GianniP

GHEDDAFI, IN PARI CAUSA TURPITUDINIS

Muammar Gheddafi è morto. Per coloro che seguono distrattamente l’attualità questa è una bella notizia, il tempo invece potrebbe dare ben altro giudizio.

Diradatosi il fumo della retorica e della pubblicistica corale, ci si accorgerà che l’azione della Gran Bretagna e della Francia è stata insieme poco onorevole, illegale ed ipocrita. È poco onorevole che due delle più antiche, delle più grandi, delle più gloriose nazioni d’Europa si siano coalizzate per andare ad ammazzare un beduino. E che si sia trattato nello stesso tempo di un intervento esterno volto a rovesciare un governo e ad uccidere il suo leader, è facile da dimostrare. 

Che l’azione benedetta in origine dall’Onu non sia stata la realizzazione di una no-fly zone e non sia stata volta a difendere i civili dalle violenze dell’orribile dittatore, è stato evidente. Un dittatore, sia detto di passaggio, che agli interessati è sembrato moderatamente orribile, visto che se lo sono tenuto per quarantadue anni. 

Una no-fly zone si deve limitare ad impedire il volo degli aerei di guerra su un dato territorio. E questo è stato realizzato per così dire nelle prime ore dell’intervento. La protezione dei civili, viceversa, non si può effettuare con aerei che sfrecciano a centinaia e centinaia di chilometri l’ora. Ciò che si è fatto è stato offrire agli insorti una moderna aviazione per distruggere a terra i mezzi corazzati del regime libico, i depositi di armi e munizioni e ogni altra installazione atta alla guerra. Tutto questo era assolutamente al di fuori della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ma poco importa. La Francia e la Gran Bretagna non ne hanno tenuto conto e la stampa è improvvisamente divenuta cieca e sorda. Tutti a chiudere gli occhi in nome del sostegno agli insorti, tutti accecati dall’improvviso odio per Gheddafi. 

Come se non bastasse, le due Grandi Potenze Occidentali hanno voluto uccidere Gheddafi personalmente. A questo scopo hanno mandato i loro aerei a bombardare le case in cui si diceva che egli fosse, certo non per proteggere i civili che si trovavano all’interno. 

Come non vergognarsi di due governi che inviano dei sicari, se pure spinti da motori a getto, ad uccidere un capo di Stato straniero? Ma ancora una volta la stampa non ha visto, non ha sentito niente e non si è indignata di nulla. Ci si deve indignare per le cene di Berlusconi, non se dei governi democratici si trasformano in mandanti di un assassinio e se perfino noi offriamo i nostri aeroporti per queste nobili missioni di pace.

E tuttavia! Se almeno queste azioni fossero state utili all’Occidente, ci si inchinerebbe facilmente alla ragion di Stato e ai superiori interessi dei nostri Paese. Purtroppo difficilmente sarà così. Già non sappiamo chi siano questi “insorti”. Non sappiamo che intenzioni abbiano realmente oggi e soprattutto che cosa faranno realmente domani. L’Occidente potrebbe anche pentirsi di averli sostenuti. Ma una cosa è certa: ogni popolo ama se stesso e non ama rinnegare il proprio passato. I Russi, che pure tanto hanno sofferto del regime zarista, passano il tempo ad illustrare ai turisti le glorie di questi autocrati. E nello stesso modo i Libici, svanita la sbornia, ricupereranno Gheddafi come eroe nazionale. 

Per farlo cominceranno a dire che per piegare la Libia s’è avuta una coalizione mondiale. Che pur di abbatterlo gli occidentali hanno mandato aeroplani, navi e kommando a terra (non privi di efficacia). Che hanno tentato di uccidere questo leader con i bombardamenti e che alla fine hanno indotto quelli che lo hanno stanato a farne scempio. Chi sarà grato dell’intervento brutale delle grandi potenze europee contro un Paese dell’Africa?

Questo non è un giorno lieto, per l’Occidente. Gheddafi non era quello che gli inglesi chiamano un gentleman, ed anzi – soprattutto in passato – avrebbe meritato un bel processo per terrorismo. Forse perfino una condanna a morte. Ma non conveniva affatto all’Occidente determinare la politica di questo insignificante Paese. Se i libici volevano Gheddafi, che se lo tenessero. Se non lo volevano, che lo abbattessero con le loro forze. Ma intervenire a sostenere gli uni contro altri è sicuramente un errore. Come dicevano i romani, in pari causa turpitudinis, melior est condicio possidentis. Che in questo caso potremmo tradurre: quando il governante è pessimo, e chi vorrebbe sostituirlo non appare migliore, è meglio farsi gli affari propri e lasciare che i locali se la sbrighino fra loro.

Già si dice che nessuna buona azione rimane impunita: figurarsi una cattiva.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

20 ottobre 2011

GHEDDAFI, IN PARI CAUSA TURPITUDINISultima modifica: 2011-10-20T17:29:01+02:00da
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