla dimensione della campagna elettorale e entrare in una visione strategica e lungimirante, diversa dal collezionare like nella moderna agorà digitale». Il presidente del consiglio parla più volte di «leale collaborazione», e cioè che «ciascun ministro si concentri sulla propria materia senza prevaricare su scelte che non gli competono suscettibili di compromettere in prospettiva la credibilità dell’intero esecutivo». Leale collaborazione significa che «se ci sono questioni politiche lo si dice rispettando la grammatica istituzionale, parlando in modo chiaro e non lanciare messaggi ambigui sui giornali». Leale collaborazione vuol dire che «se il ministro dell’Economia e il presidente del consiglio dialogano con l’Ue per evitare una procedura d’infrazione che ci farebbe molto male, le forze politiche non intervengono ad alterare quel dialogo riducendo quella trattativa a terreno di provocazione».
Ancora clima acceso
Da palazzo Chigi si è perfettamente consapevoli che il clima elettorale non si è ancora spento, ed è un clima «che non giova all’azione di governo». «La Lega ha riscosso un successo significativo e i 5 stelle ne sono usciti penalizzati» dalle europee, spiega Conte. «Trattandosi di una consultazione europea non ha ricadute dirette nella distribuzione delle forze rappresentate nel nostro parlamento, ma le forze politiche sono comunità di donne e uomini e quindi i risultati provocano esaltazione nei vincitori e delusione negli sconfitti».
Un ciclo serrato
L’esperienza di governo ha dovuto convivere con «un ciclo serrato di tornate elettorali e ne ha risentito il clima di coesione delle forze di governo», ricorda Conte che poi ammette: «Io stesso avevo sottovalutato questo aspetto. In particolare il voto delle europee, molto complesso, ha accreditato l’immagine di uno stallo nell’attività di governo: questa è una falsità, il governo ha continuato a lavorare perché è iniziata la fase due, dopo la fase 1. Abbiamo svolto un lavoro di squadra incredibile con i vicepremier, con i ministri e sottosegretari e i parlamentari di maggioranza che anche in contesti delicati hanno operato con grande abnegazione. Anzi, auspico un loro maggiore coinvolgimento in futuro avendo apprezzato la competenza professionale ed esperienza civile».
Le fasi del governo
Dalla fase 1 alla fase 2, e cioè una stagione di riforme: contratti pubblici, codice civile, sostegno alle disabilità con l’ambizione di realizzare una azione semplificatrice del quadro legislativo. «Vogliamo una giustizia sempre più rapida, più vicina ai cittadini», insiste Conte. «Stiamo lavorando per ammodernare il sistema infrastrutturale con ricadute per l’intero indotto e con effetti positivi su tutto il settore», aggiunge. «Il nostro cantiere riformatore è aperto e stiamo lavorando per attuare l’autonomia differenziata e io stesso intendo dare massimo impulso al lavoro in corso, per trasferire competenze alle regioni avendo cura di evitare che il legittimo processo riformatore aggravi il divario tra nord e Sud».
Dalla Ue alla Tav
I temi all’ordine del giorno sono diversi. Prima di tutto la Ue: «La prossima manovra dovrà mantenere un “equilibrio dei conti” perché le regole europee rimangono in vigore finché non riusciremo a cambiarle». Poi la flat tax: «Ragiono di una più complessiva e organica riforma del fisco perché la rimodulazione delle aliquote deve inserirsi in un percorso più complessivo, perseguendo una giustizia tributaria più efficiente, su cui lavoro con il ministro Bonafede. Lavoreremo senz’altro alla flat tax ma c’è una riforma organica del fisco di cui il Paese ha bisogno, che attende da anni», risponde Conte. E infine la Tav: «C’è un contratto di governo. Poi c’è un metodo di lavoro: non ci si sveglia dall’oggi a domani e si dice si fa così. Non è che per mesi si attende l’analisi costi-benefici senza discutere e poi si dice `bisogna farla punto´. Non funziona così», sottolinea molto chiaramente il premier. «Siccome c’è un accordo e delle leggi del Parlamento molto responsabilmente ho parlato con Macron e poi mandato il mio ministro dal ministro francese. Un altro passaggio ci sarà a breve con la Commissione Ue. All’esito di queste conclusioni trarremo le fila. O trovo un’intesa con la Francia e la Commissione europea o il percorso è bello e segnato».
Le opposizioni
Dure le critiche delle opposizioni: «Governo alle prese con il `Gioco del cerino´ tra Conte, Lega e M5S per vedere a chi affibbiare la responsabilità di far cadere il Governo prima di dover affrontare la legge di Bilancio. Lo avevamo purtroppo previsto, quando già nel 2018 denunciavamo che il Governo non sarebbe stato in grado di affrontare la nuova legge di Bilancio per le spese insensate sostenute e per la mancanza di una strategia di crescita economica», commenta il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. «Da Giuseppe Conte ci aspettavamo parole di verità che non ci sono state», sottolinea Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e deputata di Forza Italia. «Ci aspettavamo una assunzione di responsabilità per una economia paralizzata e non c’è stata. Ci aspettavamo che assumesse un approccio da Presidente del Consiglio, quale dovrebbe essere secondo Costituzione, invece continua a sentirsi il mero esecutore di un finto contratto. Conte – conclude – ha rievocato Don Abbondio, i due bravi sappiamo chi sono». Per il segretario del Pd Nicola Zingaretti, invece, è «molto grave» che il presidente Conte abbia detto cose di questa gravità in diretta Facebook e non in parlamento o davanti al presidente della Repubblica. Conte si rechi subito in parlamento a riferire le cose che ha detto», ha aggiunto Zingaretti, «perché gli italiani stanno pagando caro questa situazione con lo spread che oscilla tra 289 e 290 punti. Stiamo bruciando milioni di euro ogni giorno».
Paolo Decrestina

CONTE RUGGISCE, MA FORSE PER FINTAultima modifica: 2019-06-03T21:17:27+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “CONTE RUGGISCE, MA FORSE PER FINTA

  1. Ci mancherebbe, soprattutto se quando chi parla parla per un’ora. Lei comunque ci ha messo un’ora a leggere quelle righe di commento? Se l’ho annoiata, e me ne scuso, certo l’ho fatto per meno tempo.

  2. Il commento di Winston Diaz significa: “Chi è lei per essere tanto altezzoso da non ascoltare il discorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, e chi le fa credere di potersi permettere di commentare un discorso che non ha ascoltato?”
    La domanda sembra appropriata. Ma corrisponde a quest’altra. Mentre sfila il corteo imperiale, e l’imperatore siede in mutande dinanzi alla folla plaudente, si poteva chiedere al bambino: “Chi ti credi di essere, per giudicare gli abiti nuovi dell’imperatore? E se tutti applaudono, con quale presunzione osi dire che l’imperatore è nudo?””
    Mi spiego. Il dogma fondamentale della politica è che le parole stanno a zero e i rapporti di forza sono ciò che conta. Ora, uno che non ha potere può dire quello che vuole (come del resto lo dico io) ma rimane un nessuno. Dunque non avrei mai sprecato un’ora della mia vita per ascoltare la voce di uno che “clamat in deserto”. Posso perfino ammettere che Conte abbia parlato per il bene dell’Italia, se è ingenuo fino a questo punto, ma il suo discorso rimane insignificante, e non perché esso non fosse, o non potesse essere, sensato, semplicemente perché era in ogni caso privo di efficacia. L’unica flebile speranza è che abbia parlato come ha parlato per prendersi (gratis, cioè senza pagare un prezzo) la responsabilità della fine della legislatura. Ma, per come sembra presa, a poco più di dodici ore dal discorso, non succederà nulla. In questo caso si tratterebbe veramente di un’iniziativa di Conte, che si è conclusa come non poteva non concludersi: con un nulla di fatto.
    Ecco come rispondo a Winston Diaz. Non è necessario essere Talleyrand o Metternich per riconoscere un’azione politicamente insulsa.

  3. E l’irrilevanza di Conte si esplicita ancora meglio osservando che sulle future misure economiche si sbracciano Salvini e Di Maio e i loro domestici; tace Conte e, curiosamente, anche Tria.

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