GianniP

L’ETEROGENESI DEI FINI

Che cosa si intende con l’espressione “eterogenesi dei fini”, che pure ha tanto successo? La parola eterogenesi è composta da “etero”, che significa “altro” e “genesi”, che significa origine. Per quanto riguarda la parola “fini”, essa normalmente significa scopi, e che scopi significhi proprio in questo caso è provato dal fatto che in tedesco – lingua in cui è nato il concetto – la parola usata è “Ziele”: e Ziele significa bersagli, scopi, finalità, non certo Ergebnisse, risultati. Dunque il significato totale sarebbe: “origine diversa degli scopi” e il fatto che la parola “scopi” sia plurale fa escludere che si tratti del medesimo scopo.
Dovendo dunque ipotizzare un esempio concreto, pensiamo a due persone delle quali una ha deciso di andare al cinema, perché vuole divertirsi, e una ha deciso di sturare il lavandino di casa che si è intasato. Gli scopi sono diversi (il divertimento e la necessità) ed hanno chiaramente origine diversa: l’uno il piacere che ha l’uomo di divertirsi, l’altro il bisogno che l’uomo ha di lavarsi, facendo defluire via l’acqua sporca. Ma è proprio questo, che si intende, quando si parla di “eterogenesi dei fini”? E sarebbe necessario creare una massima elegante per dire che “le persone che fanno cose diverse hanno finalità diverse”? Eppure l’analisi delle parole non sembra poter condurre ad altra conclusione.
Una seconda ipotesi, è che “fini”, benché plurale, abbia un significato per così dire singolare e si riferisca più alla situazione di arrivo che alle intenzioni. L’esempio diviene: due persone che non si conoscono si trovano intrappolate in un ascensore, tra il terzo e il quarto piano, a causa di una interruzione della corrente elettrica. L’uomo si trova nell’ascensore perché andava al quinto piano a trovare la propria amante, la donna si trova nell’ascensore perché ha fatto la spesa e torna a casa, dal momento che abita all’ottavo piano. Gli scopi per i quali hanno preso l’ascensore sono profondamente diversi ma ora ambedue si trovano lì. Questa interpretazione è meno illogica della precedente, ma urta contro il significato delle parole. Infatti ciò che è notevole non è il fatto che ognuna delle due persone avesse uno scopo diverso, per essere lì, è notevole il fatto che esse siano lì, per motivi diversi. Notevole è che alla differenza degli scopi (eterogenesi dei fini) corrisponda un identico risultato. E allora l’espressione giusta dovrebbe essere: eterogenesi dei risultati, non dei fini. Che i fini siano diversi per azioni o risultati diversi non è notizia, è notizia che la conclusione sia identica pure se gli interessati tendevano a cose diverse. In sintesi: diversità (non genesi) delle intenzioni, identità delle conclusioni. E se proprio si vuol usare la bella parola costruita con gli etimi greci, la si riferisca ai risultati che sono – essi sì – generati da fini diversi.
Per vedere se l’origine della frase può aiutare, si può consultare Wikipedia, secondo la quale l’espressione eterogenesi dei fini (Heterogenesis der Ziele) “fu coniata dal filosofo e psicologo empirico Wilhelm Wundt”. Essa corrisponderebbe a “indicare conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali”. Ma anche in questo caso si fa riferimento alle conseguenze, non agli scopi. Anche per questa via si giunge alle conclusioni precedenti: eterogenesi del risultato, non dello scopo.
Ma tutto questo potrebbe essere erroneo e si rimane in attesa di più approfondite e dotte spiegazioni da chi può fornirle.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it
12 agosto 2011

L’ETEROGENESI DEI FINIultima modifica: 2011-08-12T09:41:09+02:00da
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