RENZI, UN TOSCANO DEL RINASCIMENTO

Inizialmente Matteo Renzi mi è stato simpatico perché è un abilissimo comunicatore. Poi, nel 2016, mi è divenuto antipatico per la sua intollerabile invadenza in difesa della riforma costituzionale che proponeva. Poi è stato sconfitto, è passato all’opposizione e un po’ dell’antipatia è sbollita. Non tanto perché lui fosse divenuto più simpatico quanto perché lui è un uomo, con tutti i suoi difetti, mentre gli altri sono degli erbivori.
Nel 2016 sbagliò pesantemente campagna elettorale e propose una riforma coraggiosa e pericolosa. Così molti fummo felici di mandarlo a casa. Sarebbe un’imprudenza facilitare la produzione legislativa di un Paese che già oggi fa troppe leggi, spesso pessime. Forse sarebbe stato preferibile un sistema tricamerale, se fosse esistito, solo per impedire a questa manica di incapaci di fare danni e spendere il denaro che non hanno.
Ma il progetto, ed anche lo stile col quale il toscano ci si gettò a corpo morto, dimostrarono un grande coraggio e una grande visione. Matteo Renzi fu sconfitto combattendo, Giuseppe Conte non è stato ancora sconfitto perché non propone nulla e non affronta nessuno. Se c’è un pericolo, scappa. Se c’è un problema lo ignora, lo rinvia, lo passa ad altri. E questo mentre, ancora nel 2019, nel giro di un mese, Renzi ha preso l’iniziativa di far nascere un governo di coalizione Diavolo/Acqua Santa. E poi lui stesso si è dissociato tanto dal Diavolo quanto dall’Acqua Santa, fondando un proprio partito. Ma anche questo, probabilmente, fu un calcolo sbagliato. Infatti quelli che lo seguirono furono molti meno di quanti lui sperava, soprattutto considerando quanto litigioso fosse il Pd, e quanto pochi in esso fossero i personaggi dotati di carisma. Ma andò come andò. Le intenzioni di voto per il nuovo partito si sono dimostrate scoraggianti. Per molto tempo esso non si è schiodato dal 3%, ed oggi pare che non arrivi nemmeno a quella cifra.
Un altro si sarebbe ritirato a casa, a piangere in solitudine. Ma Matteo, con tutti i suoi difetti, rimane con la cresta sulla testa e gli speroni pungenti dietro le zampe. Non è stato allevato in batteria ed è stato l’unico in questa palude che ha alzato la voce per contestare una surrettizia dittatura. Un’autocrazia che, invece che con i metodi della tirannide, ci governa col metodo del cedimento. Conte, per far contento il fiume, si posiziona sempre nel punto più basso del terreno, per essere sicuro di non rimanere all’asciutto. E se in questo modo fa incamminare il fiume verso la cascata, poco importa. Quando giungerà al disastro, al governo ci sarà qualcun altro e intanto lui avrà profittato pe qualche mese in più del potere.
Renzi ha capito che, rimanendo inerte, la realtà lo avrebbe macinato, chiudendolo infine nello stanzino delle scope. E allora si è detto: “Conte si fa forte della debolezza di un Parlamento che non vuole andare a casa , e allora anch’io mi farò forte di questa debolezza. Contesterò un governo indecente, e lo farò per motivi validissimi. Qualunque cosa ne verrà fuori, per me sarà meglio che morire d’inedia”.
E vediamo dunque che cosa potrebbe essere questo “qualunque cosa”. Potrebbe essere un semplice rimpasto nel quale Renzi stesso ottiene più di quello che ha. Con in più l’enorme visibilità che gli darà l’aver raggiunto questo risultato. Oppure potrebbe essere la formazione di un nuovo governo, di cui Renzi sarà stato ancora una volta l’artefice. Magari mandando a casa Conte e facendo felice chi andrà a sedersi al suo posto. Senza dire che, se questo governo dovesse governare meglio dell’attuale, Renzi potrebbe vantarsi di esserne stato la levatrice. O potrebbe non ottenere nulla, ma sarebbe poco male. Oggi non ha più nulla da perdere. E tuttavia l’ipotesi più saporita è la quarta. E cioè che, scosso l’albero, tutti i frutti cadano a terra, non si riesca a rimetterli sui rami, e si vada a nuove elezioni.
Renzi questa parte del suo gioco l’ha studiata bene. Infatti non potrà essere accusato dello sconquasso perché va gridando ai quattro venti che lui non vuole far cadere il governo. Non soltanto lui non vuole andare a nuove elezioni, ma nessuno altro le vuole. Dunque questa ipotesi non si avvererà in nessun caso. Ovviamente lui sa benissimno che il futuro e imprevedibile. Tutti i vecchi osservatori sanno che da una verifica o un rimpasto si può sempre arrivare a nuove elezioni. Ma a quel punto il senatore di Rignano potrà sempre dire: “Chi, io, mettere a rischio la nazione? Ma se dicevo che non si sarebbe andati in nessun caso a nuove elezioni! E forse che non lo dicevate anche voi tutti? Tutti ritenevamo la cosa impossibile”.
Renzi probabilmente pensa effettivamente che non si andrà a nuove elezioni ma – diversamente da tutti gli altri, salvo Giorgia Meloni – sa di non avere personalmente niente da temere. Se rimane fermo, è perso comunque. Se si muove, o se fa cadere il governo, può ancora giocarsela. E questo è un ragionamento da vero combattente.
Rimango ostile a Renzi, un uomo a proposito del quale ho usato non so quante volte la parola hybris (l’eccesso punito dagli dei). Ma se perderà, ancora una volta, gli renderò l’onore delle armi. Forse non ha nessun altro genere di onore, ma quello gli è dovuto. La Toscana può essere fiera di questo condottiero del Rinascimento che va in giro con la spada e non scansa nessuna rissa.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
31/12/2020

RENZI, UN TOSCANO DEL RINASCIMENTOultima modifica: 2021-01-01T09:13:21+01:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “RENZI, UN TOSCANO DEL RINASCIMENTO

  1. L’analisi è corretta + lucida. Il tema di fondo però, non è affrontato. 1) anche Renzi fa parte del problema non della soluzione (nel senso di essere anche lui incompetente) 2) era un buon comunicatore non lo è più. 3) non è serio giocare una partita solo perché, altrimenti, sei comunque destinato al dimenticatoio. Vuole dare autorità al parlamento sapendo che i deputati sono inadeguati. Anche questo non è serio.

  2. Critiche sensate ma, per così dire, etiche. Che un politico sia incompetente, cattivo comunicatore, interessato alla propria visibilità, non è il peggio. Il peggio è la mancanza di intelligenza, di energia, di progetto politico. E comunque a Renzi la competenza dovrebbe riconoscerla, quanto meno perché è stato sindaco, ministro (?, non ricordo) Presidente del Consiglio e insomma è sulla breccia da parecchio tempo. Si direbbe “da sempre”, data la sua età. Ora lo confronti con Alessandro Di Battista o Alfonso Bonafede…

  3. A mio avviso Renzi ha una grossa responsabilità: se oggi la politica e l’azione di governo in Italia si sono ridotte all’elargizione di bonus variopinti e pittoreschi, tutto è partito dai famosi 80 euro.
    Non che prima mancassero sprechi, mance e regalie elettorali, ovviamente. Ma la parola bonus prima degli 80 euro euro non faceva parte del lessico politico. E non si tratta di una semplice parola: il regalo una tantum che finisce per diventare strutturale è espressione della totale mancanza di progettualità politica. E non a caso se ne serve Conte per galleggiare.

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