LA SINISTRA NON COMPRENDE IL POPOLO

Un articolo del Wall Street Journal
Una persona ha perso l’elezione contro Donald Trump. Hillary Clinton ha scritto un libro riguardo a questa dolorosa esperienza. “Ciò che è avvenuto”. Una nota dedicata a quei candidati democratici alla Presidenza che lavorano per evitare di ripetere la disfatta della signora Clinton: rileggete il suo capitolo intitolato “Strade di Campagna”.
Perfino i commentatori liberal esprimono qualche allarme riguardo al hara-kiri di massa che il campo democratico ha commesso sul palco del dibattito della settimana scorsa, almeno per gli argomenti riguardanti la sanità e l’immigrazione. Essi ammoniscono sommessamente che 150 milioni di americani hanno l’assicurazione della sanità privata e non accetteranno senza protestare la sua eliminazione. Fanno notare che è possibile che una significativa maggioranza di americani sia simultaneamente a favore di un processo di cittadinanza legale, opponendosi nel contempo alle frontiere aperte.
Tuttavia, ciò che manca in tutte queste parole è la minima menzione dell’altra categoria dell’estremismo ideologico della settimana scorsa, il cambiamento climatico. Del tutto l’opposto. L’élite intellettuale si sta molto lamentando del fatto che i candidati non abbiano avuto più tempo per promettere ai loro spettatori piani radicali per far fronte a questa minaccia “esistenziale”. Questa potrebbe rivelarsi la scommessa più autolesionista dei democratici nel 2020.
Chiedete all’ultima perdente. Molte delle scuse della signora Clinton per la sua sconfirtta sono difficili da prendere sul serio, ma il suo libro dedica un capitolo al commento del suo massimo rimpianto. Nel marzo del 2016, nel municipio dell’Ohio, la signora Clinton si vantò sul palco che la sua amministrazione aveva l’intenzione di “mandare fuori mercato un mucchio di minatori di carbone e imprese del carbone. I repubblicani usarono questo argomento alla grande, e la signora Clinton riconosce che ciò le provocò un immenso danno presso i votanti della classe operaia.
Il candidato Barack Obama disse praticamente la stessa cosa nel 2008, quando promese di “far fallire” l’industria del carbone. Se la cavò perché la politica del cambiamento climatico fu bloccata a Washington, e pochi riconobbero questa minaccia. Al momento in cui arrivò la sig.ra Clinton l’industria e i lavoraori avevano sofferto anni di regolamenti climatici estremamente oppressivi. Trump ha promesso che li avrebbe liberati, ed ha mantenuto la promessa.
Questo rende l’argomento ancora più letale per i democratici, stavolta. Parecchie fasce del Paese ora comprendono la sofferenza economica di un regime di clima, che essi hanno visto applicato da Obama attraverso i suoi decreti regolamentari. Ogni democratico ha promesso che ne avrebbe fatto una priorità, ed essi hanno questo modello di Obama. Trump renderà chiaro che l’elezione di un democratico garantisca un immediato ritorno ad economie rurali in lotta per sopravvivere.
Il Presidente avrà un consenso ancora maggiore quando spiegherà le ineludibili realtà delle proposte in questo campo, la maggior parte delle quali fanno apparire inconcludenti le ambizioni di Obama e di Clinton riguardo al clima. Obama era ostile al carbone, alle pipeline ed a qualche perforazione in alto mare. Ma nello stesso tempo egli ha furbescamemte (se non in silenzio) permesso la rivoluzione dell’estrazione via fracking per favorire ed aiutare a mantenere a galla un’economia in rallentamento. Questi democratici non hanno una simile tolleranza; i loro piani sono assassini spietati dei posti di lavoro.
Elizabeth Warren, per esempio, promette di imporre una moratoria su tutte le nuove perforazioni in mare o in terra sin dal suo primo giorno in carica .- mettendo fuori gioco una notevole percentuale della produzione statunitense di petrolio e gas. Decine di migliaia di posti di lavoro e miliardi di royalty per i governi degli Stati e per quello federale svanirebbero. Bernie Sanders metterebbe al bando tutte le perforazioni offshore, e bandirebbe anche l’energia nucleare. Altri candidati si nascondono dietro appelli alle emissioni “zero assoluto” per certe date, ma l’effetto è lo stesso. Realizzare quegli obiettivi cancellerebbe interi settori: perforazioni, raffinazione, terminali di gas liquido, installazione di pipeline, manifattura e tutto l’indotto che sostiene queste aree
I leader democratici inizialmente ci assicurarono che il New Deal Verde era un (inverosimile) progetto. Ma i piani reali dei candidati rendono chiaro l’impressionamente controllo governativo necessario per far funzionare l’agenda del clima. Perfino Joe Biden la scorsa settimana ha promesso di eliminare tutti i camioncini diesel dei suoi sindacalisti, spiegando che desiderava mezzo milione di stazioncine di ricarica e un “futuro di auto esclusivamente elettriche” nel 2030. Vedete l’effetto che può avere ciò nel Michigan e nella Pennsylvania rurali.
I democratici sono coscienti che tutto ciò è veleno per i votanti della classe operaia che essi hanno bisogno di riconquistare. Ecco perché la maggior parte aggiunge la promessa di investire miliardi per “riqualificare” intere comunità. Ma i proprietari terrieri, i lavoratori delle fattorie e gli allevatori non desiderano essere le cavie dell’esperimento della sinistra verde, e non si fidano dei politici portatori di vaghe promesse per creare lavori “rinnovabili” per loro, un giorno.
Sembra che i democratici allegramente non si rendano conto del risultato politico di questo approccio massimalista, localmente e globalmente. I votanti dello Stato continuano a rigettare le iniziative elettorali per le carbon taxes (tasse sulle emissioni NdT). I “Quiet Australians” (gli Australiani silenziosi) recentemente hanno strigliato gli allarmisti del clima rieleggendo il Primo Ministro conservatore Scott Morrison. La Francia ha speso mesi lottando contro i “gilet gialli”, che protestano per i costi del carburante e le tasse.
I votanti si interessano di immigranti e sanità. Ma l’agenda climatica del 2020 è un diretto assalto alle cose cui tengono di più: il lavoro, la prosperità, l’elettricità e i prezzi della benzina, le scelte individuali. I democratici mettono le mani in queste cose a loro rischio e pericolo politico.
Write to kim@wsj.com. 
Traduzione di Gianni Pardo. Non dispongo di altri dati sull’articolo, che riporto in calce..

Originale
One person has lost an election to Donald Trump.Hillary Clinton wrote a book about that painful experience, “What Happened.” Note to all those Democratic presidential contenders working to avoid repeating Mrs. Clinton’s failure: Review her chapter called “Country Roads.”
Even liberal commentators are expressing some alarm over the mass hara-kiri the Democratic field committed on stage in last week’s debate, at least on the issues of health care and immigration. They are gently warning that 150 million Americans have private health insurance and won’t take kindly to its elimination. They note that it is possible for a significant majority of Americans to be simultaneously in favor of a path to legal citizenship and opposed to open borders.
Yet missing in all these words to the wise is any mention of last week’s other category of ideological extremism: climate change. Quite the opposite. The intellectual elite is griping that the candidates didn’t have more time to wow viewers with their radical plans for tackling this “existential” threat. This may prove the most self-defeating Democratic bet of 2020.
Ask the last loser. Many of Mrs. Clinton’s excuses for her loss are hard to credit, but her book devotes a chapter to the comment she most regrets. At a March 2016 town hall in Ohio, Mrs. Clinton bragged on stage that her administration was “going to put a lot of coal miners and coal companies out of business.” Republicans used this to great effect, and Mrs. Clinton acknowledges it did her huge damage among working-class voters.
Candidate Barack Obama said much the same in 2008, when he vowed to “bankrupt” the coal industry. He got away with it because climate-change policy was gridlocked in Washington, and few recognized his threat. By the time Mrs. Clinton came along, the industry and workers had suffered years of crushing climate regulations. Mr. Trump promised to liberate them, and he has followed through.
Which is what makes the issue even more perilous for Democrats this time. Swaths of the country now understand the economic pain of a climate regime, which they watched Mr. Obama implement through regulatory fiat. Every Democrat has vowed to make it a priority, and they have that Obama blueprint. They don’t need Congress. Mr. Trump will make clear that the election of a Democrat guarantees an immediate return to struggling rural economies.
The president will get even more traction explaining the inescapable realities of this field’s proposals—most of which make Obama-Clinton climate ambitions look meager. Mr. Obama was hostile to coal, pipelines and some offshore drilling. But at the same timely he shrewdly (if quietly) allowed the fracking revolution to thrive and help keep the laggard economy afloat. These Democrats have no such tolerance; their plans are extreme job slayers.
Elizabeth Warren, for instance, promises to impose a moratorium on all new offshore and onshore drilling leases her first day—taking a significant percentage of U.S. oil and gas production offline. Tens of thousands of jobs and billions in royalties for federal and state governments: gone. Bernie Sanders would ban all offshore drilling, and also ban nuclear energy. Other candidates hide behind calls for “net zero” emissions by certain dates, but the effect is the same. Hitting those targets would erase entire sectors—drilling, refining, liquid-natural-gas terminals, pipeline installation, manufacturing and all the industries that support those areas.
Democratic leaders initially assured us the Green New Deal was a (far-fetched) blueprint. But the real candidate plans make clear the awesome government control necessary to make a climate agenda work. Even Joe Biden vowed last week to take away all his union members’ gas- or diesel-powered pickup trucks, explaining he wanted 500,000 charging stations and a “full electric-vehicle future” by 2030. See how that plays in rural Michigan or Pennsylvania.
Democrats are aware this is toxic for the working-class voters they need to win back. That’s why most lead with patronizing promises to invest tens of billions to “retrain” entire communities. But ranchers, farmers, factory workers and wildcatters don’t want to be the guinea pigs of the left’s green experiment, nor do they trust politicians who come bearing vague promises to create “renewable” jobs for them one day.
Democrats seem blithely unaware of the political record of this full-on approach—locally and globally. State voters continue to reject ballot initiatives for carbon taxes. “Quiet Australians” recently rebuked climate alarmists by re-electing conservative Prime Minister Scott Morrison. France has spent months wrestling with the “yellow vests,” who protest fuel costs and taxes.
Voters care about immigration and health care. But the 2020 climate agenda is a direct assault on the things they prize most—jobs, prosperity, electricity and gasoline prices, individual choice. Democrats go there at their political peril.
Write to kim@wsj.com.

LA SINISTRA NON COMPRENDE IL POPOLOultima modifica: 2019-07-06T10:20:48+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “LA SINISTRA NON COMPRENDE IL POPOLO

  1. Ricossa avrebbe annoverato questi democratici USA tra i “perfettisti utopici”. Propongono un futuro “paradiso” da conseguire con tutti i mezzi, scardinando con decisione tutte le “imperfezioni” del mondo attuale; alla fine, si troverà finalmente la felicità e l’equilibrio.
    Le “basi teoriche” sono corrette. In effetti, proseguire nell’uso indefinito di combustibili fossili è stupido “in sé”: distruggi in un attimo, bruciandolo, ciò che la natura ha prodotto in alcuni milioni di anni e in quantità per definizione limitata. In più, produci dei “veleni” che intossicano l’atmosfera e determinano un peggioramento climatico (possiamo discutere in che percentuale, ma il meccanismo è accertato) “per i nostri figli”. La salvezza del “bene comune” impone quindi dei sacrifici, oggi; e chi non lo capisce “è un ignorante e forse anche un traditore dell’Umanità”.
    Peccato che per raggiungere quel “paradiso” occorre essere in tanti, anzi in tutti, sulla Terra, a fare sacrifici. E quei sacrifici hanno impatti diversi sui singoli terrestri; il milionario non ha problemi nel costruire attorno a sé un ambiente “ecologicamente profumato” attraverso acquisti e stili di vita mirati. Chi viene coinvolto e colpito da quei “sacrifici” non riesce a vedere quel “paradiso” lontano (ancora indefinito) che eviterà un probabile “inferno” altrettanto lontano, mentre percepisce bene invece l’ “inferno” prossimo, immediato, che gli viene disegnato con grande decisione e chiarezza. E solo per lui, perché il resto del mondo andrà per la strada solita! Ma tra paradiso e inferno non esiste una via di mezzo, che senza escludere il primo consenta di approdarvi senza la certezza della decimazione durante il tragitto?
    E’ per questo che Trump, con tutti i difetti che conosciamo, sicuramente vincerà: è rassicurante e non spaventa. E pazienza per gli aristocratici idealisti/utopisti/perfettisti.
    (Questo, interpretando il sottotesto dell’articolo; è da vedere però se effettivamente in USA è questa l’aria che tira).

  2. È assolutamente vero che i combustibili fossili inquinano e sono in quantità limitata. Nel senso che quando finiranno finiranno. Ma non bisogna dimenticare che, se un giorno realizzeremo la fusione fredda, disporremo di una quantità indefinita di energia priva di emissioni nocive.
    Insomma nessuno è disposto a soffrire oggi per non soffrire domani, ma il sacrificio potrebbe anche essere inutile.
    E comunque, in democrazia bisogna seguire il volere del popolo. Basti dire che io devo vedermi governato da un Luigi Di Maio.

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