GianniP

IL MONDO CON LA BARBA

Ero andato dal dentista e aspettavo il mio turno. Purtroppo ero arrivato in anticipo e sapevo perfettamente che avrei dovuto attendere non soltanto che il dottore finisse di curare il cliente che aveva attualmente sulla sua sedia speciale (una sorta di astronave blu, ondulata, su cui ci si sdraiava come per arrendersi) ma anche il signore seduto dall’altra parte della stanza. Un uomo magro, di mezza età, con un barbone nero da fare spavento. E così, non essendomi portato niente da leggere, mi sono messo a fantasticare su di lui. Dall’aspetto di un uomo non si può dedurre nulla. Poteva essere un genio o un mezzo cretino, e il fatto che avesse bisogno di un dentista non significava nulla. Tutti ne abbiamo bisogno, una volta o l’altra. Al punto che lo Stato, per prudenza, non rimborsa queste prestazioni.
Il mio uomo non sembrava un tipo da grandi conversazioni. Se capitava che incrociassimo lo sguardo, distoglieva gli occhi. Del resto, mi accorsi che era quello che facevo anch’io. E tuttavia rimanevamo l’unico passatempo, l’uno per l’altro. Così mi concentrai sulla sua barba. Ovviamente, sotto tutti quei peli c’era metà della sua faccia. E il suo mento. Ma, appunto, com’era quel mento? Istintivamente me l’ero figurato del tutto regolare, ma avrebbe potuto essere prominente, sfuggente, o addirittura non esistere. C’è gente senza mento e infatti non è un osso assolutamente necessario. Le scimmie non lo hanno e non ne sentono la mancanza. È un optional umano, quasi standard. E tuttavia la mia prima idea era stata che quel mento fosse del tutto regolare. Cosa che costituì una sorta di illuminazione. O quanto meno qualcosa da masticare, col cervello, per non stare a contare i secondi.
Prendiamo le donne, mi dicevo. Le donne hanno seni, capelli, gambe e tutto un corredo che può essere più o meno attraente, per noi uomini. Ma – ecco il punto – nel dubbio sono attraenti. La ragazza ha i capelli color dell’oro? Ed io, come un imbecille, penso sia una bella bionda. Mentre dovrei pensar che abbia azzeccato la tintura giusta, col suo parrucchiere. Ha dei seni piccoli e aggraziati? In realtà può darsi che siano sconsolatamente cascanti e soltanto un reggiseno da cento euro riesce a farli apparire vivaci e aggressivi. E le gambe? Come sono le gambe, dentro i pantaloni? Al riguardo bisognerebbe essere sempre molto prudenti. Perché il semplice buon senso consiglia a tutte quelle che hanno le gambe troppo magre o troppo pesanti, di indossare dei pantaloni, perché poi quelle gambe gliele riformeranno tutti in meglio, nella loro mente. Come io ho riformato il mento di quest’uomo.
Considerazioni insulse, se non fosse che questo vizio l’abbiamo a trecentosessanta gradi. Cresciamo considerando la realtà come vorremmo che fosse, non com’è, perché falsifichiamo tutto ciò che non è evidente. Ci aspettiamo che il prossimo sia civile e magari soccorrevole soltanto perché la facciata è fatta di saluti, di auguri, e di “Come stai?” In realtà agli altri non interessa un accidenti di sapere come stiamo. Così siamo sorpresi quando capita che abbiamo veramente bisogno del prossimo e non c’è un cane che ci dia una mano. Perché le buone maniere avevano nascosto la nostra solitudine e l’egoismo di tutti.
Neanche l’esperienza ci insegna molto. Viviamo a lungo, rispetto alla maggior parte degli animali, e tuttavia non impariamo gran che. Se il tempo insegnasse qualcosa, le grandi tartarughe, che vivono duecento anni, dovrebbero saperla più lunga di noi. Così continuiamo a stupirci del fatto che i politici ci hanno ingannati, che un dato giorno di ottobre è molto più fresco o molto più caldo di come ce l’aspettavamo e ignoriamo che la maggior parte delle famiglie sono un inferno. E infatti molti non esitano a dire che soltanto i loro parenti sono vere carogne. Per non parlare dei politologi da bar che, dovendo condannare la società in cui vivono, dicono che “In nessun Paese del mondo avvengono queste cose.” Come se li conoscessero, tutti gli altri Paesi. Come se li avessero studiati. Come se sapessero per certo che sono tutti migliori del nostro, mentre in realtà sono soltanto nascosti dalla barba.
Ecco, è il mio turno. Il mio compagno d’attesa è appena uscito da quella porta e andando via mi ha salutato con un cenno del capo. “Buongiorno anche a lei”, gli ho risposto. Sorridendo nel mondo civile, gentile e affettuoso nel quale ambedue crediamo di vivere.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

25 settembre 2018
Solo perché la politica è “una barba” anche più noiosa.

IL MONDO CON LA BARBAultima modifica: 2018-09-26T08:42:51+02:00da
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