IL FRAINTENDIMENTO DEI TERRORISTI

Ho un amico il quale sostiene che sempre, più che capire il singolo fatto, bisogna capire il contesto. Perché il contesto spiega, oltre quel fatto, ciò che l’ha reso possibile. E potrebbe avere ragione.
Prenderò ad esempio un episodio di cui l’Italia sana di mente si vergogna ancora: l’indegno spettacolo che i partigiani organizzarono in Piazzale Loreto, a Milano. Erano dunque belve, quei partigiani? Non avevano senso di umanità, e passi. Ma non avevano nemmeno il senso della misura e della decenza?
La risposta è che, quando agisce, il singolo è sottoposto ad una doppia pressione: quella della sicurezza che deriva dalla collettività e quella che deriva dalla fedeltà a sé medesimo.
Partiamo della seconda spinta. La meno forte, in generale, ma fortissima in alcuni. Giordano Bruno sapeva benissimo che sfidare il Sant’Uffizio era, più che pericoloso, letale: ma non per questo ritrattò le sue “eresie”. Preferì morire sul rogo, pensando che la sua morte avrebbe danneggiato la Chiesa più della sua vita. Ascoltando la sua condanna, pare abbia detto ai giudici: “Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”.
Senza arrivare a questi estremi (e infatti Galileo abilmente li schivò) il personaggio del singolo che si oppone a tutti, in nome di un principio superiore, è un topos della letteratura. E perfino dell’epica. Sarebbe stato lo stesso personaggio, Cyrano de Bergerac se fosse stato a capo di un partito, di un esercito, di un Paese? La sua grandezza era figlia della sua indipendenza come individuo e della punta della sua spada. Né ci stupiamo che Rostand faccia concludere la sua vicenda con una sconfitta, la morte volgare e immeritata.
Il singolo che affronta i molti appare audace e spavaldo, tanto da sollecitare la fantasia dei cantori e dei poeti. Ma io che, nel mio piccolo, sono stato spesso solo contro tutti (aggiungendo, da sbruffoncello qual sono, che “essendo solo, ero dunque in maggioranza”) posso rivelarvi che questo eroe solitario in realtà se la fa sotto. Nulla è più allarmante che sentirsi soli. Se il singolo in questi casi procede, è perché si vergogna di non farlo. Va per così dire contro sé stesso. Tanto da ricordarci Turenne che, mentre si apprestava ad affrontare il nemico. disse al suo corpo “Tu trembles, carcasse, mais tu tremblerais bien davantage si tu savais où je vais te mener!” Tremi, carcassa? Ma tu tremeresti molto di più se sapessi dove ti condurrò.
È per questo che la maggior parte degli esseri umani il coraggio ce l’ha quando sente di non averne bisogno. Il singolo, sentendosi spalleggiato dall’opinione dei molti, o perfino dal loro possibile intervento a suo sostegno, diviene estremista, spietato e, al limite, criminale.
I partigiani conducevano una guerra civile, già per sua natura crudele, e per giunta sporca, nel senso che combattevano in spregio alle Convenzioni di Ginevra sulla guerra e contro i residui della precedente legalità. Questo condusse, dall’una e dall’altra parte, a comportamenti orribili. Così si spiega Piazzale Loreto. Quando si è spalleggiati dai molti si perde il senso critico e ci si crede tanto più meritevoli quanto più si è estremisti. Se il nemico è odiato e tutti vogliono ucciderlo, i più entusiasti propongono anche di torturarlo, prima.
Né possiamo dimenticare come si sia potuto verificare ciò che è avvenuto in Germania. La banalità del male, di cui parlava Hannah Arendt, nasce proprio da questo: che se una cosa orribile la fanno in molti, il singolo si sentirà sereno e giustificato, facendola anche lui. Se poi è un entusiasta, un conformista, e ancor meglio un cretino, si proporrà come boia.
Tutto questo spiega la mia vita fino all’implosione dell’Unione Sovietica. Da quando l’Italia è passata da un fascismo totalitario ad un sinistrismo totalitario, ho fatto di tutto per tenere la testa fuori dalla melma del conformismo. E per lunghi decenni è stata una fatica immane. Non è facile sentirsi dire ogni giorno le stesse menzogne e ogni giorno ripetersi intimamente: “Non dimenticare: queste sono bugie”.
Gli Anni di Piombo non sono venuti dal nulla. Sono stati l’esito naturale del sinistrismo frustrato. Infatti gli italiani facevano a gara a chi era più di sinistra, e gli sbandati delle Brigate Rosse erano meno incomprensibili di quanto si potrebbe pensare. Di fronte a tanti che erano comunisti, ma anche placidi borghesi, che sognavano la Rivoluzione Proletaria ma non avevano il coraggio di sporcarsi le mani, loro ebbero l’ardire di prendere le armi e sparare nel mucchio dei non-proletari e dei non-comunisti. Spararono perfino contro quelli che erano di sinistra, ma non abbastanza, come Aldo Moro.
Lo stesso Partito Comunista Italiano, dopo qualche cauto e vergognoso apprezzamento iniziale, dimostrò la sua anima vigliacca e infedele all’ideale alleandosi alla Democrazia Cristiana per stroncare la loro insurrezione. I brigatisti, pure in ritardo di un giro o due, erano convinti di essere dal lato del giusto. Era il Pci che tradiva. E tanto era grande la forza della maggioranza che credevano di avere dietro di sé, che non si fermarono dinanzi a nulla.
Tutto questo ci conduce alla vicenda dei terroristi italiani ospitati e coccolati per tanti decenni dalla Francia da Mitterrand in poi. I brigatisti si macchiarono di crimini orribili ma non lo fecero in nome di qualche personale fisimao, peggio, interesse, ma come soldati dell’ideale, pronti a sacrificarsi per quell’ideale, morendo o finendo in galera. E forse in nome di questa “nobiltà” – che una Francia di sinistra condivideva – li ha protetti dalla pretesa punitiva di un’Italia – immagino – fascista, concedendo loro un interminabile esilio dorato. Questo mi rende mesto a proposito dell’Italia, della Francia e dell’umanità.
Quarant’anni dopo la domanda diviene: “Ha senso applicare la giustizia, ha senso infliggere la punizione tanti decenni dopo il fatto? I colpevoli, temendola per tanto tempo, non hanno pagato abbastanza?”
Al riguardo si può rispondere che, in primo luogo, è difficile applicare il “senso di umanità” a chi “senso di umanità” non ne ha mai dimostrato. Inoltre, autorizzato a rispondere all’interrogativo è soprattutto chi ha perduto una persona cara, chi si è visto rovinare la vita da questi criminali fanatizzati. Io non perdonerei mai. Infine è vero che la punizione arriva con un imperdonabile ritardo, ma questo ritardo non è dovuto allo Stato, ma agli stessi colpevoli, che sono fuggiti nella patria di Sartre. E se l’Italia ha tanto gioito per la cattura e la carcerazione di Cesare Battisti, perché dovrebbe intenerirsi per gli attuali terroristi in procinto di essere estradati dalla Francia? Fra l’altro stavo per scrivere “in procinto di fuggire dalla Francia”. I giudici francesi sembra non abbiamo avuto sufficiente memoria per ricordare come andò con Cesare Battisti.
La verità è che bisogna stare molto attenti a ciò che si fa. Saltando in un secondo da tre metri si può rimanere storpi per tutta la vita. Nello stesso modo, se si uccide, bisogna sapere che si compie un gesto definitivo, uscendo dal consorzio umano.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
30 aprile 2021

IL FRAINTENDIMENTO DEI TERRORISTIultima modifica: 2021-04-30T17:17:57+02:00da gianni.pardo
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