GianniP

LA DECOSTRUZIONE

La Fede cattolica – ma se è per questo anche quella ebraica o musulmana – non sono soltanto pratiche salvifiche, sono anche, e forse soprattutto, una Weltanshauung, una visione del mondo. Credere, per le Religioni del Libro, significa che il creato ha un senso. Che siamo immortali, anche se non lo è il nostro corpo. Che nel lungo termine la giustizia trionferà. Che, almeno noi cristiani, non siamo mai soli, dal momento che Dio (o più precisamente Gesù), ci è sempre accanto. Perfino l’amicizia fra credenti è nobilitata dalla comune appartenenza al Corpo Mistico.
È tutto questo che rende difficile il passaggio dalla Fede all’ateismo, anche se pienamente giustificato dalla razionalità. Quando si riconosce che tutta quell’impalcatura è falsa, non si deve soltanto smettere di andare in chiesa, o di pregare, si devono ribaltare tutte le verità consolanti su cui ci si era appoggiati fino a quel momento. Morendo facciamo i vermi e nient’altro. Non siamo più immortali di un carciofo. Nel mondo non c’è giustizia, o soltanto in misura insufficiente. Se c’è una legge che non conosce eccezioni, è quella del più forte. E soprattutto ognuno è solo, murato nel suo povero egoismo. Dinanzi alla più tremenda tragedia è inutile aspettarsi l’intervento di una Volontà superiore: il mondo è dominato esclusivamente dalla legge di causalità e – dal nostro punto di vista – dal caso.
L’ateismo implica una visione totalmente disincantata della realtà, che non è nulla di più di ciò che si vede. Non c’è niente dietro, oltre, dopo. Non c’è nessun mistero. Niente che dia un senso alla realtà. L’uomo prima non c’era, poi non ci sarà, e infine la Terra sarà bruciata dal Sole, quando questa piccola stella esploderà.
Questa prospettiva, acquisita nell’adolescenza, ha influenzato la mia mentalità anche nei campi che non riguardano la metafisica. Unica debole luce nel buio profondo dell’Universo, la scienza. La morale non ha nessun principio trascendente, ma deriva dall’utilità, per gli uomini, di una convivenza sufficientemente regolare, rispetto ad una conflittuale. Machiavelli ha scritto soltanto una serie di geniali banalità. Gli uomini sono egoisti, e non sono affatto colpevoli di esserlo, perché gli serve per sopravvivere e prevalere nella riproduzione. Come tutti gli altri mammiferi. E via dicendo. Un punto di vista di ferro, di argilla, e forse di una materia peggiore. Su me come individuo questo quadro ha avuto una profonda influenza. Tutto è stato svalutato. In questo deserto è sopravvissuta – simile a quelle colonne isolate, che sole danno testimonianza di un grande tempio sparito – un’unica, grande passione: quella della verità.
Da quando lo spirito critico mi ha svuotato il Cielo, ho visto il mondo nella sua nuda sostanza. Mentre gli altri erano ambiziosi, e cercavano di ottenere gli allori che la vita offre a chi li merita, e a volte a chi non li merita, quegli allori – in questo non avendo cambiato opinione rispetto al periodo in cui ero credente – io li disprezzavo. Ero rimasto fedele al concetto di vanitas vanitatum et omnia vanitas: vanità delle vanità, e tutto è vanità. La vanità di una vita breve, priva di senso e che non lascia traccia. Questo mi ha completamente tolto il gusto di ogni impresa. A che scopo essere un ufficiale, e magari un generale, se l’intero esercito è destinato alla sconfitta? E perché rinunciare allo spettacolo della luna piena sul mare, soltanto perché domani ho un esame, all’università? Importa di più un voto alto o la bellezza del presente? Con questa mentalità, come non sorridere dell’ambizione, del denaro, delle cariche, degli onori, e di tutti i pennacchi per i quali tanti vendono la propria anima? Già allora dicevo che avrei attraversato la vita da turista. E un turista è uno che spende, non uno che guadagna. Uno che guarda ciò che gli altri hanno costruito, non uno che costruisce. Io sarei sempre stato “alla finestra”.
Questo disincanto, questo coraggio nell’accettare la verità del peggio, mi ha anche costantemente messo di fronte ad uno specchio impietoso. Sei pensoso, ti credi chissà chi, e non sei nessuno. Il tuo vicino ti considererebbe molto di più se ti fossi arricchito. Invece ti considera un mezzo pazzo perché, da vecchio, vai ancora in bicicletta, vesti quasi da straccione e sei perfino piccolo di statura. Inoltre non sei un vero competente in nulla, tu che ami tanto la cultura. E non hai mai guadagnato un soldo, con tutte le tue qualità: che prove hai, della loro esistenza?
La nascita di Internet è venuta a confermare tutto questo. Prima scrivevo qualcosa e lasciavo i fogli battuti a macchina in qualche cassetto, con Internet quei fogli sono usciti dal cassetto e si sono moltiplicate le lodi. Lodi che non ho preso sul serio – perché la mia intera vita dice il contrario – e che mi sento in dovere di smontare.
Quando i miei articoli ottengono il plauso di qualcuno, è regolarmente perché in quegli articoli quel qualcuno vede delle verità. Ma appunto, se le vede, non è perché le conosceva già? E allora perché mi loda? Soltanto perché ho il coraggio di scriverle? Basterebbe, per essere pari, che anche lui avesse il coraggio di non nascondersi nessuna evidenza. Per quanto sgradevole.
Prendiamo la politica. L’esperienza quotidiana ci spinge a credere piuttosto all’interesse che all’ideale. Così, leggendo la realtà, bisogna cercare sempre i moventi più elementari, più bassi, al limite miserabili. Che la gente se li confessi o no. E naturalmente, con questi standard, si cade praticamente sempre in piedi, perché la realtà è quanto di più lontano si possa immaginare dalle favole. Se tanti si lasciano ingannare, è perché l’umanità adora farsi delle illusioni. Del resto tutta l’organizzazione sociale congiura ad ingannarlo. In tutti i film, chi sogna di vendicarsi riesce a vendicarsi; chi pratica uno sport, alla fine diviene un campione; se una servetta si innamora di un principe, alla fine il principe la sposa. E vincono sempre i deboli, i buoni, i sognatori, mentre nella realtà accade regolarmente l’opposto. La pubblicità, infine, mostra costantemente un mondo in cui il problema è come spendere, non come guadagnare.
È vero, la realtà smentisce quotidianamente tutto ciò, ma non riesce a svegliare l’umanità. Questa ha un tale bisogno di essere ingannata, che dalla più remota antichità una delle più grandi molle della politica, forse la più importante, è la demagogia, come la più grande molla della religione è l’illusione che si sopravviva alla morte.
Se l’intelligenza è la capacità di capire ciò che è arduo e complesso, io non sono intelligente. Sono soltanto coraggioso. Non passo il tempo a costruire teoremi, ma a demolire fondali di cartone. Non spiego perché gli abiti nuovi dell’imperatore sono tecnicamente e perfino artisticamente bellissimi: mi limito a ripetere, ogni giorno, testardamente, che l’imperatore è nudo. E sono nudi anche sua moglie, i suoi figli, il ciambellano, i cortigiani, e noi tutti, l’immenso popolo che fa ala al corteo. La realtà è nuda. E non è un bello spettacolo.
Ovviamente, questo atteggiamento spietato offre qualche dividendo. Chi non si illude non può essere deluso. Chi sa di valere poco non soffre, se qualcuno gli dice che vale poco. E se è costretto a riconoscere che nella vita non è andato lontano, può facilmente consolarsi dicendo che a dorso d’asino o col jet personale, si va sempre verso la morte.
Non sono un genio, sono solo un solvente. Un solvente che, se cade sul tessuto del sogno, lo buca.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
22 settembre 2019

LA DECOSTRUZIONEultima modifica: 2019-09-22T14:15:27+02:00da
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