DIBATTITO SU LINGUAGGIO E REALTA’

Caro Gianni,
Sono d’accordo in larga parte con quello che dici. Provo però a spiegarmi di nuovo perché credo che l’uso della parola linguaggio (non lingua) confonde e io mi dimentico di parlare a non addetti ai lavori. Mi interessa confutare (non certo esaustivamente) il prevalente positivismo biologista delle “scienze della mente”. Se ne è scritto fiumi sotto il titolo: Nature or Nurture (che strano modo di scrivere nourriture! 🙂 G.P.) ? Premetto che il 95% degli psichiatri (se non più) crede nell’etologia della mente, homo biologicus per cosi dire. Vince la Nature, quindi. Questo fatto ha dei corollari ben precisi (ma e’ anche frutto di una politica). Se la mente è biologia, i suoi contenuti sono comuni a tutti gli umani e i sintomi sono da collegare a stati del cervello. Basta allora che ci sia gente (infermieri, physician’s assistants – PA, etc.) capaci di contare i sintomi e fare diagnosi come nella medicina generale e dare pillole “contro” i sintomi che si trovano nel cervello. Negli USA dove questo modello si è affermato e nel resto del mondo questo consente di dare la psichiatria nelle mani di lavoratori (ben pagati) ma poco “istruiti” (bastano 2 anni dopo il college per essere PA). Per fare uno psichiatra con conoscenze psicodinamiche ed un metodo complesso di approccio alla mente umana ci vuole tanto tempo e soldi che ci hanno praticamente levato mano. Attraverso quindi una mossa politica ma anche di natura sociale.
Cosa manca alla psichiatria diciamo convenzionale (nature-based)? La visione che la mente è il frutto del rapporto con l’Altro. Che persino l’inconscio (che precede la mente conscia) è una estimità ovvero topologicamente non è un dentro ma un “dentro-fuori”. Non esiste quindi lo sviluppo “naturale” del bambino ma solo “sviluppi” singolari dettati dal rapporto con gli altri primordiali (madre e padre o chi ne fa le veci). Ecco che il linguaggio è la scrittura/sceneggiatura (in termini proprio cinematografici, si potrebbe dire, il film prima che sia film) che la famiglia si è fatta/ha fatto del figlio che viene (la quale deriva a sua volta dalla scrittura dei nonni etc.). Il linguaggio è l’ atteggiamento della madre nei confronti del figlio (amore vs indifferenza), le parole dette dai genitori ed ascoltate attraverso i muri dal figlio (“era meglio che Enrico non venisse al mondo proprio adesso che mi hanno licenziato dal lavoro”) e cosi via dicendo. Il figlio è alienato in e da questo discorso (ma non ci sono altre vie, spero di esser chiaro in questo) che necessita in seguito di soggettivazione (quando interviene un elemento disturbante: l’incontro con un professore, un compagno etc che instilla il dubbio).
Da questa visione procede che se il signor Rossi viene da me perché vuole abbandonare la moglie perché questa bruna e bassina non gli da figli, per una alta, bionda a dai fianchi larghi, io non gli dico “Lei vuole una donna con queste caratteristiche perché ha l’istinto (ecco l’etologia) di andare con una donna che per caratteristiche morfologiche rappresentano per lei l’ideale in natura di donna con la quale procreare”. Nel pormi invece come chi non sa nulla di lui, faccio emergere che da ragazzino soffri dell’abbandono sostanziale della madre e da allora cerca nella donna sempre un nuovo riscontro d’amore anche se con quella attuale sta bene. È questo il nocciolo della ripetizione/compulsione e della pulsione di morte descritta da Freud nel 1920. Concetto ignorato anche dalla psicanalisi anglosassone perché anti-biologico e anti-filosofico. La psicanalisi è un metodo d’indagine obliquo a tutte le altre discipline poiché incontra l’illogico dell’uomo rifiutato dalla biologia e dalla filosofia. Non dovremmo cercare il piacere ed il bene? Allora caro Gianni, mi fermo qui perché sarebbero fiumi le cose che dovrei dire e che ho imparato non sui libri ma nel confrontare “ossessivamente” vari approcci metodologici con l’ascolto di centinaia di persone in più di trent’anni. Sui risultati di questo metodo/teoria poi si potrebbe parlare, ma mi fermo. Ti dovevo questo chiarimento perché negli anni sono tante le cose che tu mi hai insegnato. Un abbraccio.
Altri spunti sarebbero: È possibile vedere la realtà senza gli occhi della griglia mentale che tutti ci portiamo*? È il senso comune utile per discutere di questi argomenti? La filosofia e la scienza sono metodi adeguati a studiare il soggetto dell’inconscio (concetto sommamente importante perché come dice Freud “L’Io non è padrone a casa propria” e allora chi comanda?)? Ovvero chi siamo singolarmente? A questo proposito ritengo alto il rischio che filosofi e scienziati creino delle teorie che possono soltanto essere il frutto della loro nevrosi (ti ricordo che non credo nella sanità mentale) ma che possono avere la capacità di ammaliare il pubblico attraverso la consistenza interna del loro discorso.
Se io mi metto nudo davanti allo specchio vedo la realtà? Vedo la mia pancia (un po’ ingrossato?), i piedi piatti, “forse dovrei tagliare i capelli”… Tutto passa per la mia griglia o il mio fantasma mentale (ovvero il linguaggio, che ha trasformato il mio organismo in “corpo”). La realtà è un costrutto complicato da definire.

Commento di Gianni Pardo
Pubblico volentieri questa lettera, dopo tutto privata, perché essa prova, ancora una volta, che non raramente, quando “non si è d’accordo” con una persona intelligente, è perché non ci si era intesi nei termini adoperati (e infatti, nella Filosofia Scolastica, e ancora recentemente nei Seminari, prima di discutere si imponeva di mettersi d’accordo sul significato dei termini essenziali che si stavano per usare).
Il fatto è che, capito ciò che intendeva “mio nipote”, sono perfettamente d’accordo con lui.
L’uomo non è soltanto il frutto dei suoi geni (io non l’ho mai sostenuto) e non è soltanto il frutto del suo condizionamento (neanche questo ho mai sostenuto). La difficoltà di comprenderlo deriva proprio da questo incrocio di parecchie componenti. Su una base etologica comune (di questo rimango convinto, apparteniamo certamente alla specie umana) ogni singolo si sviluppa diversamente, ha una sua rappresentazione (prevalentemente falsa ma personale) della realtà, e per curarlo non bastano certo le pillole, dunque sì, Nurture, non Nature. Ma, ripeto, è inutile che continui: siamo d’accordo. Come lui non nega certo la natura umana, io non nego per nulla l’influenza delle nostre esperienze. Basti dire che ho sempre sostenuto che non avrei mai potuto essere maschilista perché mio padre era più debole e meno intelligente di mia madre. Il sesso forte che ho conosciuto io era quello di mia madre. Ma qui scendiamo sul personale.
Infine il testo fornisce qualche preziosa informazione sulla psichiatria attuale. Speriamo che la nostra testa continui a funzionare perché temo che non ci sia molto aiuto da attendere.
Ringrazio molto il mio “quasi nipote, ma anche meglio che nipote”. Soprattutto perché credo abbiamo risolto definitivamente un vecchio nostro problema. Lui forse temeva che io trattassi troppo l’uomo come un animale, avendo in mano, come strumento sufficiente, un trattato di etologia; io temevo lui mitizzasse il linguaggio, fino a farne una sostanza.
Gianni Pardo

DIBATTITO SU LINGUAGGIO E REALTA’ultima modifica: 2021-04-08T12:52:07+02:00da gianni.pardo
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