GianniP

LA VECCHIAIA È INNATURALE

Come si sa, per centinaia di secoli la vita media dell’uomo è stata molto breve: qualcuno parlava di venticinque anni. Poi, con il miglioramento delle condizioni economiche e col progresso della medicina, questa media si è a poco a poco alzata fino ad impennarsi nei decenni recenti. Tuttavia, come spesso avviene, mentre nel giro di qualche lustro si può passare dal calesse al jet di linea, non altrettanto avviene per la nostra mente, la cui natura oggi non è diversa da quella degli esseri umani del tempo di Pericle o dei Faraoni. E per conseguenza chi supera i trenta-quarant’anni è in un certo senso spaesato: nel “programma” iscritto nel sua Dna questo periodo di vita non era previsto. 

Di questo fenomeno si trovano tracce sia fisiche sia psichiche. La Natura ha fatto sì che l’uomo abbia un’eccellente vista per tutta la vita, ma non ha previsto che essa duri oltre i quarant’anni: e infatti il primitivo a cinquant’anni non era presbite, era morto. Analogamente, andando avanti negli anni, la sua potenza sessuale si affievolisce fino a scomparire: la Natura lo esclude dalla riproduzione, come esclude brutalmente la donna mediante la menopausa. La ragione è che, per la specie, l’individuo che ha avuto il tempo di riprodursi e portare i figli all’età adulta (quattordici-quindici anni) è inutile. La sua parte l’ha già fatta. 

Naturalmente questo non è il punto di vista dell’interessato. Non solo egli non vuole morire (istinto di conservazione) ma non vuole neppure invecchiare. E non è che si rifiuti di invecchiare, è che la vecchiaia gli rimane incomprensibile. Perché non è prevista nella sua filogenesi. Soggettivamente egli infatti sente di essere lo stesso di quando aveva vent’anni. Per questo, da un lato fa di tutto per essere effettivamente lo stesso (sport, avventure galanti, passione calcistica, bisbocce con gli amici) dall’altro mostra a volte un attaccamento patetico a quel tempo, portando le lenti a contatto invece degli occhiali, indossando un parrucchino, tingendosi i capelli, andando in giro in motocicletta, vestendo come un ragazzino. Tutto ciò può fare sorridere ma la colpa è della Natura, che ha dato all’essere umano soltanto un “io” giovane. È la stessa ragione per la quale alcune vecchie signore cercano disperatamente di non ingrassare, si mettono un dito di cerone sul viso (quando non fanno lifting a ripetizione) e soprattutto si truccano oltraggiosamente perché, anche se la Natura le ha escluse dalla riproduzione già da dieci o vent’anni, loro soggettivamente si sentono e vogliono apparire fanciulle appetitose.

Intendiamoci: non è che sia vietato agli anziani divertirsi, curarsi (anche nell’aspetto) e comportarsi come vogliono. Il punto è che devono farlo non negando la loro età, ma malgrado la loro età.

Lo sfasamento fra programma fisiologico e vita contemporanea si nota anche nei miti collettivi. Uno è l’amore eterno. Esso era molto più probabile quando la vita era breve e quella “eternità” si limitava a dieci o vent’anni: il partner veniva meno prima che venisse meno l’amore. Ma se la vita dura ottant’anni, e i due si sono messi insieme a vent’anni, come si può pretendere che si parli d’amore mezzo secolo dopo?

Ecco perché la maggior parte delle coppie anziane sono unite più dall’abitudine e dalla reciproca sopportazione che da quel sentimento travolgente che tutti vorrebbero “eterno”. E tuttavia, non si tiene conto della nuova realtà e quando due anziani si separano la cosa crea un piccolo scandalo.

Le difficoltà della gioventù offrono almeno due lati positivi: sono previste da sempre e durano poco tempo. La vecchiaia rappresenta invece una novità e un problema al quale non si trova una risposta adeguata. Fino ad oggi la soluzione più corrente è quella di negarla, puramente e semplicemente. Si fa finta che, non nominandola e ignorandola, non arrivi mai. Invece bisognerebbe cominciare col riconoscere che questo imprevisto costituisce metà della nostra vita e che dobbiamo profittarne, anche lottando contro una Natura che non ci aveva immaginati ed ora inventa malattie sempre più letali pur di riuscire ad eliminarci. Per essa siamo dei sopravvissuti e, per così dire, degli abusivi. Ma non c’è ragione di non trarre il meglio da questi anni regalati.

Il saggio deve essere contento di vivere questa bella novità senza chiederle più di quello che può dare. E basta che capisca a fondo il vecchio detto francese per il quale “qui n’a pas l’esprit de son âge, de son âge a tout le malheur”, chi non ha lo spirito della propria età della propria età ha tutti i guai.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

7 ottobre 2011

LA VECCHIAIA È INNATURALEultima modifica: 2011-10-07T09:05:04+02:00da
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