GianniP

LEGALITA’ DELLE “PENSIONI D’ORO”

Ovvero: che fare delle pensioni rubate?
C’è qualcosa di fastidioso, di volgare, e al limite di miserabile, nella furia con la quale molti si scagliano contro quelle che chiamano “pensioni d’oro”. Una simile, acre passionalità fa pensare ad un povero disgraziato che ispirerebbe pietà – e magari la voglia di dargli una mano – se soltanto chiedesse la carità, ma fa totalmente cambiare il sentimento quando estrae un coltello e strappa il portafogli a un passante. Senza arrivare alla severità del Decalogo, che all’art.9 vieta non di togliere agli altri i loro beni, ma addirittura di desiderarli, nessuno può essere autorizzato al furto o alla rapina.
Questa avidità riguardo ai beni altrui, tanto contraria alla Legge Mosaica, trova una sua giustificazione nel fatto che molte delle pensioni erogate col metodo retributivo sono economicamente ingiustificate. E val la pena di ripetere qualche concetto essenziale in materia. La pensione è una retribuzione differita. Il lavoratore si assicura contro la vecchiaia versando mensilmente una quota della sua paga e alla fine, quando si mette a riposo, l’ente che ha percepito quelle rate mensili gli versa un trattamento che gli consente di vivere. Questa la regola.
Invece anni fa lo Stato cominciò ad erogare pensioni senza tenere conto delle somme versate dal lavoratore, ma partendo dall’ultima retribuzione percepita (metodo retributivo). Così la pensione, invece che essere stata pagata preventivamente all’interessato, è stata pagata dagli altri lavoratori in servizio. Ed è avvenuto che migliaia di lavoratori, in pensione anche a cinquant’anni o meno, hanno percepito per trenta o quarant’anni un reddito mensile in nulla comparabile alle somme versate come contributo pensionistico. Detto brutalmente, in Italia esistono ancora oggi decine di migliaia di persone che da decenni vivono a spese dei contribuenti. Per giunta ora la legge voluta da Di Maio non gli torcerà un capello e non gli sottrarrà un euro perché di gran lunga la maggior parte di questi parassiti non arriva a 4.500€, e neanche 2.000€. Il perché è ovvio: se un tizio ha mille o millecinquecento euro di pensione, togliendogliene una buona parte, lo si condanna alla fame.
Le pensioni retributive (anche la mia) sono uno scandalo economico. Ma quello Stato che le ha concesse in un momento di follia – una follia molto applaudita, come oggi si applaude il taglio delle “pensioni d’oro” – non ha il potere di rimangiarsi la parola data. Una donazione, secondo la legge italiana, può essere revocata soltanto quando (art.801 C.c.) il donatario si è comportato in modo indegno, ma nulla è previsto nel caso che in modo assurdo si sia comportato il donante. Delle proprie disponibilità finanziarie ognuno può fare quello che crede. Se dunque lo Stato è stato un demagogo imbecille, non si vede perché la sua imbecillità debba essere pagata da coloro che ne hanno beneficiato. Addirittura, un antico e cinico proverbio siciliano chiede: “Se il ricco non fosse un minchione, il poverello potrebbe forse vivere?”
Fra l’altro, parlare di imbecillità, in questo caso è azzardato. È “stupida” l’azione politica che io disapprovo (per esempio il reddito di cittadinanza), ma la stessa azione non è stupida per i milioni di italiani che l’applaudono. E comunque lo Stato non può essere interdetto per manifesta infermità mentale. Neanche quando crea un debito pubblico mostruoso. In altri termini, il sistema delle pensioni erogate col metodo retributivo, per quanto assurdo, non è meno legale di altri provvedimenti.
Come se non bastasse, lo Stato ha il dovere di non comportarsi in modo spregevole. Secondo Montesquieu, la molla fondamentale della monarchia assoluta (regime sotto il quale viveva) non era la pura forza, o peggio il terrore, come può avvenire con la tirannide; era, al contrario, l’“onore”. I nobili ed i cittadini dovevano comportarsi con onore nei confronti del sovrano, e il sovrano doveva avere un comportamento onorevole nei confronti dei sudditi. Pare di sognare. Una monarchia assoluta tanto leggera e facile da sopportare come quella francese, a confronto di democrazie popolari come la Romania di Anna Pauker o la Germania Orientale di Ulbricht e Gottwald. Per non parlare della Russia di Stalin. È proprio vero che l’etichetta sulla bottiglia conta meno del suo contenuto.
Lo Stato italiano non sarà magari fondato sull’onore, ma neanch’esso può mancare alla parola data. Se, per esempio, decide di rendere punibile un dato comportamento, non per questo può punire coloro che lo hanno commesso prima che la legge fosse promulgata. Nullum crimen sine praevia lege. E, in ossequio alla parola data, lascerà libero e impunito qualcuno che reputa certamente meritevole di una punizione.
Insomma, anche se Di Maio forse non lo sa, l’idea di tagliare le cosiddette “pensioni d’oro” è un assurdo giuridico. E probabilmente la Corte Costituzionale glielo spiegherà meglio di me.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
18 ottobre 2018

LEGALITA’ DELLE “PENSIONI D’ORO”ultima modifica: 2018-10-18T17:59:11+02:00da
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