GianniP

IL PRIMATTORE ENTRA AL TERZO ATTO

I giornali hanno una caratteristica inevitabile, parlano del futuro. Ed è normale: perché la gente il passato crede di conoscerlo. Vuole invece sapere ciò che accade oggi, magari fino a poco fa (e a questo serve la televisione). E poi desidera anche che gli venga spiegato che conseguenze potranno avere gli eventi. Così il giornale risulta fatto di cronaca e vaticinio.
Purtroppo, da tempo l’Italia si sente quasi senza giornali. Da un lato sembra che non ci siano fatti ma soltanto parole, dall’altro non si ha idea di che cosa avverrà. E se tutto è possibile, a che serve prevedere un giorno una cosa, e un giorno un’altra cosa?
E non è soltanto da un paio di mesi che viviamo in questo modo. Dal momento del referendum del 4 dicembre 2016, abbiamo avuto per un anno il governo Gentiloni. Qualcosa come un segnaposto. Non si sapeva se sarebbe tornato Renzi o se sarebbe avvenuto qualcosa di nuovo. Ed è questa seconda ipotesi che si è rivelata giusta: infatti, neanche le elezioni del 4 marzo, che avrebbero dovuto soffiar via le nebbia, sono riuscite a dirci che cosa ci attende.
Dopo la sorprendente vittoria del M5S, e la grande affermazione della Lega, tutti sono rimasti perplessi: “E ora?” Ma la realtà non ha dato risposte. E i giornali, disperati, una settimana dopo l’altra hanno riportato lo stesso bollettino: “Niente di nuovo sul Fronte Occidentale”.
Così sono passati tre mesi. Tre mesi senza notizie. Poi, da un giorno all’altro, e dopo un colpo di scena da pochade (“Gettiamo in galera Mattarella?”), si è formato il governo. Ma è soltanto cambiato il tipo dell’attesa. Che cosa faranno, questi sprovveduti? Come se la caveranno, con le loro promesse impossibili? E come andrà quando giocheranno con la dinamite dei mercati? Già oggi Fitch risponde: “Male”. Comunque, come potrebbero esserci, le notizie, se esse sono un’eco dei fatti e di fatti ce n’è soltanto uno: la porta in faccia ai migranti? Grandi applausi ma è l’unico “cambiamento”, e l’unico a costo zero.
La sostanza vera, quella che riguarda la nostra economia, il nostro portafogli e in definitiva la nostra vita, non si è ancora vista. E i giornali continuano ad astrologare interminabilmente sul senso da dare alle parole di Tizio, sul peso da dare alle sparate di Caio e a scrutare il volo degli uccelli e le viscere delle vittime sacrificali.
Si è quasi costretti a svicolare sull’etica, sul costume, sul corsivo. Da un lato non pare che possa avere importanza ciò che dice un personaggio come Roberto Fico, anche se è il Presidente della Camera dei Deputati; o sapere che cosa pensa, sotto il cumulo-nembo dei suoi capelli, l’occhialuto Danilo Toninelli. Troverei pressoché umiliante studiare accuratamente i loro pensamenti. Non so che cosa abbia scritto Umberto Eco nella “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, ma una cosa è certa: prima di leggere la fenomenologia di Bongiorno dovrei leggere quella di Napoleone. Se qualcuno l’ha scritta.
E allora, quand’è che la storia si rimetterà in moto, quand’è che avremo finalmente le notizie? Al riguardo mi viene in mente il Tartufo di Molière. In questa “comédie de caractère”, avviene una cosa stupefacente. Passa tutto il primo atto, e Tartuffe, il protagonista, non compare in scena. E allora – si pensa – arriverà al secondo atto. E invece niente. Tartuffe arriva, nientemeno, al terzo atto. Analogamente, per quanto riguarda l’Italia, è inutile stare a parlare di Salvini, di Di Maio e perfino del ministro Tria. Sono personaggi di secondo piano. Il vero protagonista, da cui tutti loro dipendono, entrerà in scena fra qualche settimana e si chiama “problema economico”. Un gigante non molto intelligente, anzi addirittura rozzo, ma straordinariamente forte. Tanto che chiunque ha da fare con esso deve per forza assecondarlo. Se proprio vuole cercare di circuirlo, dovrà farlo con estremo garbo e senza esagerare. Perché, se lo si insospettisce, si è sicuri di perdere: il bestione è invincibile.
E infatti il dubbio è: come si comporteranno i nostri dilettanti al potere? Se per attuare il loro programma sfideranno i mercati, saranno spazzati via con un gesto annoiato. Se rinunceranno ad attuare il loro programma, come reagiranno gli elettori, dopo mesi di vanterie, di annunci, di lampi di ottimismo e di aurore più che rosee, perfino nell’imminenza del DEF? Forse sono ancora troppo ottimista. Sarà difficile evitare gli scogli di una situazione che, anche per chi rinunziasse a far miracoli, si presenta tanto in salita. Per esempio per quanto riguarda l’Iva.
Domande senza risposta. Non siamo ancora al terzo atto. Il “bello” – se vogliamo usare un’antifrasi – deve ancora venire.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

1° settembre 2018
Invito gli amici ad usare come indirizzo giannipardo1@gmail.com. Grazie.

IL PRIMATTORE ENTRA AL TERZO ATTOultima modifica: 2018-09-01T08:42:08+02:00da
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