CHE COSA CAMBIERA’ COL CORONAVIRUS?

Molti si chiedono che cosa cambierà col Coronavirus, ma prima di porsi questa domanda bisognerebbe porsene un’altra: cambierà qualcosa? Infatti potrebbe non cambiar niente. E sarebbe grasso che cola.
Tutto dipenderà non dalla malattia, ma dai postumi. Finché si è malati, si pensa a guarire e le stesse sofferenze, essendo collegate alla malattia, sono considerate temporanee. Con la guarigione – si pensa – si aggiusterà tutto. Ma potrebbe essere una speranza infondata. Una malattia agli occhi può anche lasciare ciechi e la poliomielite lasciava i bambini storpi.
La prima cosa da osservare sarà la condizione dell’Italia una volta che saranno state abolite da un mese tutte le restrizioni. Se un negozio che prima era aperto poi non riapre, quella non sarà una conseguenza del Covid-19, sarà una conseguenza della crisi economica. E chi può dire, oggi, quante saranno le piccole e medie imprese che non si riprenderanno dal colpo? Fra l’altro causando una serie di fallimenti, di pigioni non pagate, di imposte non versate, di giri d’affari che vengono meno. Certo, una parte della domanda sarà quella di prima, e se non aprirà la vecchia macelleria può darsi che se ne apra una nuova: ma non è detto. Sappiamo già che il dopo-virus sarà di segno negativo, incerto è soltanto in quale misura. E poi, di che potere di acquisto disporranno coloro che hanno perso il lavoro, che hanno dovuto rinunciare alla loro attività, che non avranno più un reddito? E se costoro non comprano, le imprese a chi li vendono i loro prodotti?
E non è tutto. Il governo si è sgolato a promettere denaro a destra e a manca, a palate – indimenticabile Giuseppe Conte che parlava di quattrocento peggio che fantomatici miliardi – ma la realtà è un’altra: l’Italia non ha quasi niente da offrire a chi è in bisogno. E non è colpa sua. Ha soltanto la colpa – gravissima – di avere fatto promesse folli, rischiando il massimo rancore di tutti i tempi.
Dopo la recente decisione della Corte Costituzionale di Karlsruhe la Bce potrebbe non essere in grado di sostenere i nostri titoli in Borsa, con il conseguente drammatico aumento dello spread. Inoltre, con la morte di tante imprese, l’erario vedrà drasticamente ridotto il suo gettito. E proprio non si riesce ad immaginare come potrebbe dare di più quando ha di meno.
I nostri governanti, sono dei perfetti sognatori. A meno che non siano degli imbroglioni. Sembrano immaginare che l’Europa si metterà la barba, si vestirà di rosso, si trasformerà in Babbo Natale e verrà a regalarci vagonate di miliardi. Il nostro Stato, per il poco che può, combina disastri: dopo avere promesso di distribuire mascherine gratuite a tutti, impone un calmiere ridicolo che le fa sparire dalla circolazione. E questo per motivi ideologici: perché nessuno deve approfittare del virus per guadagnare, credo abbia detto Domenico Arcuri, come se guadagnare col proprio lavoro, producendo mascherine, fosse immorale. Il nostro è un Paese demente.
In queste condizioni non sarebbe stupefacente se lo Stato diminuisse di un terzo tutti gli stipendi e tutte le pensioni. Né cambierebbe qualcosa se uscissimo – o fossimo estromessi – dall’euro. Lo Stato in questo caso produrrebbe inflazione con la moneta nazionale, e quello che non farebbe tagliando stipendi e pensioni lo farebbe con l’inflazione, riducendo il potere d’acquisto di tutti. Ricordiamolo, all’inflazione possono rispondere subito, e senza soffrire, soltanto coloro che possono decidere il costo dei loro servizi (dall’idraulico al libero professionista alla fabbrica di automobili) mentre ne pagherebbero il prezzo per intero, in termini di fame, i percettori di reddito fisso.
Non riuscirò mai ad esprimere il mio sbalordimento dinanzi all’ottimismo di facciata dei nostri governanti. Mi basterebbe che facessero il possibile, e non lo fanno, e per giunta promettono miracoli impossibili. Insomma sono capaci di infliggerci il danno e la beffa. Come reagiranno le persone, quando si troveranno di fronte ad una realtà tremenda che non avevano lontanamente immaginato ?
Ma alziamo lo sguardo alla storia. Se tutto andrà male, quale lezione ne trarranno gli italiani? Si renderanno conto che per molti decenni sono vissuti al di sopra dei loro mezzi? E i politici si renderanno conto una buona volta che il giusto livello dei salari non è quello he sogna la Cgil ma quello che risulta dall’incontro della domanda e dell’offerta? Questo vale per tutto, dai canoni locativi alle polizze di assicurazione, dalla rimunerazione dei braccianti agricoli ai prezzi dei supermercati. Chi impedisce di vendere un litro di latte a tre euro? Semplicemente il fatto che la gente lo trova in un altro supermercato a due euro o meno. Ci vuole tanto a capirlo? Ed è difficile capire che, dai tempi di Diocleziano, se lo Stato impone il latte a cinquanta centesimi, l’unico risultato sarà la sparizione del latte e la macellazione delle mucche?
Dicono non sia necessario insegnare ai gatti ad arrampicarsi. Nello stesso modo, non è necessario insegnare all’economia a fissare i prezzi. Se l’economia è lasciata libera si avvia verso la ricchezza, se si cerca di migliorarla, invece di migliorare la si peggiora. Se poi ci si crede in grado di guidarla totalmente, si ha il totale il disastro che s’è avuto nell’Unione Sovietica. La Russia questa lezione l’ha capita, l’Italia ancora no. Ecco che cosa preoccupa per il dopo-Covid-19.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

11 maggio 2020

CHE COSA CAMBIERA’ COL CORONAVIRUS?ultima modifica: 2020-05-12T10:13:22+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “CHE COSA CAMBIERA’ COL CORONAVIRUS?

  1. Fino a prova contraria, la “lezione” del comunismo oltre alla Russia la ha compresa pure la Cina. Ma dubito che i cittadini italiani, per circa un terzo affetti dalla tragica
    demenza-senile-sociale chiamata Catto-Comunismo mai la apprenderanno.

  2. “I nostri governanti, sono dei perfetti sognatori. A meno che non siano degli imbroglioni. ”
    Non dimentichiamo che è ammesso anche il cumulo delle cariche.

  3. RIPARTIRE.
    Dopo la paralisi della nostra vita collettiva normale, molti di noi, oggi chiusi in casa, sognano di partire anzi di ripartire. Il grande desiderio è, infatti, di « ripartire ». Mai come oggi l’idea del ripartire preoccupa governi e popoli. E nella speranza di un prossimo ripartire vi è l’inconfessata, confusa speranza che questa volta il viaggio sarà più saggio e bello per tutti noi.
    Il ripartire non è visto come la ripresa del viaggio che ci ha condotto al punto morto in cui ci troviamo, ma come un allargamento del viaggio verso altre destinazioni fin qui non ancora esplorate e sulle quali sappiamo ancora poco ma che già ci sorridono. Il nostro viaggio non sarà più quello di prima. Noi lo speriamo.
    Noi tutti abbiamo addosso un penoso sentimento di aver sbagliato molte cose nel corso del viaggio precedente cui il coronavirus, spinto da una mano o diabolica o divina, ha messo rovinosamente fine. Peccato che il treno, su cui noi passeggeri stiamo per risalire per questo nuovo viaggio, sia lo stesso di prima.

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