GENIO E FOLLIA

Non ho seguito tutto il battage e tutto il clamore fatto in questi giorni sull’iniziativa della giovane Greta Thunberg a proposito di ecologia, ma sono stato colpito dal fatto che i giornali hanno scritto che – quanto meno in parte – il movente fondamentale dell’attivismo della ragazzina è il fatto che soffre della sindrome di Asperger. Ed è di questo che voglio parlare. Non per sostenere che Greta è una pazza, ma al contrario che qualche anomalia è necessaria, perché sbocci la persona eccezionale.
Poi lascerò da parte il caso dell’attivista svedese, che reputo piuttosto un caso di suggestione collettiva, ma riporto – per chi avesse delle curiosità – la definizione della sindrome di Asperger che si legge su Wikipedia: “La sindrome di Asperger è un disturbo pervasivo dello sviluppo, annoverato fra i disturbi dello spettro autistico; non comportando ritardi nell’acquisizione delle capacità linguistiche né disabilità intellettive, è comunemente considerata un disturbo dello spettro autistico «ad alto funzionamento»”. “Gli individui portatori della sindrome di Asperger, presentano una persistente compromissione delle interazioni sociali, schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati, attività e interessi in alcuni casi ristretti”. La ragazzina infatti non andava a scuola, o più esattamente ci andava, ma rimaneva fuori, col suo cartello ecologista, invece di entrare e studiare. Tanto che credo di ricordare che l’hanno anche bocciata.
Come si vede, si tratta di una sorta di malattia. Ma è una malattia anche quella che fa nascere la perla nell’ostrica. Una piccola impurità, all’interno delle due valve, fa sì che il mollusco se ne difenda, creando intorno ad essa ciò che poi noi chiamiamo perla e consideriamo come una pietra preziosa.
Non ogni malattia ha soltanto conseguenze negative. E questo vale anche per gli uomini. Al riguardo basterà porsi questo interrogativo: chi può sperare di portare a termine un’impresa titanica? La risposta più seria non è: “un uomo intelligentissimo”, o “un uomo di particolari qualità”. La risposta più semplice è: “un presuntuoso”. Infatti un uomo intelligentissimo ed equilibrato si pone mille problemi, non presume troppo di sé, ha spirito critico e finisce col non far molto. Ecco un esempio.
Come si sa, prima che Cristoforo Colombo scoprisse l’America, si discuteva parecchio, sulla Terra. Si pensava che fosse sferica e si presumeva che si potesse circumnavigare: ma quant’era grande? I pareri erano discordi. Mentre Eratostene di Cirene, morto circa duecento anni prima di Cristo, aveva misurato con eccellente approssimazione le dimensioni del nostro pianeta (col semplice ausilio di un bastone conficcato nel terreno), alla fine del Quattrocento quelle dimensioni erano ignote. In particolare c’era chi considerava la Terra molto grande, tanto che era pericoloso cercare di circumnavigarla, e c’era chi, come Colombo, sbagliando i calcoli, la considerava molto più piccola. Così, benché qualcuno l’avvertisse che rischiava troppo, tanto insistette che alla fine, ottenute le caravelle, poté tentare l’impresa. Era tanto convinto che sarebbe arrivato a “buscar el Levante por el Poniente” – cioè alla Cina andando verso ovest – che quando, parecchio più a sud, arrivò su un’isola, pensò facesse parte dell’India. E infatti ancora oggi parliamo di “Indiani d’America”, che di indiano non avevano niente.
Chi era dunque lo scienziato, fra Colombo e i suoi oppositori? Sicuramente non Colombo che, senza le Antille, sarebbe morto in mare insieme con tutti i suoi marinai. Chi può pensare che sarebbe arrivato vivo dopo aver traversato anche il Pacifico, se non ci fossero state le Americhe? Ammesso che sia partito dal decimo meridiano ovest, le Antille sono all’incirca al settantesimo meridiano ovest. Invece la Cina di cui lui parlava è al 125° est, cioè avrebbe dovuto attraversare, lungo il quarantesimo parallelo, ancora 110 meridiani, fino alla linea di cambiamento di data, e ancora 55 meridiani, fino al 125° est. per un totale di 165, quasi la metà della Terra, che corrisponde a centoottanta meridiani soltanto. Colombo era un presuntuoso, ma passerà per un genio immortale, nei secoli, mentre i suoi oppositori erano soltanto persone che sapevano far di conto e abbiamo dimenticato i loro nomi.
Il collegamento tra genio e follia non è assurdo. Spesso, per fare carriera, o per compiere imprese memorabili, bisogna essere squilibrati, narcisisti, privi del senso delle proporzioni e illusi sulle proprie capacità. I geni equilibrati, come Aristotele, Augusto, Montaigne o Bach, sono tutt’altro che la regola. Lo stesso Socrate, un grande pensatore e un grande uomo, se mai ce ne fu uno, era talmente equilibrato che non scrisse una riga e sarebbe stato completamente dimenticato, dopo la morte, se non fosse stato per Platone.
Gli esempio di squilibrati che si sono dedicati fanaticamente ad una sola impresa, e sono divenuti celebri, sono infiniti. Modigliani, giovane e bello, se avesse resistito alla voglia di ubriacarsi e di affermarsi come pittore, sarebbe vissuto meglio e sarebbe morto di vecchiaia. Gli storici dell’arte diranno che noi abbiamo fatto un affare, ma l’ha fatto Amedeo?
Il successo si può dunque misurare su parecchie scale, ma la più insignificante di esse è la gloria postuma, come nel caso di Van Gogh. La stragrande maggioranza degli esseri umani, quella che vive ignorata in vita e in morte, dovrebbe forse comprendere che la scala più importante non è né il successo né la ricchezza, ma la felicità. Il vero vincitore non è né Alessandro Magno né Napoleone, è il vecchio saggio ignorato che, morendo, può dire di avere vissuto una vita felice.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
1° ottobre 2019

GENIO E FOLLIAultima modifica: 2019-10-02T10:02:45+02:00da gianni.pardo
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