DOPO L’UMBRIA

Un incidente d’auto, anche grave, come fase attiva, dura una frazione di secondo. Dopo quell’istante, ci possono essere morti, automobili distrutte, tragedie familiari, processi e molto dolore, ma l’incidente in quanto tale è finito. Un attimo prima non era successo niente, un attimo dopo tutto si è compiuto. E tuttavia la mente degli intressati non può che andare e riandare e riandare ai momenti precedenti. “Ah, se avessi rimandato questa uscita! Ah, se non mi fossi fermato a fare benzina!” Mille di queste considerazioni inutili, che non cambieranno né l’incidente né le sue inevitabili conseguenze.
Lo stesso avviene in occasione delle elezioni, quando il risultato è clamoroso. Ognuno non può non chiedersi perché si sia avuto, chi ne abbia il merito o la colpa, e quali saranno le conseguenze. Da qui un diluvio di commenti sui giornali, che spesso si limitano a riferire ciò che già si sapeva. E tuttavia questi commenti, esattamente come i ripensamenti dopo l’incidente, sono umanamente inevitabili. E dunque perdonate anche me.
Nell’interpretazione dei fatti politici, bisogna per principio rifuggire da ciò che è astruso e occuparsi di ciò che è evidente. Già capire ciò che è evidente è un’impresa. Per le elezioni dell’Umbria, il cui risultato – anche se non di queste proporzioni – era stato previsto da molti, la prima cosa notevole è l’affluenza. Se non ricordo male, alle precedenti elezioni questa era stata del 55% e ieri è stata del 65%. Dieci punti, dicono i giornali. (Ma se consideriamo solo la precedente affluenza, e non il totale degli elettori, l’aumento è del 16,5%, (10 su 55, non dieci su 100). Un’enormità. E ciò significa che in Umbria non si è mosso soltanto l’elettorato normale, quello che vota il Pd o Forza Italia perché sono i partiti coi quali si sente più in sintonia, ma parecchia gente che prima era scontenta di tutti i partiti. Tanto sfiduciata nel valore del voto, che non si muoveva da casa. Che non soltanto non votava per nessuno, ma non votava nemmeno contro nessuno. E se stavolta si è scomodata, non è tanto perché improvvisamente, da che si sentiva di sinistra, è stata folgorata sulla via di Damasco della Lega, ma semplicemente perché era molto arrabbiata. Ha votato per la Lega proprio perché gli attuali partiti che compongono il governo hanno accampato, come scusa per formarlo, la necessità di andare contro Salvini: E allora, proprio per punirli, hanno votato per l’arcidiavolo.
Per conseguenza la Lega non ha poi tanto da esultare. Un voto di rabbia e protesta è un fuoco di paglia. Come stavolta parecchi umbri hanno votato per la Lega, la prossima volta potrebbero votare per qualcun altro. Del resto lo prova la stessa vicenda del M5s. Anch‘esso è un Movimento nato da una protesta e, proprio per questo, esattamente in Umbria, è passato da percentuali spaventosamente alte ad una percentuale spaventosamente bassa. Tanto da far pensare ad una possibile liquefazione del partito. Mentre più o meno tiene il Pd perché non è un partito occasionale, ma ha profonde radici storiche. Il futuro potrebbe riservare qualche lieta sorpresa ai partiti tradizionali e qualche drammatico ridimensionamento ai partiti avventurosi. Quelli che cavalcano la tigre, dimenticando che quel grande felino è formidabile negli agguati, non nei lunghi inseguimenti. Per quelli ha il fiato corto.
Un secondo, ovvio messaggio, è la squalifica dell’operazione di palazzo da cui è nato il governo. Probabilmente gli elettori di sinistra non sono stati lieti dell’alleanza ma, se loro sono stati scontenti, e in buona misura hanno perdonato Zingaretti, gli elettori del Movimenti sono stati addirittura indignati. Il Partito dell’Onestà, il Partito del Cambiamento, il Partito del Disinteresse, che si acconcia ad allearsi col Pd, e perfino con Matteo Renzi? E ciò pur di non andare a casa, pur di mantenere una poltrona che si sa di non poter facilmente riconquistare?
Se queste sono le evidenze, mi si permetterà ora di formulare una mia ipotesi. Matteo Renzi ha suggerito in Parlamento, mentre era appena caduto il governo precedente, l’alleanza Pd-M5s, perché sapeva che, andando a nuove elezioni, il Pd non avrebbe candidato né lui né i suoi amici. Dunque avrebbe rischiato la fine della carriera politica. Nel frattempo sapeva di poter contare sull’interesse dei pentastellati di rimanere al potere, perché era (ed è) evidente che, tornando alle urne, sarebbero stati crudelmente ridimensionati. Non esiste un secondo biglietto vincente della lotteria come nel marzo del 2018. Dunque il suo piano è stato: “Faccio nascere questo nuovo governo fallimentare, personalmente ne esco subito, creando un mio partito col quale affrontare le nuove elezioni, e poi sto con un piede dentro e uno fuori”. E infatti non si è fatto vedere in Umbria, in modo da non essere associato al fallimento di questo esperimento. Poi, non appena gli converrà, passerà all’incasso, facendo cadere il governo e andando a nuove elezioni, visto che un Conte ter è impensabile.
Se tutto questo è vero, Renzi sarà un uomo senza scrupoli, avrà giocato esclusivamente nel proprio interesse, ma ha realizzato un capolavoro politico. Anche perché, se si andrà a nuove elezioni, egli potrà pescare fra i molti delusi del M5s, del Pd e perfino di Forza Italia. Male che vada, se non avrà un consenso oceanico, potrà sempre sperare di essere l’indispensabile ago della bilancia della prossima coalizione di governo.
Se il piano va in porto, Renzi non si rivelerà uno statista, ma un Capitano di Ventura degno del Gattamelata o di Bartolomeo Colleoni.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

DOPO L’UMBRIAultima modifica: 2019-10-28T11:11:33+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “DOPO L’UMBRIA

  1. Ortega y Gasset era un rullo compressore: qualsiasi argomento trattasse (e trattò di tutto, anche di tauromachia, però dimenticò l’economia) ci azzeccava quasi sempre.
    Al punto che un suo amico, Ernst Robert Curtius, alla finì non ne potè più e cominciò a criticarlo e la loro amicizia finì.
    Lei è un rullo compressore come Ortega: ci azzecca sempre (o quasi sempre).

  2. A proposito di previsioni, questa è quella di Cacciari (ora “filosofo” ma ex capo di PotOp, nei ’70):
    “Il governo ora reggerà, ma è chiaro che se la sconfitta dovesse ripetersi tra breve in Emilia Romagna salta per aria tutto, si va a elezioni e Salvini supera il 50%. È la mia facilissima profezia. Bisogna capire se riescono a non incasinarsi ulteriormente e a tenere i nervi fermi, e a organizzare qualcosa di decente”.
    “Loro” sperano nella magistratura …
    Non è detto che la ribollita riscaldata di Renzi sia appetibile per molti elettori: non dimentichiamo che è già stato battuto, colpito e affondato.
    Qui al nord siamo amministrati dal centro destra e siamo la locomotiva economica d’Italia, non crediamo nei salti carpiati del buttero di Rignano.

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