LA SOLITA DOMANDA: QUANTO DURERA’ IL GOVERNO?

La durata dell’attuale governo è una costante degli argomenti politici. E per questo ci si aspetterebbe un più o meno unanime consenso, al riguardo. Invece la maggior parte è assolutamente sicura che questo esecutivo non durerà a lungo – la primavera prossima sembra un orizzonte invalicabile – mentre una parte minore, ma non meno risoluta, pensa che esso durerà a lungo, probabilmente l’intera legislatura, tanto forte è l’interesse della maggioranza a farlo durare. A questo punto la prudenza consiglia di non prendere posizione. Inutile scegliere una soluzione per poi avere una possibilità su due di proclamare: “ Ve l’avevo detto”. Per questo, basta gettare in aria una monetina.
Il meglio che si possa fare è esaminare quali ragioni militano in favore dell’uno o dell’altro esito, premettendo però che già in questo programma è insito un errore: quello di esaminare la situazione sulla base dei dati attuali, mentre nulla ci dice quali saranno i dati obiettivi fra sei mesi, un anno o due anni. Dati che potrebbero essere tanto diversi da quelli attuali, da giustificare una soluzione che oggi si giudicherebbe assurda.
Il primo dato a favore della durata del governo è l’inverosimile successo elettorale del Movimento 5 Stelle alle elezioni del marzo 2018. La Democrazia Cristiana poteva permettersi di cambiare governo e Presidente del Consiglio una volta l’anno o quasi perché il successivo governo, se non era zuppa, era pan bagnato. Le stesse elezioni politiche producevano spostamenti impercettibili, tanto che le grandi sorprese mancavano regolarmente. In quarant’anni si ricordano le elezioni del 1948 e del 1953 (che più che una sorpresa costituirono un sospiro di sollievo) e le elezioni del 1976, perché fecero temere una futura vittoria del Pci. Ora invece il Movimento 5 Stelle tiene stretto in mano il suo 32,7% del 2018 perché sa benissimo – come si è visto in tutte le successive elezioni – che quella percentuale non la rivedrà mai più. Già allora il Movimento non la meritava, ma dopo la prova concreta del governo, essa è divenuta lunare. Se cade il governo, il prossimo non includerà il M5S; e se si interrompe la legislatura, almeno la metà dei parlamentari “grillini” non tornerà alla Camera o al Senato. Anche a non essere vero, è comunque ciò che, prudentemente, pensano nel Movimento. E per conseguenza ogni mattina rinnovano la colla sugli scranni, prima di rimetterci sopra le terga.
Naturalmente c’è un limite, a questa resistenza. Innanzi tutto, ciò che essi non farebbero mai potrebbe farlo qualcun altro. Un altro che si chiama Matteo Salvini. Quando questi si convincesse che gli conviene far cadere il governo o interrompere la legislatura, non esiterebbe un instante. E purtroppo non sappiamo quale sarebbe il momento o la causa che gli consiglierebbero questa azione. In questo campo i commentatori si limitano a ragionarci su, senza giungere a nessuna seria conclusione.
In secondo luogo Salvini potrebbe tirare la corda fino a porre il Movimento dinanzi all’alternativa di piegarsi e snaturarsi, accettando di votare un provvedimento che è la negazione stessa dei suoi ideali, o far cadere il governo. Se l’idea di abbandonare il potere non è allettante per Di Maio e compagni, è anche vero che, tradendo le fondamenta stesse del Movimento, si precluderebbero ogni futuro politico. E lo precluderebbero anche al loro partito. Come sapere in anticipo se preferirebbero la padella o la brace? Soprattutto pensando che Salvini potrebbe usare questo stratagemma o per strappare un provvedimento che conviene soltanto alla Lega, o per far cadere il governo addossandone poi la colpa agli alleati.
E questi sono soltanto i fattori interni. Poi c’è sempre il macigno dell’economia. Tutti sono stati contenti del fatto che l’Italia sia riuscita ad evitare, per la seconda volta in sette mesi, la procedura d’infrazione, ma dimenticano che queste due vicende hanno dimostrato che abbiamo un governo di Pulcinella. Ambedue le volte, dopo mille rodomontate e mille minacce granguignolesche, i nostri eroi si sono rimangiati i programmi confermati fino al giorno prima e si sono allineati con la coda fra le gambe a ciò che imponeva Bruxelles. Niente di disonorevole, se prima fossero stati zitti, ma sparare vanterie e programmi titanici per poi rifiutarsi di salire sul ring al momento della sfida, e mentre tutto il pubblico guarda, non è che sia un bello spettacolo.
La seconda cosa che si dimentica, è che probabilmente l’Europa non ha creduto una parola delle nostre rassicurazioni. Ma aveva interesse a far finta di crederci. E ciò perché da un lato non è che fosse chissà che grande sforzo, concedere qualche mese in più, soprattutto pensando che la severità avrebbe potuto avere conseguenze negative nei mercati per tutta l’Europa. E poi attualmente si parlava di soli sette miliardi. La resa dei conti – ineludibile, quella, “incontournable”, dicono i francesi – è in programma per l’autunno. Allora non ci saranno santi o barili di cui raschiare il fondo. Allora si tratterà non di sette e mezzo, ma del banco, un banco di decine di miliardi – tra quaranta e cinquanta – e non c’è modo di ottenerli con un gioco di prestigio. Ecco quando potrebbe cadere il governo. Perché – a quanto sembra oggi – o non sarà in grado di affrontare il problema (chi lo sarebbe?) o lo affronterà e ne ricaverà un’impopolarità tanto immeritata (perché il problema nasce da decenni di imprudenze) quanto devastante. Speriamo che la gente si limiti ai forconi.
E con questo non abbiamo preso in considerazione i fattori ’imprevisti. Fattori che mi fanno sorridere di coloro che dichiarano chiusa la finestra della elezioni anticipate. Tiresia era cieco, ma ci azzeccava.Molti invece ci vedono, ma evidentemente non guardano al passato. Nessun governo ha mai programmato di cadere, e tuttavia moltissimi sono caduti, anche quando meno se l’aspettavano.
Il caso e le sorprese sono spesso ignorati dai libri di storia per le scuole, quasi che il Buon Dio avesse messo le nostre vicende su un binario obbligato. In realtà, tra follie, casualità, combinazioni e imprudenze, la storia va avanti come un cieco ubriaco.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
6 luglio 2019

LA SOLITA DOMANDA: QUANTO DURERA’ IL GOVERNO?ultima modifica: 2019-07-07T10:53:29+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “LA SOLITA DOMANDA: QUANTO DURERA’ IL GOVERNO?

  1. Da un lato i pentastellati sono disposti ad ingoiare molti rospi pur di evitare le elezioni anticipate dalle quali uscirebbero dimezzati. Dall’altro, se ne ingoiano troppi, rischiano di schiattare. Che fare ? Guadagnare tempo concedendo a Salvini quel tanto che basta per non rompere l’alleanza e intanto tirare a campare, poi si vedrà.
    A Salvini interessa portare a casa l’autonomia di Lombardia e Veneto. Non gli conviene rompere prima. I grillini lo sanno e fanno melina cercando di tirarla per le lunghe. Ma se passa l’autonomia, il padano punterà tutto sulla ” flat tax ” fatta tutta a debito, o quasi, allo scopo di farsi dire di no, aprire la crisi di governo e andare a elezioni anticipate. Ma qualcosa potrebbe andare storto e un nuovo governo della ‘non sfiducia’ o delle convergenze/divergenze parallele ” o vattelapesca non è da escludere. Siamo un paese ridicolo.

  2. Salvini farà cadere il governo dopo se avra’ la certezza di governare da solo per evitare di essere ricattato dalla minoranza come sta facendo lui Con i 5S.

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