CONTE, IL PRESIDENTE DELLA DECADENZA

Paolo Mieli non è l’ultimo venuto e ci ripete da mesi, per iscritto ed oralmente, che il governo Conte non cadrà. Perché non conviene a nessuno che cada e per altre ragioni che ogni volta si premura di enumerare. E ogni volta non mi convince.
Ognuno ha i suoi difetti. Io soffro della convinzione che tutto ciò che è illogico, assurdo, sbagliato, debba implodere, per una ragione o per l’altra. Un po’ l’idea dipende dall’esperienza: se a volte rovinano i ponti ben costruiti, figurarsi quelli fatti male. E un po’ dipende dal fatto – di cui mi dolgo – che il wishful thinking ha tendenza a trasformarsi in previsione.
Comunque a sostegno del mio scetticismo ci sono esempi che, non risalendo alla storia antica, saranno ben presenti a parecchi italiani. Il secondo governo Prodi (se non vado errato) era eccessivamente composito e comprendeva pericolosi rappresentanti della sinistra delirante. Così mi chiedevo come potesse stare in piedi quella nociva armata Brancaleone. Infatti non durò e cedette il posto ad una maggioranza di segno opposto. Gli italiani “avevano già dato”.
Altro esempio. Matteo Renzi – non ci posso far niente – mi è sempre stato tendenzialmente simpatico. Mi sembra dotato di un cervello pronto, di un’attenzione vigile, di una ridanciana giovialità. Ne farei volentieri un amico. Ovviamente il suo essere ridens non gli impedisce di essere una iena; ma la mia venerazione per Machiavelli mi rende simpatiche anche le iene.
Poi però il suo vino divenne aceto e l’uomo di Rignano cominciò a commettere una serie di errori imperdonabili, di quelli che destinano ad una sconfitta fatale. Peccò troppe volte di quell’“eccesso” (hybris) che gli dei non perdonano. Disprezzava ostentatamente il prossimo e si presentava così spesso in televisione che al solo vederlo avrei tirato una scarpa contro lo schermo. Di questo passo, mi dicevo, andrà a sbattere. Cosa che avvenne nel dicembre del 2016. Gli italiani in coro lo ridimensionarono e lo resero perdente. E di nuovo simpatico.
Oggi il caso si ripresenta, peggiorato, nella persona di Giuseppe Conte.
Va detto innanzi tutto che il semplice compararlo a Prodi e Renzi è un onore eccessivo. La differenza fra i tre personaggi è enorme. Prodi è un vero professore d’università, non soltanto uno che “è arrivato ad avere una cattedra”. È stato il capo non di un partito, ma addirittura di una coalizione che ha portato al governo, battendo per ben due volte Silvio Berlusconi. Insomma, se soltanto imparasse a parlare, invece di farfugliare in modo inaudibile e confidenziale, ascolterei persino quello che dice.
Quanto a Renzi, il minimo che si possa dire è che, come certi fuoriclasse dell’automobilismo, ha cominciato giovanissimo a vincere Gran Premi. Senza il sostegno di nessuno ha avuto una carriera politica di cui sarebbe fiero anche il più ambizioso degli uomini. Giuseppe Conte invece non è nessuno, non ha speciali meriti, non ha compiuto imprese memorabili, ed è soltanto capace di recitare la parte della persona importante. Finché non cala la tela. Non ha speciali torti ma è al posto sbagliato. Io mi reputo una persona perbene, ma non per questo potrei sostituire il tenore nella Traviata. Per quello bisogna avere una voce che non ho.
Mieli sostiene che la forza di Conte nasce dal fatto che nessuno oggi ha la possibilità, e nemmeno l’interesse, ad eliminarlo e tuttavia non condivido il suo ottimismo. Se già non si può scommettere sulla solidità di chi è comunque qualcuno, come nel caso di Prodi, o di chi è per sua natura un conquistatore, come Renzi, come si potrebbe scommettere sulla permanenza alla testa del governo di uno che è lì perché ha vinto alla lotteria?
Conte non ha le dimensioni dello statista. Non potrebbe averle neppure se la natura lo avesse molto dotato in questo senso (cosa che si è ben guardata dal fare): perché non ha avuto il tempo di farsi le ossa, in politica. Ha soltanto imparato a sfilare dinanzi alle telecamere, a schivare le domande scomode col politichese o l’arroganza, e non a guidare il Paese. Ha scambiato per certificazione del destino la congiunzione astrale che ha fatto sì che l’Italia, non volendo andare alle elezioni (per ragioni finanziarie personali dei parlamentari, non per altro), sia disposta persino a far finta che Conte sia il Presidente del Consiglio.
Quando qualcuno è il segnaposto di un altro, non dovrebbe mai dimenticare che chi l’ha messo lì potrà sempre dirgli di accomodarsi fuori, non appena non servirà più. Una soluzione non può essere durevole se l’unica ragione per cui la si accetta è che, sul momento, non se ne ha a portata di mano una migliore. Una moglie infelice volerà via non appena un altro uomo le farà una proposta appena appena accettabile.
Nel caso dell’Italia tutti dicono che, in questo momento, una crisi di governo sarebbe demenziale. Che sia vero o no, poco importa, perché da sempre del bene del Paese non gliene frega niente a nessuno. Se qualche Erostrato di passaggio pensa di ricavare dalla caduta del governo il minimo vantaggio, il governo non durerà un giorno di più. Senza dire che il sullodato Conte sembra impegnato – con alacre, entusiastico slancio – a rendersi del tutto insopportabile. Compare troppo spesso in televisione, si dà importanza, con la mutria di chi comanda, fa promesse impossibili, e mente a tutto spiano. Il popolo, almeno per qualche tempo, è facile da ingannare. Quando qualcuno promette mari e monti, si dice: “Intanto sosteniamolo, chissà che qualcosa di buono, magari la metà, effettivamente non ce ne venga”. Ma Dio protegga il malcapitato, se sembra non mantenere per niente le promesse. E Conte ha accumulato tutti i presupposti perché ciò avvenga.
I libri di storia saranno costretti a parlare di lui, perché per dovere di completezza parlano di chiunque sia stato a capo del governo. Ma mi chiedo con quali espressioni sarcastiche liquideranno questo indossatore ciarliero e fatuo. Ho letto un libro sugli imperatori romani e durante la decadenza furono tanti che l’autore dedicava in media una pagina e mezza ciascuno. Forse per Conte basterà la mezza.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
19 maggio 2020

CONTE, IL PRESIDENTE DELLA DECADENZAultima modifica: 2020-05-20T10:01:21+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “CONTE, IL PRESIDENTE DELLA DECADENZA

  1. Fase 2, Conte annuncia il decreto semplificazione: “È la madre di tutte le riforme”

    Un nuovo decreto di centinaia di pagine, articoli e commi (compresi i bis), che avrà bisogno di decine di decreti attuativi. -:)

  2. A Bergamo, a chi lo criticava per ovvie ragioni da quelle parti, è riuscito a rispondere: “se riesce a fare meglio si faccia eleggere (sic!) e faccia lei il Presidente del Consiglio!”
    Semplicemente inarrivabile…
    Oppure, ad essere benevoli, si rende conto che la lotteria è una sua esclusiva.

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