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BERLUSCONI E IL RE TRAVICELLO

BERLUSCONI E IL RE TRAVICELLO

Fedro riprende da Esopo la favola del re travicello: Giove aveva dato alle rane, come re, un pezzo di legno e quelle chiesero un sovrano più attivo: il padre degli dei inviò allora un serpentone che fece strage di quegli anfibi[1].

La vecchia favola risulta significativa ancora oggi, ma bisogna ribaltarla. L’Europa ha sofferto, nel secolo scorso, di un “serpentone” chiamato Hitler e di un “serpentone” non meno feroce chiamato Stalin. Il risultato è stato che nei decenni seguenti, ed anche oggi, si è affermata l’idea che l’unico re accettabile sia fatto di legno. Si è democratici – e questo è certo un bene – ma si ha l’idea che chiunque sia un po’ più alto o un po’ più grosso degli altri rappresenti un pericolo. E questo perfino quando ha fatto il bene della nazione come nessun altro: basta pensare a Charles De Gaulle. Oggi è un monumento nazionale, ma a sinistra, a suo tempo, l’ostilità nei suoi confronti fu irrefrenabile. Tutti erano pronti a chiamarlo monarca e dittatore.

Una persona surdimensionata suscita animosità. Questa è una costante della storia che afflisse già Pericle: uno che, diremo sorridendo, ebbe anche problemi per i suoi rapporti con una donna. Invece bisognerebbe guardare all’azione politica. Se in Spagna durante la guerra civile si fosse ipotizzato un uomo capace d’imporre la riconciliazione, dopo il lungo fratricidio, ci si sarebbe prosternati dinanzi all’ara di Giove per richiederne l’invio. Ma dopo che Francisco Franco l’ebbe realizzata, e dopo che ebbe salvato a stento il suo Paese dalla Seconda Guerra Mondiale, lo si ricoperse  d’ingiurie perché col tempo era svanito l’orrore del massacro. L’autocrate aveva le sue colpe, ma queste non avrebbero dovuto far dimenticare i suoi meriti.

La tirannide è spesso figlia dell’anarchia ma l’anarchia è spesso l’ideale di chi ha sofferto la tirannia. Infatti oggi fra i Paesi più fanaticamente democratici ci sono quelli che maggiormente hanno dovuto soffrire l’oppressione di un padrone; mentre i Paesi che non ne hanno sofferto, pur pronti a stigmatizzare personaggi come Pinochet, sono meno estremisti: la Gran Bretagna è ancora monarchica e gli Stati Uniti hanno un rispettatissimo “re elettivo”.

Chi ha conosciuto il serpentone lo vede in chiunque spicchi sul grigiore della massa: ecco perché la stampa internazionale è così acida nei confronti di Berlusconi e lo vede come un Perón meneghino. Reputano l’Italia meno solida dei loro Paesi e percepiscono in questo capitano di ventura il pericoloso carisma del conquistatore. Silvio è l’uomo che sa farsi re. A questa ragione di antipatia viscerale si aggiunge il fatto che sia partito da zero: si perdona più facilmente ad Alessandro figlio di Filippo che al figlio di Letizia Ramorino, visto come uno screanzato parvenu anche dopo che aveva soggiogato l’Europa. Berlusconi inoltre, non che adottare la felpata ipocrisia del potere tradizionale, si lascia andare a giocose ed inammissibili intemperanze che ne rivelano la natura popolaresca. Per questo, gli esponenti della sinistra e i giornalisti loro caudatari tendono a disprezzarlo. In teoria si prosternano dinanzi al popolo, ma quando lo incontrano a faccia a faccia arricciano il naso. Garibaldi va bene se regala mezza Italia ma rimane lo stesso infrequentabile.

C’è però un caso in cui la favola del re travicello funziona nel modo tradizionale. I magistrati hanno il compito di applicare le leggi, non di fare politica, e tuttavia da un paio di decenni parecchi di loro, alla luce del sole e sfacciatamente, si sono dati a crociate contro i governi non di loro gradimento. Hanno ignorato una divisione dei poteri che non è stata inventata per ragioni di simmetria, ma per evitare che uno dei poteri prevarichi sugli altri. Il giudiziario fra l’altro è il più debole dei tre e sopravvive solo se gli altri due lo rispettano: dunque ha più da perdere e ogni interesse a comportarsi correttamente. Viceversa, nel momento in cui si travalicano le proprie attribuzioni si rischia di ispirare reazioni violente. Giove potrebbe inviare un serpentone capace di limitare la libertà politica e civile dei magistrati. Se solo lo capissero.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

11 ottobre 2009



[1] Eccone la parte essenziale. Segue traduzione di G.Pardo

Postquam immoderata libertas Atheniensium mores corrupit et licentia legum frenum solvit, Pisistratus tyrannus arcem occupavit. Tum Atheniensibus tristem servitutem flentibus, non quod tyrannus crudelis esset, sed quia civibus dominationi insuetis omne onus grave erat, Aesopus hanc fabulam narravit. “Olim ranae errantes liberae in paludibus magno cum clamore ab Iove petiverunt regem ut dissolutos mores vi compesceret. Pater deorum risit atque ranis dedit tigillum, quod magno strepitu in stagnum cecidit. Dum ranae, metu perterritae, in limo latent, una tacite e stagno caput protulit et, explorato rege, cunctas evocavit. Aliae ranae, timore deposito, supra lignum insiluerunt et inutile tigillum omni contumelia laeserunt, postea ad Iovem nonnullas miserunt ut alium regem peterent. Tum Iuppiter misit horribilem hydrum, qui ingentem ranarum caedem fecit. Frustra miserae ranae per totam paludem currebant ut mortem vitarent; denique furtim ad Iovem Mercurium miserunt petiturum ut ille rursus infelices adiuvaret. Tunc contra deorum rex dixit:” Quia noluistis vestrum bonum ferre, nunc malum vestrum perferte!”.

Dopo che una smodata libertà aveva corrotto i costumi degli ateniesi ed aveva annullato il freno delle leggi, Pisistrato occupò l’acropoli. Fu allora che Esopo narrò agli ateniesi piangenti sul triste servaggio – non perché colui fosse un crudele tiranno, ma perché qualunque peso era troppo pesante per loro che non c’erano abituati – questa favola: “Una volta le rane, che erravano libere nelle paludi chiesero con grande clamore a Giove un re, affinché reprimesse con la forza i costumi dissoluti.  Il padre degli dei rise e diede alle rane un travicello, che cadde nello stagno con grande strepito. Mentre le rane, terrorizzate dalla paura, si nascondevano nel fango, una di loro, senza far rumore tirò fuori la testa dallo stagno e, avendo esplorato il re, chiamò tutte le altre. Le altre rane, smesso ogni timore, saltarono sul travicello e lo offesero con ogni sorta d’ingiuria, e poi inviarono a Giove alcune di loro affinché chiedessero un nuovo re. Allora Giove mandò loro un orribile serpentone che fece una grande strage delle rane. Invano le poverette correvano per tutta la palude per evitare la morte; infine di nascosto spedirono a Giove Mercurio affinché di nuovo venisse in aiuto alle infelici. Ma allora il re degli dei disse. “Dal momento che non avete voluto sopportare il vostro bene, ora sopportare fino alla fine il vostro male”.

BERLUSCONI E IL RE TRAVICELLOultima modifica: 2009-10-12T14:52:27+02:00da
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