GianniP

RIFLESSIONI SULL’IMMIGRAZIONE – 1

Il gattino sul palo
Parlare di immigrazione è pericoloso. Dal momento che la questione è stata sempre affrontata sulla base di emozioni, se non di pregiudizi, la maggior parte della gente ha ormai una sua idea che non è disposta a mettere in discussione. E ciò rende le riflessioni razionali praticamente inutili. Per fortuna, in questa sede intendiamo soltanto divertirci con quel giocattolo che abbiamo dentro la scatola cranica.
Per prima cosa, bisogna sgombrare il terreno da ogni problema morale o razziale. Qui ci si occupa di sociologia. Se l’Europa è stata insanguinata dalle guerre di religione, durante il Rinascimento, è stato perché, nello stesso territorio – per esempio in Germania e in Francia – c’erano cattolici e protestanti. Due sette cristiane, ambedue devote a Gesù, dio d’amore, e tuttavia intente a scannarsi vicendevolmente con entusiasmo. Semplicemente perché i credenti si distinguevano tra “noi” e “loro”. E dopo anni in cui erano scorsi fiumi di sangue, ci fu forse una soluzione religiosa? Nient’affatto. Si ebbe una soluzione legale: la religione di un Paese era ufficialmente quella del suo sovrano, cuius regio eius religio (Pace di Augusta, 1555). E i cittadini non avevano che da conformarsi.
Questo episodio storico dimostra che, nel “razzismo” tanto citato, la prima molla non è il colore della pelle, o la religione, o chissà che altro: è sufficiente qualunque cosa che induca la gente a distinguere il “noi” dal “loro”. Soltanto per questo poi si disposti a fare a botte e peggio che a botte. Dunque, se si vuole la pace sociale, nella misura del possibile bisogna cercare di evitare la formazione di gruppi allogeni (per colore della pelle, per lingua, per religione, o per qualunque altro verso). Se dunque i possibili immigrati sono di tale natura che presto si integreranno nella società di arrivo, sarà magari un bene accettarli. Si è verificato con italiani e spagnoli in Francia, si verifica con i rumeni in Italia. Viceversa, in un Paese bianco non bisogna importare dei neri perché, anche ad essere persone eccellenti, del tutto incolpevolmente finiranno per essere inassimilabili. Semplicemente a causa del colore della pelle. Ne sanno qualcosa gli americani, a centocinquant’anni dall’abolizione della schiavitù.
Oggi si possono finalmente importare dei protestanti in Paesi cattolici e cattolici in Paesi protestanti, ma ancora non si possono importare musulmani in Paesi cristiani perché anche i figli, i nipoti e i pronipoti dei primi immigranti rimangono inassimilabili dal punto di vista religioso e spesso sociale. Ne sa qualcosa la Francia, in cui ci sono dei maghrebini che, alla terza generazione nata e vissuta in Francia, sono ancora più musulmani che francesi.
Dunque le discriminazioni, in materia di immigrazione, non sono il frutto di pregiudizi e di chissà quale forma di malvagità, ma la constatazione che alcuni gruppi creano problemi e altri non ne creano. Gli italiani, negli Stati Uniti, hanno da prima creato notevoli problemi di criminalità, ma alla lunga si è visto che erano cristiani, bianchi e disposti a divenire americani. Oggi la criminalità italiana è soltanto un ricordo storico e un argomento di film. Viceversa il terrorismo islamico ha marchiato il Paese, con l’attentato alle Torri Gemelle, almeno per secoli. Per giunta, col fascino che l’orrido esercita nelle menti deboli, il terrorismo fa proseliti. Chi è “fuori di testa” ed ha voglia di fare una strage, magari dice che la fa a sostegno dello Stato Islamico. Che non soltanto non esiste, ma di cui il soggetto non sa nulla.
Tutto ciò premesso, ne risulta che un Paese come l’Italia, in crisi demografica, non dovrebbe essere contro l’immigrazione degli assimilabili (di cui abbiamo bisogno) mentre, nella misura del possibile, dovrebbe essere risolutamente contro l’immigrazione inassimilabile. Anche quando si tratta di gruppi che, per altro verso, come i tunisini o i senegalesi, ci possono essere simpatici. E noi stessi dovremmo scoraggiare i missionari che vogliono andare in lontani Paesi, per non esportare da loro il problema che i gruppi allogeni cercano di esportare da noi.
In concreto dunque, il problema dell’immigrazione in Italia riguarda quella proveniente da est (quando si tratta di islamici) e da sud (islamici e neri). E poiché quest’ultima arriva prevalentemente per mare, ci si dovrà anche occupare del salvataggio dei naufraghi in mare.
Attualmente, le cose vanno così. Delle persone che vogliono venire a vivere in Italia o in altri Paesi dell’Europa, pur provenendo da posti lontani come il Bangla Desh, e pur non essendo obbligati a vivere in posti in cui vige qualche orrenda dittatura, arrivano in Libia e da lì cercano di passare il Mediterraneo per venire in Italia ed esservi accolti come profughi o richiedenti asilo. E già a questo punto sono da notare alcune cose. Coloro che arrivano in Italia in questo modo hanno speso da mille a tremila euro o più. Cioè una somma di denaro largamente superiore a quella che spenderebbero prendendo un aereo di linea. Come mai vanno ad infognarsi nei campi della Libia dove, a quanto dicono, sono sottoposti ad ogni sorta di vessazione, ricatti, e persino torture, mentre in aereo sarebbero riveriti e arriverebbero senza correre rischi?
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
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RIFLESSIONI SULL’IMMIGRAZIONE – 1ultima modifica: 2019-09-04T19:40:08+02:00da
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