GianniP

M6S-PD, IL PROBLEMA DEL PROGRAMMA

Fino a ieri, moltissimi imploravano Salvini di “staccare la spina” a questo governo. E tutti pensavano, sulla base delle stesse dichiarazioni degli interessati, che Movimento e “democratici” fossero incompatibili. Poi, quando le due forze hanno progettato la loro alleanza, tutti hanno rimproverato a Salvini di non averlo previsto. Come se loro l’avessero previsto. Ma questo è semplice sciacallaggio intellettuale. Ora comunque il problema è diventato attuale e, pur non sapendo quale degli scenari si realizzerà, può essere utile esaminare quali sono le possibili difficoltà di quell’accordo.
Sappiamo tutti che il suo scopo fondamentale è quello di evitare nuove elezioni. Le ragioni sono chiare. I renziani rischierebbero di andare tutti a casa, perché le future liste dei candidati le scriverebbe ora Zingaretti, e i Cinque Stelle, fra calo dei consensi e regola dei due mandati, rischierebbero quasi tutti il seggio. Il fine è comune ma i mezzi vanno concordati. E il problema fondamentale è quello del programma.
Per un governo di breve durata, il programma sarebbe necessariamente conciso e potrebbe non menzionare quei punti sui quali non c’è accordo. Ma un simile esecutivo probabilmente non supererebbe l’esame del Quirinale. Il Presidente della Repubblica potrebbe dire: “O avete un serio programma di legislatura dettagliato, scritto e controfirmato, come hanno fatto in Germania, o non se ne parla. Non possiamo ritrovarci nella situazione attuale fra quattro o cinque mesi”. E sarebbe la pura verità.
Purtroppo, per un governo di legislatura, è necessario accordarsi su un programma completo. E come farlo? I punti di contrasto sono numerosi e i negoziati richiederebbero molto tempo. In Germania si è arrivati ad un programma condiviso soltanto dopo mesi di trattative, avendo contrattato ogni punto e tenendo conto dei relativi finanziamenti. In Italia non abbiamo tanto tempo. A breve scadenza dovremo presentare all’Europa documenti economici impegnativi, e un governo in carica soltanto per gli affari correnti, mentre quelle due forze negoziano, avrebbe difficoltà a stilarli. Per non parlare della legge di stabilità e della possibilità dell’esercizio provvisorio che, a torto o a ragione, è visto come gravissimo.
Insomma ai due “nubendi”, da un lato si chiede un programma vasto, dettagliato e su cui i partiti si impegnino seriamente, dall’altro non gli si può dare il tempo di scriverlo. E, quanto a un governo di breve durata, ammesso che Mattarella lo lasci passare, c’è il rischio che esso debba farsi carico di provvedimenti molto impopolari, per poi passare la mano a chi gli rimprovererà ipocritamente il suo operato, pur sapendo che al suo posto avrebbe fatto la stessa cosa.
Si direbbe che, fino ad oggi, si siano fatti i conti senza l’oste. Si è parlato molto di eliminare il presunto dittatore Salvini, disinvoltamente presumendo per il resto che “ci si sarebbe messi d’accordo”. Ma siamo sicuri che sia possibile? Il diavolo si nasconde nei particolari. E dinanzi ad un programma generico, ambiguo e truffaldino, Mattarella potrebbe rispondere: “Tornate con un vero programma o non tornate”.
Purtroppo per gli ottimisti, ci sono punti, come il Tav, in cui il “ni” non esiste: o si fa o non si fa. E lo stesso vale per le riforme giustizialiste, per le impuntature sui grandi lavori e cento altre cose. La realtà è che, in passato, le critiche vicendevoli, anche le più acerbe, non sono state infondate. I due partiti sono molto diversi. Il Pd è l’erede di una lunghissima linea politica che ne ha fatto un partito socialdemocratico cosciente di tutti i guasti del massimalismo e dell’idealismo dissennato. Il Movimento invece non ha radici, non ha ideologia, non ha nemmeno cultura e vive a rimorchio degli umori del Web. Non ne sa più degli avventori dei bar. E poiché reputa che l’istinto sia miglior consigliere della ragione – non a caso il suo organo “intellettuale” è stato intitolato a Rousseau – pensa che il popolo sia sempre nel giusto, e ne segue le indicazioni. Anche se il suo popolo sono poi poche migliaia di esagitati che battono sulle tastiere dei computer.
Lo sfascismo è un pessimo programma. Nell’antichità spesso si pensava che dovesse avere il diritto di votare soltanto chi disponeva di un certo censo, cioè gli abbienti. E la motivazione era che costoro, avendo parecchio da perdere, avevano interesse a preservare la nazione. Mentre chi non possedeva nulla, tendeva a distruggere tutto nella speranza di ricavarne qualche utile. Nessuno dice che si dovrebbe tornare a questo sistema, ma è meglio affidare la Banca d’Italia ad un colto funzionario di banca che al primo che passa. Se poi invece si insiste a mettere un impiegato di società d’assicurazione come Danilo Toninelli a capo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, i risultati sono quelli che abbiamo visti.
Auguriamo un grande successo alla coalizione giallo-rossa, ma stavolta Renzi dovrebbe passare a noi il suo sacchetto di pop corn.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
20 agosto 2019

M6S-PD, IL PROBLEMA DEL PROGRAMMAultima modifica: 2019-08-20T07:16:24+02:00da
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