IL PIANO DI ADAM SMITH PER SALVARE L’ITALIA

Ci sono nomi che producono in me un immediato riflesso di diffidenza e di disprezzo. Ce ne sono altri cui sono invece pronto ad inchinarmi. E uno dei (pochi) nomi positivi, è quello di Adam Smith, il padre della moderna economia.
Leggo una sua frase e rimango ammirato, perché ciò che Smith scriveva tanti anni fa potrebbe essere la soluzione per la nostra tormentata e dissestata Italia di oggi: “Little else is requisite to carry a state to the highest degree of opulence from the lowest barbarism, but peace, easy taxes, and a tolerable administration of justice”, “si richiede poco altro per portare una nazione al più alto grado di opulenza, partendo dal più basso stato di barbarie, a parte la pace, tasse facili da pagare, ed una tollerabile amministrazione della giustizia”.
Dal punto di vista economico, l’Italia è nelle peste. Basti dire che fra il 2008 e il 2020 (secondo quanto scrive Fubini sul “Corriere”) la Germania ha avuto un incremento economico del 13%, la Francia del 7%, la Spagna del 3%, mentre l’Italia si è avuto un calo del 9%. Abbiamo perso 22 punti in percentuale su cento nei confronti della Germania. In soli dodici anni. Io passo per pessimista ma, dinanzi a questi numeri, risulto addirittura ottimista.
In questo stesso momento il nostro Presidente del Consiglio discute a Bruxelles con chi dovrebbe salvarci dal fallimento e per concederci questi prestiti e questi regali (chiamati “contributi a fondo perduto”) se mai saranno effettivamente disponibili, richiede all’Italia di presentare dei piani dettagliati di riforme. Riforme tali da rilanciare il Paese e non vaghi impegni. Soprattutto non generici libri dei sogni, come sono stati tutti i discorsi di insediamento dei nuovi governi. L’Europa pretende progetti particolareggiati, precisando le scadenze dei vari adempimenti, il loro costo previsto e i benefici che se ne aspettano. Tutte cose che il nostro governo non ha ancora nemmeno cominciato a scrivere. E dire che dovrebbe presentare il relativo documento già all’inizio dell’autunno, se non vado errato.
E allora torniamo ad Adam Smith per vedere in che misura il suo consiglio potrebbe essere valido. Le condizioni sono tre: pace, fisco tollerabile, buona giustizia. La pace – miracolo nella storia – è qualcosa di cui beneficiamo da settantacinque anni, tanto da considerarla (imprudentemente) un bene acquisito. Quanto al problema della giustizia, non è tanto questione di soldi quanto di volontà politica. Se il Parlamento prescindesse dall’opinione dell’insieme dei magistrati, se avesse l’intelligenza di capire dove sta il difetto e di correggerlo, e fosse insomma capace di rivoluzionare da cima a fondo le nostre procedure giudiziarie (se necessario con l’accetta) potremmo avere una giustizia che, pur non essendo più “giusta” di quella attuale, sarebbe almeno veloce. Il vero problema è quello fiscale.
L’Italia ha una bassa produttività, un debito pubblico mostruoso, un eccessivo carico di spese assistenziali, e tuttavia ha un disperato bisogno di abbassare le tasse. Purtroppo, come i più attenti avranno notato, pure quell’Europa che è disposta a concederci dei prestiti e a farci dei regali, lo farà a patto che non li utilizziamo per la riforma fiscale. E, sentendo queste parole, qualcuno penserà che a Bruxelles sono pazzi, visto che proprio di quello abbiamo bisogno. Ma la condizione ha un senso.
Se l’Europa ci dà dei soldi e noi li utilizziamo per spese assistenziali, senza chiedere nulla ai contribuenti, l’Italia non cambia di un “et” e, finito l’effetto dei regali, si troverà al punto di prima. L’Europa vuole invece che l’Italia si riformi in modo da avere un bilancio che le consenta non soltanto di sopravvivere con le sue forze, ma anche di cominciare a ripagare il debito pubblico. Dunque le riforme da effettuare non sono ulteriori elargizioni a pioggia, o addirittura sprechi, come si è fatto fino ad ora, ma modificazioni dell’assetto socio-economico. Insomma la riforma fiscale va fatta tagliando le spese, non accollandole all’Europa. L’Italia ne è capace? Ecco di che cosa si discute a Bruxelles.
Alcuni Stati europei, in particolare l’Olanda, la Danimarca e l’Austria, vogliono che l’Italia abbia dei finanziamenti ma per fare riforme serie riguardanti la giustizia, la burocrazia, il mercato del lavoro. Poi, da sola, deve tagliare le spese e riformare il fisco. Non solo. A termini di contratto, quei Paesi si riservano di accettare (o rifiutare) il piano particolareggiato di riforme prima di cominciare ad erogare somme. Poi vogliono che il piano sia attuato secondo le scadenze temporali previste (riservandosi in caso di inadempienza di sospendere i pagamenti) e ovviamente controllando personalmente la veridicità di questi “avanzamenti lavori”. La gente si aspetta la manna dal cielo, in realtà i soldi potrebbero non esserci (se i Paesi “frugali” si opporranno) oppure potranno esserci, ma a condizioni ben più pesanti di quelle che ci hanno fatto rifiutare il Mes.
Per fortuna abbiamo un Presidente del Consiglio che questo genere di problemi li risolve “spielend”, come direbbero i tedeschi. Per lui sono un gioco.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

IL PIANO DI ADAM SMITH PER SALVARE L’ITALIAultima modifica: 2020-07-18T11:07:17+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL PIANO DI ADAM SMITH PER SALVARE L’ITALIA

  1. Ho visto l’ineffabile Toninelli al tg dire “no al MES perché è un prestito, sì al Recovery Fund perché i soldi non devono essere restituiti”. Un genio.
    Dove vogliamo andare se in questo paese gli adulti credono ancora a Babbo Natale?

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