GianniP

IL SAPORE DELLA DEMOCRAZIA

Il vantaggio di essere vecchi (uno dei tanti, il primo è quello di non essere ancora morti) è la capacità di ricordare non soltanto i fatti del passato ma, per così dire, il loro sapore. E questo può essere molto utile.
Dall’unità d’Italia fino al fascismo la grande massa del popolo non era molto informata e in buona misura non era nemmeno alfabetizzata. Pochissimi leggevano i giornali e pochissimi seguivano seriamente la vita politica. Si sapeva che a Roma c’era un Parlamento, che votando vi si mandavano dei deputati e dei senatori, ma per così dire non molto di più. La politica si faceva a Roma e nell’immensa periferia se ne subivano soltanto gli effetti.
La democrazia era dunque veramente “rappresentativa”, nel senso che i votanti per la maggior parte, non avevano un’idea esatta di ciò di cui si occupava il governo. Essi speravano soltanto che i personaggi che avevano contribuito a mandare a Roma si comportassero bene e facessero i loro interessi.
In realtà la politica era quella di sempre, e rimaneva valida la massima di Bismarck secondo cui: “Quanto meno la gente sa di come si fanno le leggi e le salsicce, tanto meglio dorme”. Ma apparentemente i parlamentari e i ministri sembravano superiormente competenti, dotati di un potere grandissimo e presumibilmente ben preparati a gestirlo.
La sensazione che abbiamo oggi, in Italia, è del tutto diversa, se non opposta. La democrazia è tanto poco rappresentativa, che molti credono possibile, anzi normale, che si passi alla democrazia diretta. L’intero popolo, magari via internet, deciderà quali leggi approvare e quali respingere. E poiché il popolo non è affatto qualificato a discutere seriamente di diritto, di economia, di trattati internazionali e via dicendo, di fatto la politica è invasa da un vociare confuso in cui si colgono occasionalmente slogan, insulti, semplificazioni da accapponare la pelle, grida di odio, e proposte demenziali. Insomma ogni sorta di enormità che può uscire dalla bocca di un ignorante maleducato.
Come non bastasse, la distanza fra i rappresentanti e i rappresentati si è annullata. Vedendo tutti i giorni personaggi come Salvini e Di Maio in televisione, la maggior parte della gente li “incontra” più spesso dei vicini di pianerottolo. Nessuna aura di autorità o di diversità li circonda. Sono proprio come noi e non migliori di noi. Dunque possiamo inveire contro di loro se ci sono antipatici, o possiamo approvarli con un “like” se proclamano gli stessi slogan sommari che usiamo noi al bar.
Il politico di massimo successo del momento, Matteo Salvini, è tanto volenterosamente inserito in questa corrente, da vestirsi come i ragazzacci, da parlare in maniera volgare, non rifuggendo né dal turpiloquio né dalle più becere semplificazioni. Non è il leader illuminato che guida verso il meglio il vascello del Paese, è il capo della claque cui indica di volta in volta se deve gridare osanna o crucifige.
A questo punto, stranamente, si è manifestato un chiaro sentimento di “già visto” (non dico déjà vu perché, visto come lo pronunciano, significherebbe “già voi”). La tecnologia ci ha resi tutti visibili e compresenti, e la nostra democrazia è passata da rappresentativa a diretta. È come se fossimo in piazza, ad Atene, nel V Secolo a.C. E forse è anche peggio. Infatti ad Atene non contavano le donne (assenti), gli schiavi, e i cittadini del contado che, non avendo tempo o interesse a fare chilometri per partecipare alle assemblee, rimanevano a casa loro. Dunque, già allora, non si tratta di tutti i cittadini, ma di una parte di loro, la più informata. Mentre nella nostra democrazia veramente tutti possiamo prendere la parola, sia sparando una sciocchezza su qualche social forum, sia disseminando “like” o “dislike” a destra e a manca.
E a questo punto si vede quante sciocchezze può decidere un’assemblea popolare, quante ingiustizie può perpetrare (per esempio con l’ostracismo), arrivando persino ad applaudire una guerra demenziale e totalmente ingiustificata come quella contro Siracusa. Una spedizione che si è conclusa col massimo disastro subito da Atene. Una disfatta che probabilmente ha più che propiziato la sconfitta nella Guerra contro Sparta. Un’assemblea tanto sconsiderata da essere riuscita a fornire a un figlio di buona donna come Alcibiade sufficienti giustificazioni per tradire la sua patria e collaborare – oh quanto efficacemente – col nemico.
La democrazia diretta – a parte la grande conquista della libertà – non può vantare grandi successi. E la nostra presenta svantaggi persino in confronto a quella greca. Ad Atene si discuteva in pubblico, e non a base di slogan. L’oratore cercava di convincere i concittadini a seguirlo e aveva il tempo di esporre compiutamente la sua idea. Nella sbrigativa, televisiva, internettiana Italia attuale, bisogna esporre la propria idea con pochissime parole, più o meno quante ne consente un forum. Tempo fa ce n’era uno – forse c’è ancora – che imponeva di condensare il proprio pensiero in 150 caratteri o giù di lì. Si tenga presente che l’Ave Maria supera i duecento. Poi, se si parla, non si riescono ad allineare due frasi, che già si è interrotti da qualcuno, che si sovrappone e non per dire una parola o due, ma tutto un discorso. Che nessuno capisce.
Ecco ciò che disorienta tanti anziani cittadini. Siamo stati educati nella democrazia rappresentativa, un mondo in cui chiunque avesse soltanto rischiato di sbagliare un congiuntivo avrebbe fatto meglio a cambiare mestiere, e ci troviamo improvvisamente a vivere nell’Atene di venticinque secoli fa. Anzi, in un ambiente più selvaggio. Allora non c’erano né microfoni né amplificatori e se Pericle poteva far sentire il suo parere, era perché, mentre lui parlava, centinaia o migliaia di cittadini stavano zitti. Se lo sarebbe potuto permettere, oggi? Vittorio Sgarbi, se fosse stato di parere diverso, gli avrebbe permesso di completare il suo discorso?
Siamo passati dalla democrazia, governo del popolo, all’oclocrazia, governo della plebe. E a questo punto non dovremo più stupirci di nulla. Nemmeno di finire schiavi nelle latomie.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

IL SAPORE DELLA DEMOCRAZIAultima modifica: 2019-07-28T08:47:47+02:00da
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