CHE COSA DESIDERARE PER L’AUTUNNO

Credevo di sapere quanto fosse frustrante la condizione del cittadino in materia di politica, ma attualmente sto facendo un’esperienza nuova. Mi è stato sempre chiaro che chi non fa politica attiva ai più alti livelli, dispone di una quantità insufficiente di informazioni. L’italiano normale non sa nulla di prima mano, non dispone di confidenze, non orecchia retroscena, non riceve veline. Dispone soltanto di verità ufficiali (bugie), di retorica (bugie), e di moralismo (bugie). Se poi si pensa che anche i più informati sbagliano le previsioni, si comprende quante probabilità abbia di capire ciò che sta avvenendo e, ancor meno, ciò che avverrà.
E tuttavia la mia situazione oggi è peggiore che in passato. Prima, anche se non sapevo come sarebbero andate le cose, sapevo almeno come desideravo che andassero. Stavolta non so nemmeno che cosa desiderare. Elezioni al più presto o elezioni al più tardi? Legge di stabilità affidata ai buoni o ai cattivi? Vittoria di Salvini o suo ridimensionamento? Una luce avevo: la fine del M5s. E mi hanno tolto anche quella. Persino Renzi parla di allearsi con quel partito.
Poiché però l’amore della riflessione è una sorta di ineliminabile prurito, cerco degli appigli cui aggrapparmi nel mare delle incertezze. E anche qui sono frustrato. Infatti si fanno dei calcoli partendo dai dati sicuri e poi, al dunque, ciò che era sicuro viene smentito e ciò che si era promesso o minacciato non viene mantenuto. Per esempio: veramente esiste l’alternativa aumento dell’Iva al 25,2% oppure tagli alla spesa e aumento di imposte? Non è che all’ultimo momento, contro ogni precedente proclama, l’Europa ci consentirà di spazzare questa enorme duna di sabbia sotto il tappeto? Perché anche a Bruxelles si fa politica. E se, per caso, dopo questa bella pensata, che da noi sarebbe applaudita come il Mar Rosso quando si richiuse sull’esercito egiziano, le Borse reagissero perdendo totalmente la fiducia nei nostri titoli, non comprandoli più, lasciandoci in mutande in mezzo alla strada? Tutto questo scoraggia. Perché è come se qualcuno spostasse il bersaglio dopo che abbiamo sparato il nostro colpo.
Rimane l’interrogativo iniziale: sappiamo almeno che cosa desiderare? La risposta è no. Al massimo si possono allineare i motivi dei dubbi. E soltanto per grattarsi quel prurito.
Lasciamo stare il 2020 e seguenti. Una volta il futuro stava sulle ginocchia di Giove, ma Giove, a quanto dicono, è attualmente fuori sede. Occupiamoci dunque dei prossimi cinque mesi. In questo tempo abbiamo fondamentalmente due problemi: la legge di stabilità (incluso il problema delle clausole di salvaguardia, e altre spese incompressibili, per un totale, dicono, di quarantotto miliardi) e la compatibilità di questi provvedimenti con le promesse e i programmi che abbiamo sentito.
Per la legge di stabilità, il primo dubbio è: i nostri impegni, consacrati in leggi, e i regolamenti europei, sono cose serie o no? Se sì, dovendo trovare quarantotto miliardi per non affondare, con quale coraggio si può parlare di altri provvedimenti di spesa per decine di miliardi? Ci prendono per i fondelli o vogliono ad ogni costo far fallire l’Italia?
Se quegli impegni non sono seri, rimangono però serie le Borse, che non obbediscono a nessuno, se non agli interessi degli investitori. Esse potrebbero rispondere a qualche spericolata manovra del governo di Roma non comprando i nostri titoli e facendoci fallire.
E allora ipotizziamo che le clausole di salvaguardia siano una cosa seria e che in novembre sia in carica un governo ragionevole. Un governo che sente, come primo impegno, quello di non far fallire l’Italia. Esso dovrebbe fare i salti mortali (aumentando drammaticamente le tasse o tagliando drammaticamente le spese, si ricordi) per mantenere a galla la barca, ma ciò gli costerebbe il più cordiale odio degli italiani. Non perché l’esecutivo sarebbe colpevole di qualcosa, che anzi avrebbe agito in stato di necessità, ma perché gli italiani sono stati ubriacati di promesse impossibili (a partire da quelle fatte da Salvini) e tutto si aspettano, salvo che sette anni di vacche scheletriche. Dunque la coalizione ragionevole non sopravvivrebbe alla tempesta, pur avendo fatto soltanto il proprio dovere. E qui si impone un problema di strettissima attualità: che tipo di governo sarebbe, quello, e composto da chi?
Se si trattasse di un’alleanza rabberciata, fra partiti che sanno di non potere cooperare a lungo insieme, se cioè fosse un governo nato soltanto per rispondere all’accorata richiesta di deputati e senatori di non essere rimandati a casa dopo appena un anno e mezzo di seggio in Parlamento, si tratterebbe di occuparsi delle incombenze di fine anno, per poi sciogliersi e riparlare di elezioni. Avendo intanto guadagnato mezzo anno (sai che affare). Ma questo non rappresenta tutto il problema. Perché i partiti che si fossero occupati di chiudere l’anno non ne uscirebbero indenni. Se essi avessero caricato gli italiani ancora di tasse e tasse (altro che flat tax o abbattimento della pressione fiscale) da questa esperienza uscirebbero assolutamente distrutti. Alle successive, vicine ed inevitabili elezioni, sarebbero bastonati dagli italiani fino all’annichilimento. A questo punto – ovviamente – i partiti dovrebbero sgomitare a morte per NON far parte del prossimo governo, mentre oggi ci si scervella soltanto per sapere chi vi sarà incluso.
E allora facciamo un’altra ipotesi. Facciamo che Salvini l’abbia vinta, che si vada presto alle urne e che la Lega ottenga uno squillante risultato. E allora? Forse che il problema sarebbe risolto? Innanzi tutto, la travolgente impopolarità ipotizzata per il governo di transizione si rovescerebbe tutta su Salvini, soprattutto tenendo presenti le sconsiderate promesse da lui fatte tanto ripetutamente. Sarebbe vero che, essendo entrato in carica dopo aver vinto regolari elezioni, avrebbe davanti a sé tre anni, ma riuscirebbe a restare al potere per tutto questo tempo, avendo tutti contro, inclusa la maggioranza degli italiani? E comunque, a voler essere estremamente ottimisti, gli basterebbero tre anni per rimontare la china? Infatti i “fondamentali” della fine del 2019 non sarebbero cambiati. E data la vischiosità del Paese, non ci sarebbe modo di cambiarli. Non certo con le impossibili elargizioni a pioggia che ci hanno condotto dove siamo e che comunque sarebbero ancor più vietate di prima, avendo l’Europa vinto il round delle clausole di salvaguardia.
In queste condizioni forse comincio a intravvedere una luce: devo soltanto scegliere quale partito mi è più antipatico per sperare che sia al potere fra novembre e dicembre 2019.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
14 agosto 2019

CHE COSA DESIDERARE PER L’AUTUNNOultima modifica: 2019-08-13T11:10:15+02:00da gianni.pardo
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