L’INGHILTERRA COMBATTIVA

Being no Britannic citizen, I am not eligible for voting in Britain. Non essendo un cittadino britannico, non ho il diritto di votare in quel Paese, e per questo ovviamente non ho potuto dire né sì né no alla Brexit. Ma un maligno, viscerale isolazionismo da anglofilo anziano, mi vide accogliere con piacere la notizia della Brexit.
Certo, se avessi dovuto votare, avrei seguito più da vicino la campagna elettorale. Mi sarei informato un po’ di più. E probabilmente avrei votato contro. Ma da straniero, da superficiale e da non informato, ero pro Brexit. Poi, visto come sono andate le cose, devo fare ammenda. Ho gioito a torto. La Brexit è stata un errore tanto grande che, ad anni di distanza, non si sa ancora come rammendare lo strappo.
Oggi perfino la gloriosa democrazia inglese sta mostrando i suoi limiti. È vero che le istituzioni camminano sulle gambe degli uomini, e finché si è trattato degli arti legnosi di Theresa May, poco male. Ma non si può certo dire che il leone inglese abbia ruggito più vigorosamente da quando – e sono pochi giorni – le istituzioni si sono incarnate in Boris Johnson. Forse – e penso anche a Vittorino Andreoli – bisognerebbe diffidare delle persone che hanno una pettinatura estrosa.
La semplice verità è che Boris voleva costringere l’Inghilterra a trovare un accordo con l’Europa entro il 31 ottobre (cosa improbabile) oppure uscire dall’Unione Europea senza nessun accordo. Soluzione, quest’ultima, dalle persone ragionevoli considerata disastrosa. Come se non bastasse, Johnson intendeva che questi pochi giorni, fino al 31 ottobre, sarebbero stati il tempo in cui l’Unione Europea sarebbe dovuta andare a Canossa, rinunciando a quell’accordo, raggiunto con Theresa May, che essa considerava (e considera) il massimo che si può concedere. Ma Johnson non voleva e non vuole sentire ragioni. L’Unione Europea sarà pure un mammut, il leone inglese non ne ha paura. Chi si deve piegare è l’Europa. Il Continente è isolato.
Non si può che scuotere la testa. Il caro Boris dovrebbe sapere che chi lancia il cuore oltre l’ostacolo rischia di accorgesi di non averne più uno in petto. Io lo imparai che avevo poco più di dieci anni. Stanco delle dimensioni microscopiche del mio carrettino su cuscinetti a sfere (residuati di guerra) distrussi la tavoletta, per “costringermi” a trovarne una più grande. Non la trovai. E così non ebbi mai più un carrettino.
Su questo parapiglia è stata immolata la carriera politica di Theresa May e, in buona misura, la serietà della democrazia inglese. E tuttavia c’è una luce. Per impedire a Johnson il suo (pur legale) colpo di mano, chiudendo il Parlamento per cinque settimane, si sono coalizzati contro di lui non soltanto il Labour Party, che è all’opposizione, ma anche parecchi deputati conservatori. Pur sapendo di essere con ciò stesso espulsi dal partito. E così – caso unico nella storia inglese – il leader conservatore è stato sconfitto in Parlamento per quattro volte in pochi giorni, perdendo anche la sua maggioranza. Se mai avessi avuto dubbi che la Brexit era un errore, oggi ne ho avuto la prova. Se qualcuno rinuncia alla sua carriera politica pur di evitare un grave danno alla sua patria, diviene difficile reputare che quel grave danno fosse una fantasia.
Ecco perché disapprovo di tutto cuore il comportamento di Johnson. Anche ad ammettere che abbia ragione, e che l’unico modo di realizzare la Brexit sia il “no deal” (cioè farlo senza previo accordo con l’Unione Europea) il Parlamento deve rimanere sovrano. Deve conservare il suo diritto di discutere, decidere, ed anche sbagliare, senza che nessuno osi forzargli la mano. Chi ci ha provato, anche ad essere il re, ha lasciato la testa sul ceppo.
Jeremy Corbyn, il capo del Labour, è un personaggio pericoloso almeno quanto Boris Johnson, ma in questa occasione si è costretti a dargli ragione. È vero, la Gran Bretagna ha votato per la Brexit, ma il compito di chi governa non è soltanto quello di dare attuazione a ciò che il popolo chiede: è anche quello di fare il suo bene. Se ciò che il popolo chiede è sbagliato, bisogna sapergli dire di no. Non diversamente da come fanno i genitori con i loro figli.
L’Inghilterra, in questa occasione, si è dimostrata combattiva e nobile. Combattivo è stato Johnson che ha osato sfidare il Parlamento. Combattivo è stato il Parlamento, che ha osato distruggere un leader appena insediato. Combattivi, nobili e disinteressati, si sono dimostrati quei deputati (fra cui il fratello dello stesso Johnson) che per il bene della patria hanno rinunziato alla loro carriera politica, almeno per il momento.
E poi c’è gente che reputa la Germania un Paese particolarmente bellicoso e combattivo, quando è l’Inghilterra che ha vinto la Guerra dei Cent’anni, la Guerra dei Sette Anni e le due Guerre Mondiali. L’ultima guidata da un gigante pugnace come Winston Churchill.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
6 settembre 2019.

L’INGHILTERRA COMBATTIVAultima modifica: 2019-09-06T12:16:51+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “L’INGHILTERRA COMBATTIVA

  1. “E’ vero. la G.B. ha votato per la Brexit”

    Referendum maldestramente convocato, propaganda pro-Brexit in gran parte taroccata ed eterodiretta, risultato finale di stretta misura e gravemente autolesionistico, procedura applicativa chiaramente pasticciata, tetragona opposizione ad un secondo Referendum del tutto dogmatica e strumentale, insomma: esempio “da manuale” di nazional-populismo scomposto e dall’esito disastroso a livello economico-sociale (già nell’immediato ma soprattutto sul medio-lungo termine) Complimenti al Prof. per l’autocritica: comportamento non comune e chiara testimonianza di intelligenza

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