PIETRO MASO ALL’ERGASTOLO

Pietro Maso nel 1991 uccise entrambi i genitori per avere l’eredità. Condannato a trent’anni di reclusione, ne ha scontati ventidue ed ora è libero. In questi giorni aveva anche ottenuto il reddito di cittadinanza ma la cosa si è saputa, ha fatto scandalo e uno Stato che segue le grida della folla per sapere che cosa fare – il sistema di Ponzio Pilato – gliel’ha revocato. Sulla “Stampa” Mattia Feltri scrive giustamente che questo è l’atto di uno Stato “vendicativo” che rinnega la stessa Costituzione, quando parla di “rieducazione del condannato”. Effettivamente, se Maso si comporta da cittadino normale, dovrebbe costituire un caso di “rieducazione” riuscita. Se invece lo Stato vuole considerarlo irrecuperabile, che elimini le ipocrisie della Costituzione.
Tutto ciò che precede è l’oggettività politica e giuridica. L’organizzazione della giustizia, che pure tante volte ci è sembrata crudele e insensibile, in fondo è una funzione impersonale dello Stato. Normalmente punisce ma non odia, e soprattutto dimentica. Addirittura la Costituzione parla di ricupero sociale del condannato. Purtroppo così dimentica la realtà. Non soltanto moltissimi sono peggiorati, dalla detenzione, ma anche coloro che realmente ne escono “rieducati”, per la gente sono dei paria. Il codice concepisce la “riabilitazione”, la gente no. Anzi per certi reati infligge l’ergastolo senza aspettare nessuna sentenza.
Certi crimini vanno contro gli istinti fondamentali della specie umana. Si può concepire l’omicidio in stato d’ira ma, se si sono uccisi i genitori o i figli, se si è ucciso con premeditazione, con crudeltà, o su commissione, la gente non ha bisogno di consultare nessun codice. La condanna immediata è “fine pena mai”.
Ecco perché la gente si è scandalizzata, per la concessione del reddito di cittadinanza a Pietro Maso. Lui non è uno che, tanto tempo fa, ha ucciso: è ogni giorno, e finché morirà, un parricida. Nessuno si sogna di perdonarlo o di dimenticare.
A questo dovrebbero riflettere tutti coloro che pensano di commettere un delitto. Chi assumerebbe come cassiere un ex condannato per furto? Chi vorrebbe come professore privato della figlia un ex condannato per violenza carnale? Inutile chiedersi se sia giusto, se i cittadini che sono “dalla parte del bene” si rendano conto di quanto sia spietato non perdonare mai e rifiutarsi di esaminare il caso particolare. La realtà è quella che è, ed è inutile tentare di esorcizzarla con belle parole. Certi crimini, se scoperti, si scontano per il resto dell’esistenza.
Questo argomento è doloroso. Per cominciare esiste il dubbio del “determinismo psichico”. Tanta brava gente che non ucciderebbe una mosca e poi ci sono persone che commettono crimini orrendi. Non è possibile che siano oggettivamente “diverse”? Mi addolora comunque il pensiero di quei pochi che si sono veramente pentiti, sono addirittura disposti ad essere ancor più scrupolosi degli altri e tuttavia rimangono inchiodati al passato. Con un marchio contro il quale non c’è appello, non c’è ricorso e neppure revisione del processo. Perfino quando, magari parecchi anni dopo, si dimostra che la condanna fu il frutto di un errore, i “colpevolisti” non cambiano opinione, e subodorano qualche trucco.
La società è un mostro che non perdona perché non ha testa e non ha cuore. Ma i malintenzionati farebbero bene a tenerne conto.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
1° agosto 2020

PIETRO MASO ALL’ERGASTOLOultima modifica: 2020-08-02T09:42:39+02:00da gianni.pardo
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7 pensieri su “PIETRO MASO ALL’ERGASTOLO

  1. Mi sembra che Marino sia stato “perdonato” per l’omicidio Calabresi. La confessione ha reso credibile il suo pentimento e adesso conduce una vita normale. La gente non è poi così cattiva e vendicativa, sa distinguere.

  2. = esiste il dubbio del “determinismo psichico”. Tanta brava gente che non ucciderebbe una mosca e poi ci sono persone che commettono crimini orrendi. Non è possibile che siano oggettivamente “diverse”?

    Gentile professore, questo non è un dubbio, è una certezza, e le moderne neuro-scienze lo hanno confermato senza troppe difficoltà.
    Peccato che il nostro diritto penale, ancora condizionato dal mito (illusorio) del libero arbitrio, ne tenga conto il modo molto marginale.

  3. Il diritto positivo non può assolutamente fare a meno del dogma della libertà. Se viene meno la libertà, viene meno la responsabilità e l’intero nostro mondo “morale”.
    Non che questo dimostri filosoficamente la libertà, ma rende oziosa, in diritto penale, la questione della libertà. S’immagini che, studente d’università, ne parlai col professore di diritto penale, e questi mi congedò pressoché bruscamente, come si scaccia una mosca importuna.
    Purtroppo per lui, la mia non era una mosca, ma un bombardiere strategico B52.

  4. Sergio, per la precisione Marino è considerato dalla sinistra un pentito non credibile, o meglio un calunniatore.
    Il fatto che si sia autoccusato dell’omicidio Calabresi è un dettaglio: per i nostri soloni è allo stesso livello dei pentiti di mafia che per sentito dire attribuivano omicidi e stragi, o bizzarre scene di baci come tra Andreotti e Riina.
    La faziosità non conosce limiti.

  5. Cmq è avvilente lo spettacolo di uno Stato che concede il reddito di cittadinanza a uno come Maso e al tempo stesso piega il diritto agli umori della piazza.
    O lui non ne ha diritto, oppure ce l’ha. Se ce l’ha deve ricevere il suo reddito di cittadinanza, salvo cambiare la legge.
    In entrambi i casi lo Stato ne esce male

  6. È possibile – voglio essere garantista – che secondo il regolamento che disciplina la concessione del reddito di cittadinanza, Maso non potesse avere diritto a quel sussidio. Ma politicamente lo Stato ne esce malissimo.
    Perché se Maso vi aveva diritto, non doveva revocarlo.
    E se Maso non vi aveva diritto, dovrebbe punire il funzionario che gliel’ha concesso, benché non vi avesse diritto. Bisognerebbe avere un maggiore rispetto del denaro dello Stato. Cioè nostro.

  7. “Il diritto positivo non può assolutamente fare a meno del dogma della libertà. Se viene meno la libertà, viene meno la responsabilità e l’intero nostro mondo “morale”. Non che questo dimostri filosoficamente la libertà.”

    La sanzione per comportamenti scorretti o criminali è legittima anche se in ultima analisi non esistono libero arbitrio e quindi responsabilità. “Legittima” perché abbiamo il diritto di difenderci, anche col rischio di uccidere l’ “irresponsabile” che ci minaccia. La legittima difesa, con eventuale esito letale per l’aggressore, è contemplata anche dalla morale cattolica. La Chiesa ha giustificato fino all’altro ieri la pena di morte (ancora nel Nuovo Catechismo di Ratzinger). Bergoglio ne auspica adesso l’abolizione con varie motivazioni. Filosoficamente ha ragione – visto che non esistono il libero arbirtrio e quindi la responsabilità (che però sono tuttora il fondamento della morale cattolica), ma in pratica dà licenza di uccidere ai delinquenti – loro sì possono eseguire condanne a morte e – secondo la nuova morale – sfuggire alla legge del taglione, pena di morte compresa. Questa legge del taglione non è così barbara come si pretende: in tanto la pena è proporzionale all’offesa. E non dimentichiamo che l’assassinato non può essere risarcito. I buonisti vogliono oggi dare una seconda chance al delinquente, può redimersi. Ma il morto è morto.

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