GianniP

CIO’ CHE SEGUIRA’ IL CAPITALISMO

Il “Corriere” da notizia dalla visita in Italia del prof.Wolfgang Streeck, illustre sociologo già direttore del Max Planck Institute per lo Studio delle società. Il titolo annunciava una sua teoria sulla fine del capitalismo e confesso che mi aspettavo idee più originali di quelle che ho letto nell’articolo a lui dedicato(1). Purtroppo il sociologo è “collocato saldamente nella sinistra politica tedesca” e si vede. Dice che il capitalismo è entrato nella «fase finale» per le sue contraddizioni interne, ed è chiara l’eco delle parole di Karl Marx. Non diversamente da quando dice che “Il capitalismo sta nell’investire capitale per creare più capitale per più investimento”. Per non dire che, secondo lui, il capitalismo del libero mercato non può convivere con la democrazia. Che infatti, in Gran Bretagna, non s’è mai vista.
Che delusione. Ma andiamo a ciò che ha detto d’interessante sulla fine del capitalismo. Streeck sostiene che il sistema socio-economico attuale si avvia verso una grande crisi perché non è sostenibile nel lungo termine. Il capitalismo comunque non perirà colpito al cuore da una coltellata ma in seguito a mille feritine. Ad ognuna di esse si poteva forse mettere rimedio, ma tutte insieme sono letali.
Le ragioni del crollo sono ammirevolmente riassunte in questa progressiva e irresistibile triade: “declino della crescita, crescente disuguaglianza e aumento del debito – pubblico, privato e complessivo”. Ma la teoria diviene discutibile subito dopo, non appena ci si chiede che cosa seguirà questo drammatico momento.
Streeck , che forse non osa sperare nel ritorno del comunismo, sogna almeno il socialismo. Naturalmente lo sogna senza i difetti che esso ha già denunciato in passato, ma questo discorso è stato fatto infinite volte, e inutilmente, a proposito del comunismo. Senza i suoi difetti l’Unione Sovietica sarebbe stata libera e ricca. L’unico socialismo esistente è quello reale. Quello al cui fallimento stiamo assistendo.
Ma l’orizzonte del professore è limitato dalle teorie di Marx. Il sistema attuale “non sarà necessariamente seguito dal socialismo e da un altro ordine definito, ma da ‘un duraturo interregno’, da un ‘periodo prolungato di entropia sociale’, in sostanza di disordine”. Un caos in cui prevale un “irragionevole edonismo competitivo”, dice mestamente. La sua fantasia è incapace di andare oltre un pregiudizio dirigista. Sembra pensare che gli uomini, per sopravvivere, debbano forzatamente abbracciare una teoria economia. Che, se non fossero guidati dallo Stato, non saprebbero come produrre ricchezza. E questo è completamente falso. Gli uomini creano ricchezza perché hanno interesse a farlo, e l’interesse non ha bisogno di essere predicato.
Ma per argomentare compiutamente devo partire da lontano. Il capitalismo non è stato inventato dagli economisti classici. Essi lo hanno soltanto “constatato” e “descritto”, cercando di capirne le regole. Marx invece non si è limitato ad osservarlo: ha sostenuto che andava cambiato. Bisognava sostituire il capitalismo privato col capitalismo di Stato, attuando, dopo la rivoluzione borghese, la rivoluzione proletaria. Il mondo occidentale ha rigettato le teorie di Marx e tuttavia ha introdotto sempre maggiori elementi di dirigismo statale nel capitalismo privato. Non ha seguito i dogmi economici di Marx ma ha aderito ai sentimenti del comunismo. La nostra società ha sposato il socialismo ma s’è tenuto il comunismo come amante, fino a creare quello che chiamerei un “capitalismo privato che ha mala coscienza”. Lo si è visto mille volte, Per esempio, tutti gli scontri in materia di salario, sono stati visti come la giusta protesta dei lavorator per i loro diritti calpestati, o meglio, per dirla col linguaggio di Marx, come una lotta contro lo sfruttamento dei proletari. E lo Stato poteva non essere al loro fianco?
Per molti decenni il risultato non è stato negativo. Il progresso della tecnologia e il boom demografico hanno a lungo permesso che il sistema funzionasse e così si è creato sempre più benessere. Oltre alla fideistica convinzione che sarebbe andata sempre meglio. Finché impercettibilmente ma inesorabilmente, il sistema ha cominciato a rallentare, fino a giungere, all’inizio del Terzo Millennio ad una stasi di cui non si vede la fine. A mio parere, nei Paesi sviluppati ciò è dipeso dall’enorme aumento della pressione fiscale. È stato infatti necessario finanziare uno Stato vorace e onnipresente e alla fine si è messa tanta sabbia negli ingranaggi che la macchina ha cominciato a rallentare. E, in Italia, a fermarsi.
L’errore è consistito nell’intervento statale. Un sistema libero, guidato dagli interessi individuali e limitato soltanto dal codice penale, riesce seriamente a individuare ed eliminare il guasto prima che divenga metastasi. Se una linea produttiva è superata dalla tecnologia o dalla concorrenza estera, il mercato la elimina senza pietà. Invece, secondo la mentalità contemporanea, quello stesso Stato che prima ha tassato a morte le imprese, quando esse rischiano di fallire, e buttare sul lastrico gli operai, è intervenuto a salvarle, con i soldi dei cittadini. E così ha falsato il libero mercato ed ha impoverito il Paese. Il caso dell’Alitalia ha toccato le vette dello scandalo. Lo Stato, cercando di correggere gli errori del proprio dirigismo, ha iniettato nella società ulteriori dosi di dirigismo. Da almeno mezzo secolo si ha l’impressione che lo Stato corra continuamente a destra e a manca a turare falle, riuscendo soltanto, con un diluvio di interventi e di leggi, a complicare la vita del Paese in modo inimmaginabile. Lo dice lo stesso Streeck, quando parla di “un continuo lavoro di riparazione” da parte dello Stato. Quello Stato, dico io, che si è creduto il medico, mentre era esso stesso la malattia.
Così, nel nostro “socialismo reale”, l’erario ha avuto un sempre maggiore più bisogno di denaro ed ha reagito con una tassazione di rapina. Per giunta non riuscendo neppure ad applicarla seriamente e creando vittime del fisco ed evasori felici. Un disastro .
Se fosse liberata dall’intervento dello Stato programmatore, la società tornerebbe al suo stato naturale; quello che osservarono Adam Smith e David Ricardo. Forse Streeck non si è reso conto che il capitalismo privato non è una “teoria”, come il marxismo: è la posizione di “default” dell’economia, il suo equilibrio stabile. Gli esseri umani, lasciati liberi, si comportano da capitalisti. Il sistema non è esente da difetti, ma la differenza è che il socialismo, volendo la perfezione, alla lunga crea miseria, mentre la libertà economica, col suo “irragionevole edonismo competitivo”, crea ricchezza.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

24 marzo 2019
(1)Corriere della Sera – La Lettura – Danilo Taino – 24/03/2019 pg. 5 N.382 – 24 marzo 2019. Forse leggibile anche in http://cercanotizie3.mimesi.com/Cercanotizie3/popuparticle?art=429167500_20190324_14004&section=view

CIO’ CHE SEGUIRA’ IL CAPITALISMOultima modifica: 2019-03-25T10:18:31+01:00da
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