GianniP

L’IPOCRISIA COME MOLLA MORALE

Michel de Montaigne pare abbia sostenuto che la distanza che ci separa dagli altri è più o meno la stessa di quella che ci separa da noi stessi. Vera o falsa che sia, questa massima (che non ricordo di aver letto negli Essais) permette una sapida interpretazione.
Ci capita di avere difficoltà a capire gli altri e in questi casi diciamo che sono diversi da noi. Ma affermando ciò sosteniamo implicitamente che siamo convinti di capire almeno noi stessi e proprio questa convinzione potrebbe essere infondata. Non a caso il frontone del tempo di Apollo ammoniva “Gnothi seauton”, conosci te stesso.
Potrebbe infatti darsi che gli altri li capiamo male ma quel poco che capiamo è fondato, perché rispetto ad essi siamo degli osservatori neutrali. Mentre per quanto riguarda noi stessi ci sbagliamo di più, perché non vediamo i nostri condizionamenti, le nostre manie e le nostre ubbie. E allora potrebbe avere ragione Montaigne.
Per quanto mi riguarda ho la sensazione di essere straordinariamente trasparente e di vivere in perfetta armonia con me stesso. Ciò potrebbe significare che ho le idee chiarissime ma potrebbe anche essere la dimostrazione che sono più cieco degli altri. Per fortuna proprio oggi, improvvisamente, mi è capitato di non essere sicuro di essere d’accordo con me stesso e la notizia mi ha molto consolato. Al punto che mi lascio andare a comunicarla agli amici.
Tutto è nato da Maria Elena Boschi. Io l’ho difesa dicendo che i suoi avversari e i moralisti in genere non sono migliori di lei, sicché sarebbe opportuno essere più magnanimi e longanimi. Ed ho anche precisato che ciò sarebbe necessario sia che si sia comportata bene, sia che si sia comportata male, perché nel secondo caso avrebbe semplicemente agito come tutti. Non mi pare che ci sia una massa di cittadini autorizzata a gettare la prima pietra.
In realtà, quando pretendono dagli altri una moralità che personalmente non hanno, gli italiani sono ipocriti. Tutti biasimano con le parole più severe gli evasori fiscali e poi sono costretti ad ammettere che qualche piccola cosa hanno evaso anche loro. Basta che abbiano pagato in nero l’idraulico che gli ha sturato il lavandino. E allora la loro indignazione è imperdonabile. Che altra occasione di evadere hanno avuto? E se avessero avuto l’occasione di risparmiare non cinquanta euro, ma un milione di euro (come l’evasore che vorrebbero vedere in carcere) siamo sicuri che al fisco non avrebbero sottratto neanche un soldo? Fino ad ora hanno soltanto dimostrato di avere evaso fin dove potevano evadere. Non sarebbe meglio che fossero un po’ meno severi?
E tuttavia, se questa è la tesi, esiste anche l’antitesi. Una società che non percepisce la negatività di certi comportamenti non ha nessuna speranza di miglioramento. Quand’ero bambino chiunque finiva il pacchetto di sigarette gettava l’involucro per terra. Oggi la stessa persona sarebbe guardata male e forse qualcuno si chinerebbe a raccogliere il pacchetto vuoto per dimostrargli, con l’esempio, che è un selvaggio. È stata questa riprovazione sociale che a poco a poco ha migliorato la pulizia delle nostre strade. Nello stesso modo, quando la gente stigmatizza il cattivo comportamento delle figure in vista, dimostra che quanto meno ne percepisce la negatività. Sarebbe peggio se lo considerasse normale. Col tempo chissà che l’indignazione collettiva non cambi in meglio le cose. La Rochefoucauld ha scritto che l’ipocrisia è l’omaggio che il vizio rende alla virtù e qui si può interpretare la sua massima come presa di coscienza della regola. Il corrotto che sa di essere un corrotto è moralmente e giuridicamente un gradino più su di chi si lasciasse corrompere senza uno scrupolo e senza la coscienza di violare la legge.
Sul momento non ho saputo quale tesi fosse più giusta ma poi ho forse trovato una conciliazione. Che la società sia ipocrita è meglio che se non fosse neppure ipocrita. Ma mentre ciò è utile all’insieme del popolo, questa ipocrisia non giustifica il singolo. E qui sorge un’obiezione simile a quella che si muoveva a Rousseau. Il pensatore sosteneva che il singolo nasce buono e la società lo corrompe e i critici gli chiedevano come potesse essere cattivo l’insieme se i suoi singoli componenti erano buoni. Ma mentre per Rousseau l’obiezione è forse insuperabile, nel nostro caso si può fare un paragone con il senso della morte.
L’orologio biologico vuole che il singolo muoia e lasci il posto ad un nuovo nato in vista del miglioramento della specie. Ma se questo meccanismo è utile per la collettività, non si può certo dire che sia un bene per il singolo. Così, mentre accetto che l’ipocrisia della società può avere un lato positivo, non riesco ad esimermi dal disprezzare il singolo ipocrita. Anche perché, mentre lui emette un giudizio morale, la specie non se lo permetterebbe mai.
Meno male. Mi sento daccapo d’accordo con me stesso. Forse sono insalvabile.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
18 dicembre 2017

L’IPOCRISIA COME MOLLA MORALEultima modifica: 2017-12-18T18:01:03+01:00da
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